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Generazione M. La politica oggi

Macron è il Renzi (che perse le primarie) della seconda vivace Leopolda. Ve lo ricordate, senza bandiere. Senza tessere. Sulle note di Jovanotti. Quello che mirava al governo non al Pd, che aveva più voti fuori che dentro il partito. E che piaceva a tanti proprio per questo.

C’è stata poi la fase B: che viveva a colpi di cene con i finanzieri per rimpolpare le casse. (E fin qui il profilo è si similar). Matteo da non parlamentare è finito per considerare il parlamento un surplus. Questo è un dettaglio su cui poche volte ci si è soffermati: se fosse stato candidato ed eletto al Senato e non fosse arrivato direttamente da Firenze, dal consiglio comunale, dal sistema elettorale dell’elezione del sindaco, avrebbe avuto forse una gestione della sua agenda diversa. Ma vedere la politica dalle camere di casa, alla Play del partito, deve avergli mostrato tutti i tempi morti della democrazia.

Ha sempre visto la segreteria un male necessario, e alla fine ce l’ha fatta a diventare il segretario di un altro Pd. I centristi come Rutelli da leader avevano subito i numeri: il Pds contro una Margherita, una storia impari.
Questa seconda generazione di post democristiani può essere considerata una sorta di rivincita?

Macron invece arriva dopo un fragilissimo Hollande che solo la pazienza e i valori istituzionali francesi hanno potuto reggere fin qui.

Se per Matteo Renzi il tallone di Achille è Maria Elena Boschi, vedremo cosa succederà “En marche”.

Matteo non ha mai vinto nè mai perso nessuna elezione. Sì c’è stato un successo alle europee e un fracasso al referendum.

La seconda Repubblica si era aperta con una nuova tendenza, prassi, quella di vedere al governo l’uomo (ancora mai una donna), con cui lo schieramento aveva corso in campagna elettorale. L’Italia non è più disposta a tornare indietro: lo palesa col malessere con cui moltissimi con una formula approssimativa dichiara illegittimi i presidenti, aggiungendo “non eletti”, riferendosi a tutti quelli che si sono succeduti dopo Berlusconi.

Va preso atto di questo segnale neanche tanto debole che l’elettorato lancia, bisogna tenerne in considerazione quando si farà l’ennesima nuova riforma del sistema elettorale.

In Francia intanto col suo presidenzialismo oggi eleggono il loro nuovo uomo (o donna) all’Eliseo.

La corsa per … il dopo Gentiloni non può essere una partita tutta interna alle primarie del Pd, come è stato per il dopo Letta.


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