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Germania, chi e perché sbuffa contro il ministro della Difesa Ursula von der Leyen

Ursula von der Leyen - Imagoeconomica

Dopo le dure critiche che il ministro della Difesa, la cristianodemocratica Ursula von der Leyen, ha rivolto alla Bundeswehr, l’esercito tedesco (di essere un covo di neonazisti, questo più o meno il tono) i media tedeschi hanno dato il via al toto-scommessa su quando von der Leyen dovrà fare le valigie. Una previsione che i media vedono confermata anche dal fatto che la Kanzlerin Angela Merkel – attraverso il suo portavoce Steffen Seibert – le ha espresso la propria solidarietà. Il che, per capire e come il passato ha già dimostrato, equivale allo “stai sereno” di Matteo Renzi all’ex premier Enrico Letta. Ma forse è meglio andare per ordine e ricostruire i fatti che hanno portato von der Leyen a lanciare questa pesante accusa.

Stoccolma, Londra, Parigi, gli attentati terroristici sembrano non voler dare requie all’Europa. Anche in Germania l’allarme, dopo l’attentato al mercatino di Natale a Berlino del 19 dicembre, resta alto. E a ragione, per quanto l’ultimo compiuto lo scorso 21 aprile contro il pullman della squadra Borussia Dortmund che per fortuna ha contato solo un ferito tra i giocatori (ma avrebbe potuto causare una strage), e quello probabilmente sventato dopo due arresti effettuati settimana scorsa, nulla avevano a che fare con il fondamentalismo islamico. Per quel che riguarda l’attentatore al pullman dei calciatori l’autore è un tedesco il cui fine era veder crollare la quotazioni in Borsa della squadra e così portarsi a casa un lauto guadagno.

Altrettanto assurdo pare anche il caso che ha portato ai due arresti di settimana scorsa. Talmente assurdo che se fosse la trama di un copione, verrebbe scartato perché troppo folle.

Come raccontano i giornali, era dal febbraio di quest’anno che la procura di stato di Francoforte indagava i su due tedeschi sospettati di preparare un grande attentato. Uno dei due è il tenente 28 enne Franco A. ufficialmente di stanza in Francia, mentre l’altro è uno studente. Entrambi provengono dalla città di Offenbach è non hanno alcun background migratorio.

Mentre lo studente è sospettato di aver collaborato alla preparazione di un attentato, i capi di accusa pendenti sul tenente sono due: il primo riguarda la violazione della normativa sul possesso di armi.

Il militare era già stato fermato a fine gennaio all’aeroporto di Vienna, dove un paio di giorni prima aveva nascosto in una toilette un’arma. Al momento di recuperarla era stato arrestato dalla polizia austriaca, che però, poco dopo l’aveva rilasciato e rispedito in Germania (il perché non sia stato regolarmente estradato non è ancora chiaro). Il secondo capo di accusa è però quello più inquietante e incomprensibile. Secondo quanto dichiarato all’indomani di questi due arresti dal pubblico ministero Nadja Niesen, il tenente Franco A., nel dicembre 2015, avrebbe fornito dati personali falsi, dichiarandosi profugo siriano. Successivamente era stato mandato in Baviera in un centro di prima accoglienza, e poi, dopo aver fatto richiesta di asilo, assegnato a un centro profughi. Inoltre percepiva il sostegno economico previsto per chi fa domanda di asilo. Nel novembre del 2016 c’era stato anche il colloquio per il riconoscimento del diritto di asilo davanti ai funzionari dell’Ufficio immigrazione (BAMS). Anche in quel caso nessuno aveva avuto il men che minimo sospetto. Il che appare, per usare un eufemismo, per lo meno bizzarro, visto che l’uomo non parla una sola parola di arabo. Altrettanto bizzarro appare il fatto, che anche tra i suoi superiori nessuno abbia mai nutrito dubbi su di lui. Tant’è che al momento dell’arresto, il militare si trovava al campo di addestramento di Hammelburg, in Baviera. A tradirlo sono state le impronte digitali prese a Vienna e poi trasmesse in Germania.

La domanda che gli inquirenti si sono subito posti è perché l’uomo avesse assunto questa doppia identità? L’ipotesi più probabile, si apprendeva poco dopo dal pubblico ministero, è che lui e il suo complice stessero preparando un attentato da far ricadere sui migranti.

Le indagini si sono ovviamente concentrate principalmente sulla caserma nella quale Franco A. era di stanza. E così si è scoperto che il suo orientamento di estrema destra era noto già dal 2014. Anche la tesi di master redatta in Francia evidenziava chiaramente un’ideologia nazionalsocialista. Non è che nessuno se ne fosse reso conto, nessuno aveva però ritenuto necessario di annotarlo nel fascicolo di Franco A. e tanto meno di fare rapporto al Servizio di controspionaggio della Bundeswehr.

La ministra della Difesa von der Leyen, dunque, ha puntato subito il dito contro i superiori del tenente, accusandoli di non aver voluto vedere e di non essersi assunti le proprie responsabilità. Anziché prendere provvedimenti hanno lasciato correre per un “mal interpretato spirito di corpo”. Una negligenza, ha voluto ricordare von der Leyen, che non riguarda peraltro solo il caso specifico del tenente Franco A., ma anche casi di abusi, umiliazioni e vessazioni venuti allo scoperto recentemente.

Un’accusa mal digerita ovviamente dai vertici stessi è immediatamente sfruttata dai socialdemocratici. Anche se la campagna elettorale non è stata ancora ufficialmente aperta, di fatto è già in corso. E un defenestramento del ministro sarebbe un punto a favore per l’Spd. Così Rainer Arnold, portavoce parlamentare dell’Spd in materia di Difesa ha intimato a von der Leyen di scusarsi pubblicamente. E’ inaccettabile che lei accusi tutta la Bundeswehr di essere neonazista. Piuttosto dovrebbe chiedersi come mai si siano verificati fatti simili sotto la sua guida. Una considerazione che si può leggere anche in un commento di Stefan Kuzmany sullo Spiegel online. Lo stesso fa notare che non è che von der Leyen sia fresca di nomina, è da più di tre anni che guida il ministero della Difesa. Kuzmany fa però anche notare che, il dibattito sulle esternazioni del ministro non fa che distrarre l’attenzione dalla vera domanda (non nuova peraltro), e cioè: quanti altri Franco A. ci sono tra le fila dei soldati e degli ufficiali? Quante volte i superiori hanno già fatto finta di non vedere e non sapere?

Risposte che forse si avranno nelle prossime settimane.

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