Una donna, conservatrice, cattolica dal Wisconsin, terza moglie dell’ex presidente della Camera già in corsa nel 2012 per la Casa Bianca. Callista Louise (Cally Lou) Gingrich, nata Bisek, è la scelta di Donald Trump per guidare l’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Il suo nome circolava da tempo. Quando la Cnn ha rilanciato la notizia, si è scatenato il fuoco liberal per accusare il marito di ipocrisia e lei di incertezza morale. Tanto per tratteggiare i contorni di quella che sarebbe una gaffe di Trump con Papa Francesco: inviarle come ambasciatore una donna che per sei anni ha frequentato un uomo sposato, già divorziato, e che per lei ha divorziato una seconda volta. Newt Gingrich, appunto. Uno dei pochi repubblicani storici che ha sostenuto la scalata di Trump alle presidenziali dell’anno scorso. Uno dei suoi principali consiglieri politici. Venerdì la Casa Bianca ne ha ufficializzato la nomina. Ora serve solo il via libera del Congresso e l’ok del Vaticano, dove Trump mercoledì incontrerà Francesco.
IL RUOLO NELLA CONVERSIONE DEL MARITO
La stampa Usa non si occupava di Callista con tanta attenzione dai tempi della corsa alle primarie presidenziali repubblicane 2012 del marito. Allora si era tutti concentrati su inchieste pettegole sulla tenuta della sua sempre impeccabile messa in piega biondo platino e (soprattuto) per il ruolo di suggeritrice ombra del consorte. Di più: dicono che sia stata lei la causa della fallita scalata alla Casa Bianca di Newt. Ma lui è follemente innamorato. Si dice che per Cally Lou farebbe di tutto. Di certo il repubblicano, nato luterano poi battista, grazie all’influenza della moglie nel 2009 si è convertito al cattolicesimo ed è stato battezzato dall’arcivescovo Donald Wuerl di Washington, molto stimato da Bergoglio.
CORISTA IN CHIESA
Sorriso luminoso, oggi in eleganti abiti e collier da upper class, Callista è cresciuta in una famiglia semplice di origini svizzero-polacche. Il padre lavorava in un impianto per imballaggi, la madre era segretaria. In casa, ricordano i parenti, “il denaro è sempre stato poco”. Al college si specializza in musica. Suona ancora piano e corno francese e ha cantato per vent’anni nel coro della Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington. Terminati gli studi comincia uno stage a Capitol Hill, dove rimane per quasi vent’anni come assistente parlamentare.
LA RELAZIONE EXTRACONIUGALE
Il primo deputato con cui ha a che fare è il repubblicano Steve Gunderson che così la tratteggia: “Determinata, non era politicamente ambiziosa, ma più interessata ai meccanismi”. Mentre lavora per Gunderson, la signorina Bisek incontra il futuro marito alla Commissione agricoltura della Camera. Newt ha 50 anni, Cally 27. Inizia la storia. Clandestina. Gingrich all’epoca era sposato: si frequentano per sei anni prima del secondo divorzio del deputato repubblicano. Quindi nel 2000 si sposano. Ai tempi dell’amore galeotto, Gingrich stava conducendo la sua battaglia contro Bill Clinton per il flirt con Monica Lewinsky, stagista di vent’anni più giovane del presidente. Oggi Newt ha 73 anni, Callista 51.
CONVINTO SUPPORTO A TRUMP
Mr e Mrs Gingrich hanno supportato convintamente Trump l’anno scorso. Quando l’establishment repubblicano guardava con orrore alla candidatura del miliardario newyorkese, loro lo hanno sempre difeso. Forse memori di come andò a Newt durante le primarie 2012. Poco dopo la vittoria di Trump erano circolate voci di un incarico a segretario di stato per Mr Gingrich. Non è andata così, anche per la mancata disponibilità dell’interessato, che oggi rimane accreditato come uno degli uomini più vicini al presidente.
CHERCHEZ LA FEMME
Più di tante analisi il carattere della signora Gingrich lo tratteggia un episodio raccontato da un reportage del The New Yorker del gennaio 2012. Otto giorni prima di Natale, mentre tutti i candidati repubblicani guizzavano tra un appuntamento elettorale e l’altro in vista del caucus in Iowa, Newt al contrario se ne stava in una libreria a sorseggiare Diet Coke seduto in disparte mentre la moglie, accompagnata da un uomo vestito da elefante, salutava i fan e autografava copie del suo libro per bambini Sweet land of liberty presentandosi amabilmente: “Sono Callista, e questo è Ellis l’elefante”. Il protagonista dei libri che Cally scrive con successo. I magazine raccontano che Newt avesse costruito la sua agenda elettorale su quella della moglie. Fino a mollare la campagna elettorale per imbarcarsi in una crociera in Grecia. Avrebbe confidato: “Se rinuncio, con mia moglie è finita”. Poi sono trapelati conti da Tiffany per mezzo milione di dollari. Per il resto della campagna elettorale il ruolo di Cally Lou è stato per lo più ornamentale, ma sostanziale. Basterebbe una breve panoramica dei principali temi politici e il cambiamento di opinione dopo l’incontro con Cally di Newt per comprenderne l’influenza. Farebbe qualsiasi cosa per lei. Non è detto che non essendo riuscito a farla diventare First Lady nel 2012 si sia impegnato con The Donald per ottenerle un posto di prestigio quale è quello di ambasciatrice in Vaticano.
PRODUTTRICE DI DOCUMENTARI
Oggi Callista è presidente della Gingrich Production e per un cachet che va dai 5 ai 15mila dollari la si può invitare come oratore a una conferenza. Produce documentari e libri che riflettono la visione del mondo sua e del marito. Tutti prodotti di successo. Da un documentario sulla visita di Giovanni Paolo II in Polonia nel 1979, a uno dal titolo Riscoprire Dio in America. Così fortunato da farne un sequel. Al centro del pensiero di Callista c’è una convinta idea dell’eccezionalismo americano.
L’ECCEZIONALISMO AMERICANO DELL’ELEFANTE ELLIS
La sua idea di America l’ha documentata in sei volumi illustrati per bambini che sono bestseller anche tra gli adulti. Protagonista è il patriottico elefantino Ellis che viaggia attraverso la storia americana, offrendo lezioni in rima baciata. Come “L’indipendenza non è stata vinta così facilmente / ci sarebbero voluti anni di combattimenti e la lotta non è poi così divertente”. Dietro la proboscide del simpatico pachiderma non si riesce a non vedere il simbolo del Grand old party, mentre il nome Ellis ricorda l’isolotto artificiale di fronte a New York che per decenni è servito a gate di ingresso negli States per milioni di immigrati. Lei nega: “Non sono libri repubblicani ma per l’America. Li scrivo perché amo l’America e credo che sia una nazione davvero eccezionale, con una storia che i nostri bambini devono tornare a scoprire nei principi e valori di coraggio, sacrificio e servizio dei fondatori, perché si sentano orgogliosi del nostro Paese, oltre l’appiattimento revisionista o politicamente corretto”. Fraseggio quanto mai accordato all’America First di Trump. Ma è anche un “eccezionalismo americano” semplicistico che per il columnist liberal Micheal Sean Winters produrrà “risatine” nelle stanze della Curia vaticana.
LE SFIDE
Quello che conta per un ambasciatore Usa in Vaticano, scrive il National Catholic Reporter, è che sia un diplomatico attento agli affari internazionali e abbia un canale diretto con la squadra del presidente, segretario di stato in primis: “Non è chiaro se Mrs Gingrich avrà questo tipo di accesso da sé o dovrà passare attraverso il marito”. Il Vaticano è un luogo privilegiato per tenere un dito sul polso del mondo. Alla Santa Sede interessa avere a che fare con interlocutori affidabili soprattutto per impegni comuni per la pace. Il timore in Vaticano, scriveva qualche tempo fa Massimo Franco, è che Trump favorisca una nuova guerra fredda, dichiarata unilateralmente dal Nord ricco del mondo al Sud povero. “Se prevalgono la dottrina Trump e una lettura nordista del cristianesimo – aggiungeva l’editorialista del Corsera – quella di Francesco si ritroverebbe ancora di più sulla difensiva, se non in minoranza”. Per Franco, che riporta fonti vaticane, “la seconda incognita è sui circoli economici dietro l’ascesa di Trump. Non si può escludere che questa rete finanzierà i circoli cattolici più retrivi, ostili al pontificato argentino”. E di quei circoli fa parte la coppia Gingrich.