La democrazia pensata e ri-pensata con l’occhio cooperativo e incerto, e non solo attraverso quello competitivo e certo, ci svela – al contempo- tutte le sue fragilità e tutte le sue potenzialità. Così scopriamo che la democrazia non può mai dirsi auto-regolantesi ma che essa evolve “adattandosi” continuamente alle comunità di riferimento e ai “segni dei tempi” globali.
La democrazia che qui si immagina è un “perenne tentativo”. Nulla è dato, infatti, ma tutto “si fa” e un elemento fondamentale perché la democrazia “si faccia” il meglio possibile è la nostra responsabilità di persone umane – soggetti storici – cittadini.
Ciascuno di noi ha la responsabilità di passare dal competitivo al cooperativo e dal certo all’incerto perché – in quanto persone umane – viviamo sul passaggio, sulla frontiera di senso. È questa la nostra natura, “frequentatori” dell’incertezza, bisognosi di cooperazione. Lungo quella frontiera si sintetizzano i cammini e gli incontri che abbiamo fatto, la nostra esperienza di vita maturata, e ciò che stiamo diventando; ri-trovare l’incertezza della nostra frontiera significa ri-trovarci “pienamente umani”, persone umane capaci di “guardarsi dentro” per “guardarsi e per guardare oltre”.
Le dimensioni del cooperativo e dell’incerto appartengono intimamente a ogni processo storico. Così la democrazia-processo è complessa integrazione, e non semplicistica sommatoria, di esperienze umane che, proprio integrandosi, si contaminano e si fecondano, in tal modo fecondando, e ri-creando, la democrazia stessa.
Se c’è una sfida che le democrazie di oggi sembrano non riuscire a cogliere è quella di cercare di tenere insieme le differenze che vivono al loro interno e di valorizzarle in chiave comune. Fare democrazia, infatti, significa anzitutto fare comunità, raccogliersi intorno a un obiettivo con-diviso, vivere insieme. Se manca questo, se i popoli non sentono di appartenersi in una prospettiva progettuale e non solo di auto-appartenersi identitariamente, il rischio è chiaro; si rincorre l’illusione della purezza, ci si auto-convince che la storia e il mondo siano i nostri nemici e si alzano muri rispetto a ciò che ancora non conosciamo e che viviamo come diverso e straniero.
Le nostre democrazie, in sostanza, sembrano aver perso il “respiro” del cooperativo e dell’incerto e diventano, progressivamente, “fortini” nei quali ci arrocchiamo per difendere posizioni che spacciamo come Verità e che, invece, sono soltanto parti di un mosaico ben più ampio, quello dell’esperienza umana.