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Il Labour cresce, è il miracolo Corbyn

E così il mantra del 40% si è davvero realizzato, ma non in Italia e il leader non è Matteo Renzi. Anzi, parliamo di Jeremy Corbyn, leader del Labour Party, espressione della sinistra più tradizionale, diciamo così.

Le sue posizioni sono state criticate da destra e da centro-sinistra, perché “radicali” o “vecchi”. Tony Blair aveva pronosticato la catastrofe, invece è andata benissimo: 40% contro il 42% dei conservatori. Direte, quindi pari? Non proprio, perché il sistema inglese funziona in modo un po’ particolare, semplice in modo forse eccessivo: 650 circoscrizioni, vince chi prende anche solo un voto in più, a prescindere da numero di voti complessivi.

L’attribuzione dei seggi quindi ci dice che, i Tory con Theresa May, hanno ottenuto 315 seggi, sotto la soglia dell’autosufficienza, raggiunta nel 2015 da Cameron, ossia 326. Insomma, è stato un disastro per la May, che voleva una maggioranza Tory più solida di quella del 2015, si è ritrovata potentemente indebolita. Al Labour vanno invece 261 seggi con un incremento di 31 seggi. Di seguito lo schema di The Guardian:

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La situazione, usando un po’ le retoriche italiche, è che nemmeno con questo sistema elettorale sappiamo chi vince e governa la sera delle elezioni, eh no, perché la May col 42% non è autosufficiente e  Corbyn con il 40% è ampiamente sotto-dimensionato nell’assegnazione dei seggi. I LibDem hanno già detto di non essere disponibili per una coalizione con i conservatori e dunque, siccome qua le grandi coalizioni non esistono (in realtà è accaduto, ma solo una volta nella storia), il rischio è che si debba tornare al voto.

Alcune considerazioni, e qualche coda velenosa:

1) anche se nessuno ha il numero di seggi necessari per formare un governo, non è scattata la psicosi della governabilità a rischio e, soprattutto, non sono arrivate le cavallette;

2) la ricetta “radicale” di Corbyn ha convinto, alla faccia, diciamolo, dei macroniani di casa nostra e di Matteo Renzi, che non ha speso una sola mezza sillaba su queste elezioni e sul Labour (che pure è un partito fratello del PD, come lo era, in Francia, il PS… Ma sappiamo come è finita…) se non per dire, a suo tempo che “la sinistra che non vince” era quella di Corbyn (sic!)

3) Corbyn, vecchio uomo di sinistra, ha avuto successo, così dicevano i sondaggi, in ampia maggioranza tra i giovani, mentre i Tories negli over 55. In Italia lo scenario è capovolto: il M5S convince i giovani, il PD gli over 55;

4) il partito UKIP è scomparso: nessun seggio assegnato. E dopo Olanda, Austria e Francia, anche in Gran Bretagna i populisti antieuropeisti di destra sono annichiliti;

Jeremy Corbyn ha dimostrato che sì, si può. Una sinistra che faccia la sinistra, ossia che rigetti la logica neoliberista e che torni a parlare dei problemi delle persone può essere vincente. E la situazione in UK ci dice anche che il sistema elettorale è importante, quello inglese non lo vorrei perché la rappresentanza è del tutto menomata. Sarebbe bene che i nostri parlamentari spendessero tempo e serietà nel discutere di un sistema elettorale che tenga insieme questi elementi: possibilità di governabilità e rappresentanza. Ed evitare il triste e imbarazzante spettacolo dato ieri alla Camera dei Deputati.

 


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