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Buy European Act, ecco i primi screzi fra Macron e Bruxelles

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Mentre risuonano ancorano gli echi del trionfo di Emmanuel Macron, dall’Europa arriva la prima doccia fredda sul neo presidente della Francia. Jyrcki Katainen, il vice presidente della Commissione europea, ha bocciato il Buy European Act, uno dei punti cardine della politica economica annunciata da Macron. E dopo la sconfitta di Marine Le Pen, passata la gran paura e le rituali congratulazioni al vincitore, anche dalla Germania si cominciano a percepire i primi borbottii nei confronti del prossimo inquilino dell’Eliseo. Ad ammonire il nuovo partner sono entrambi i principali candidati alla premiership tedesca, la cristiano-democratica Angela Merkel e il socialdemocratico Martin Schultz.

COS’E’ IL BUY EUROPEAN ACT

Sotto accusa finisce la politica economica di Macron. Tanto per cominciare, il neo presidente non è il falco liberista che qualcuno, almeno in Italia, ha dipinto. Semplicemente, si tratta di un protezionismo a livello europeo e non nazionale. Lo dimostra il Buy European Act, una proposta che punta a restringere l’accesso agli appalti pubblici alle aziende che collochino almeno metà della propria produzione all’interno dei paesi Ue. Si tratta di una manovra che riguarderebbe in particolare gli appalti delle infrastrutture, dove è significativa la presenza di gruppi asiatici. Il problema è stato segnalato tra l’altro dalla Alstom, multinazionale francese nel settore ferroviario, che ha denunciato come la grande apertura dell’Europa al mercato asiatico non sia reciproca e danneggi l’economia del Vecchio Continente. Con il Buy European Act Macron punta quindi a re-impossessarsi del proprio mercato. Del resto l’aveva scritto nel suo programma. “Abbiamo avuto un approccio naif alla globalizzazione. Ma la globalizzazione è una lotta dura, perché non tutti rispettano le regole. Quindi noi faremo della protezione dell’industria europea uno dei maggiori pilastri di rifondazione dell’Ue”.

LO STOP DI KATAINEN

Il problema è che l’idea di Macron non piace alla Commissione Europea. Lo ha detto chiaramente il vicepresidente Katainen. “Credo che gli europei siano in grado di fornire beni servizi che soddisfino le richieste dei consumatori europei senza l’aiuto di regole artificiali, che forzerebbero le persone o le autorità locali ad acquistare europeo senza una ragione”. Katainen, che comunque ha salutato positivamente l’elezione di Macron, ha proseguito sostenendo che l’Europa non può permettersi di limitare tutti gli appalti pubblici, suggerendo invece la creazione, seppur difficilmente ottenibile, di un sistema di regolamentazione globale. Al presidente francese ha poi concesso ampio credito. “A sentire quanto diceva durante la campagna, sembrava essere pronto a modellare attivamente la globalizzazione, invece che costruire muri attorno alla Francia. Quindi mi aspetto che la Francia possa avere una grande influenza”.

SCHULTZ: “BASTA CRITICHE A NOI TEDESCHI, PENSINO A INVESTIRE”

Cominciano quindi a intravedersi le difficoltà che l’europeista Macron dovrà affrontare per riformare un’Unione estremamente in difficoltà, che forse è l’obiettivo prioritario del suo mandato. È chiaro sin d’ora che non sarà una passeggiata, anche perché il presidente francese dovrà fare i conti con un partner difficile, la Germania. E proprio da Berlino arrivano segnali, se non già di ostilità, quantomeno di fastidio. In primis da Martin Schultz, candidato alla cancelleria per l’Spd ed ex presidente del Parlamento europeo. Il quale prima si è ampiamente congratulato con Macron e poi ha aggiunto: “Alla luce della dibattito della campagna presidenziale in Francia, considero sbagliate la critiche al nostro surplus commerciale”. Si parla dell’annosa questione del “tesoretto” da 266 miliardi di euro che la Germania, secondo le regole, dovrebbe reinvestire nel mercato europeo. Ma nei fatti questo non avviene. Un problema su cui Macron ha puntato il dito ripetutamente definendolo “un rischio per l’Eurozona”, e che ora Schultz liquida così: “Non dobbiamo vergognarci di avere successo. Le nostre esportazioni sono il risultato del buon lavoro che abbiamo fatto in Germania”. Se non bastasse, il candidato socialdemocratico ha invitato il presidente francese a concentrarsi sugli investimenti.

ANCHE MERKEL ALLINEATA

Angela Merkel, sul punto, è d’accordo con il rivale. Sottolineando che il surplus dovrebbe comunque calare nei prossimi anni, la Cancelliera ha dichiarato che “un grande surplus è frutto della qualità dei nostri prodotti. Ed è frutto anche delle politiche della Bance Centrale Europea, che noi non possiamo influenzare”.

JUNKER RINCARA LA DOSE: “ABBIAMO UN PROBLEMA IN FRANCIA”

Non è finita. Anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha ammonito la Francia, invitando Macron a tagliare la spesa pubblica. “Abbiamo un problema in Francia”, ha detto, sottolineando come una percentuale fra il 53 e il 57% del prodotto interno lordo transalpino finanzi la spesa pubblica. “Questo non può essere positivo, sul lungo periodo, con un debito piuttosto alto. Con la Francia dovremo trovare un compromesso. E la Germania non è l’unica a insistere per politiche di stabilità, ci sono anche altri paesi”.

Insomma, Macron è avvisato (anche se il taglio alla spesa pubblica è ben presente nel programma di Macron): il braccio di ferro comincia ora.


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