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Perché la Francia con Macron resterà filo Germania in Europa

Emanuell Macron

Si preannuncia una Francia senza baricentro, senza equilibri politici, con una coabitazione inedita tra un Presidente senza partito, Emmanuel Macron, ed un Parlamento senza maggioranza. Sarebbe una catastrofe, eppure viene salutata come una gran vittoria, contro l’incubo dell’elezione all’Eliseo di Marine Le Pen. Una Francia allo sbando sarebbe comunque meglio di una Francia ostile all’Unione Europea ed all’euro. Meglio morire dissanguati che decapitati: meglio una morte lenta che una scossa tremenda. Ed invece si rinvia tutto, con una opposizione di sinistra ed una di destra che, pur non saldandosi in una maggioranza, porteranno alla ingovernabilità.

Tale e quale si presenta la situazione dell’Italia. Invece che tra destra e sinistra, il conflitto è tra dentro e fuori l’Europa. Non avremo nessun chiarimento. Una Marine Le Pen, se fosse eletta Presidente, comunque imbozzolata dalla ragion di Stato come sta accadendo a Donald Trump, almeno creerebbe un chiaro segno di discontinuità: potrebbe scendere a compromessi, avendo alle spalle un movimento politico forte. Macron non avrebbe la forza di muovere un passo, ostaggio già a casa sua. La crisi, ormai decennale, dell’economia europea ha fatto così un’altra vittima politica.

Nessuno dei candidati dei partiti tradizionali, i gaullisti da una parte con François Fillon ed i socialisti con Benoit Hamon dall’altra, si è aggiudicato un posto al ballottaggio per le Presidenziali. Prima Nicolas Sarkozy, e poi Francois Hollande hanno praticamente reso evanescente il peso della Francia nella politica europea, distruggendo i rispettivi partiti. Se l’Europa si è arresa senza condizioni alle proposte tedesche sul Fiscal Compact, sulla nuova regolamentazione bancaria senza alcuna solidarietà in caso di default, e sul divieto di aiuti di Stato alle banche, è per loro diretta responsabilità. Si sono accontentati di un piatto di lenticchie, di sforare il limite al deficit pubblico, facendosi mettere alla berlina con una procedura di infrazione che dura ormai da otto anni, senza concludere nulla. Il debito pubblico francese sale, il deficit estero pure, la disoccupazione che non cala a sufficienza.

La promessa del candidato socialista Hollande, che promise di mettere mano alle istituzioni europee, si è dimostrata una fandonia: mai l’ha proposta. L’ha sbandierata per vincere le elezioni, come sta facendo Macron. Troppi i condizionamenti, per Hollande, ma almeno aveva una forte maggioranza parlamentare: Macron non avrebbe neppure quella. Se eletto dovrà raccattare voti, consensi, sostegni, un giorno dopo l’altro. Siamo pronti ad una ulteriore fase di transizione: altri cinque anni di politiche economiche insensate, nel disperato tentativo di tenere alte le Borse drenando verso di esse tutto il risparmio, senza dare fiato all’economia reale. Con i debiti pubblici che succhiano risorse tributarie, attraverso il saldo positivo del risparmio pubblico. I movimenti nuovi, come En Marche! in Francia, il M5S in Italia, Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, creano la illusione di un «nuovo» capace di abbattere il vecchio sistema politico corrotto ed incapace.

Non aver voluto fare i conti con le radici profonde della crisi mondiale ed europea, che deriva dalla globalizzazione violenta, dalla caduta delle barriere commerciali, dalla competizione tra sistemi sociali dotati di alte protezioni dei lavoratori con altri cannibaleschi, e dagli squilibri commerciali e nella accumulazione, sta provocando l’implosione del sistema: prima dei partiti tradizionali, ora dei sistemi politici ed in prospettiva delle stesse istituzioni. È questo il punto: cedere o meno, definitivamente. Perdere le conquiste sociali e la propria identità culturale, in nome della globalizzazione e del mondialismo. La Rivoluzione francese fu preceduta da anni di fervore riformista, guidato dall’alto. I Fisiocratici di allora, come i Mondialisti di oggi, si ritenevano gli unici interpreti della natura delle cose, di un processo ineluttabile ed inarrestabile. La Storia, ancora una volta, si ripete.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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