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Tutte le premesse dell’incontro fra Papa Francesco e Donald Trump secondo padre Antonio Spadaro

Stando alle indiscrezioni, come ad esempio quelle riportate da Massimo Franco sul Corriere della Sera, nell’incontro previsto per mercoledì 24 maggio in Vaticano, Papa Francesco e Donald Trump “consegnerebbero al mondo l’immagine di una parziale riconciliazione”. Ma al di là di quanto verrà fatto trasparire, quali sono ad oggi le premesse di questo colloquio tra i due leader, così diversi caratterialmente, ma allo stesso modo così paralleli dal punto di vista geopolitico?

LA TAVOLA ROTONDA ALLA SEDE LA CIVILTÀ CATTOLICA “L’ATLANTE DI PAPA FRANCESCO”

Se ne è parlato in una tavola rotonda che si è svolta sabato 20 maggio alla sede della Civiltà Cattolica di Roma, dal titolo “L’atlante di Papa Francesco”, e introdotta dal direttore de La Civiltà Cattolica Antonio Spadaro. Che ha subito spiegato che il Papa “non sposa interpretazioni rigide ma ha un’azione internazionale a 360 gradi, e stabilisce rapporti diretti e fluidi, senza reti precostituite”. Dentro una “diplomazia della misericordia” che significa “non considerare mai nessuno come perduto, nei rapporti tra le persone, popoli, nazioni”, e che si traduce in “libertà di movimento”.

“FRANCESCO LANCIA LA PALLA FUORI DAL CAMPO E INVITA A CORRERE”, DICE SPADARO

Francesco infatti, ha argomentato Spadaro, “non sposa il pensiero di nessuno ma è sensibile a tutti. Gioca la partita lanciando la palla fuori dal campo, e costringe i giocatori a correre: alcuni si fermano o vogliono fermare il gioco, altri invece ci stanno, corrono, si appassionano”. E in questa logica il Papa “cerca giocatori che abbiano respiro lungo”, e “l’incontro con Trump si inquadra in questa visione: non ideologica ma realista, cosciente della crisi globale”.

SPADARO: “BERGOGLIO NON DÀ SPONDE AL POTERE E NON HA NEMICI”

Rifiutando “un’etica hollywoodiana di buoni e cattivi”, senza “dare torto o ragione a priori”, ma “esercitando quel soft power che ha profonde radici spirituali”. Bergoglio, ha così ribadito il gesuita, “non dà sponde teologiche al potere ma lo spoglia, smontando l’idea di una religione garanzia dei ceti dominanti”. Siamo infatti “alla fine dell’epoca costantiniana, dell’ideologia della conquista che fa perdere la consapevolezza cristiana di servizio al mondo”. E conclude: “Quella cristiana non è politica di parte e non crea nemici”.

LUCIO CARACCIOLO: “IN EPOCA DI DE-COSTANTINIZZAZIONE, CON TRUMP DOVRÀ TROVARE UN DIALOGO”

Per il direttore di Limes Lucio Caracciolo, Bergoglio indica una “disponibilità di movimento in un mondo dove sono caduti gli schemi, rifiutando il pensiero lineare e vedendo un vorticoso cambiamento, in cui le categorie fisse non funzionano più, attraverso lo sguardo di Magellano, che è periferico”. Ma il tema della de-costantinizzazione della Chiesa “è centrale” e qui, dice Caracciolo, “il Papa rischia l’osso del collo: è un’operazione di portata storica in cui non basta la dimensione simbolica, perché resta comunque un capo di Stato che tratta con i suoi omologhi, come Trump. Con i quali deve trovare un dialogo, anche se lui non risponde a un elettorato, ma al corpo della Chiesa”.

“QUELLO DI TRUMP NON È IL CONSERVATORISMO COMPASSIONEVOLE DI BUSH JR.”, DICE IL PROF. FAGGIOLI

Trump però, oltre ad avere tra i suoi interlocutori anche i leader mondo religioso, ha dietro di sé “l’evangelicalismo bianco americano, descritto come nazionalista, militarista, unilateralista”, secondo il professore di Storia del Cristianesimo alla Villanova University di Philadelphia Massimo Faggioli. Che non è “il conservatorismo compassionevole di Bush jr”. Ma il pontificato di Bergoglio ha fatto emergere nella Chiesa americana “problemi imprevisti”, spiega il professore. Come la “polarizzazione, in termini di voto e di società”, e la realtà “di un cattolicesimo del villaggio che si oppone una cultura cosmopolita non religiosa”. Mentre al contrario “il Papa intuisce paralleli tra Chiesa e mondo globale”.

SCARAMUZZI (ASKANEWS): “L’11 SETTEMBRE CI HA DATO UN VATICANO MENO ROMANO E PIÙ GLOBALIZZATO”

L’ultimo intervento è spettato al vaticanista di AskaNews Iacopo Scaramuzzi, che in veste di osservatore ha offerto una sua ricostruzione: “Il giorno dell’11 settembre 2001 la globalizzazione ha investito la Chiesa Cattolica, innescando due processi: l’elezione del primo papa americano e globale, e la riforma delle finanze vaticana”, ha detto Scaramuzzi. “Quel giorno il cardinale di New York Egan annullò la sua partecipazione come relatore del Sinodo e venne sostituito da Bergoglio, che molti scoprirono in quell’occasione. E sempre in conseguenza di quella vicenda si originarono le norme finanziarie internazionali anti-terrorismo, a cui Benedetto XVI si adeguerà avviando una riforma che, come è stato sostenuto, trasforma il Vaticano in meno romano e meno italiano: non più un’enclave di Roma ma del mondo globalizzato”.



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