Una babele politica, così si presenta Parma alla vigilia delle comunali dell’11 giugno. In pole position per la conquista del Municipio ci sono il sindaco uscente ex grillino, Federico Pizzarotti, un grillino “ufficiale”, Daniele Ghirarduzzi, e un candidato del centrosinistra che non piace ai vertici renziani del Pd, Paolo Scarpa. E poi c’è la candidata del centrodestra unito, Laura Cavandoli, sostenuta da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Si preannuncia una contesa elettorale molto incerta con risvolti che investono la politica ben oltre la cinta daziaria.
LA “CORTE” RENZIANA A PIZZAROTTI
Il punto è che, malgrado l’annosa querelle Pizzarotti-M5S, Parma rappresenta uno snodo cruciale per il Pd più che per i grillini. Il sindaco uscente Pizzarotti, ormai nemico pubblico numero uno del Movimento, si presenta con la lista EffettoParma. Se andrà bene, non si esclude la proliferazione di molti altri “Effetti” lungo lo Stivale che raggruppino i dissidenti grillini. Una prospettiva che stuzzica assai il Pd renziano, soprattutto nell’ottica di una possibile alleanza che coinvolga quei pezzi della sinistra coagulatasi intorno all’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Del resto che Pizzarotti piaccia a una certa frangia del Pd lo dimostrano le parole di stima che il sindaco di Bologna Virginio Merola gli aveva rivolto a gennaio, all’indomani dell’ufficializzazione della sua candidatura. “Coinvolgerei anche Pizzarotti (nelle alleanze del centrosinistra, ndr), perché penso sia un’esperienza civica importante”, aveva dichiarato Merola, facendo imbestialire il Pd parmigiano che da cinque anni gli faceva opposizione.
I GRATTACAPI DI PIZZAROTTI
Renzi, Pisapia e i pizzarottiani: questo lo schema che, con una legge elettorale di impianto proporzionale, si immaginano ai piani alti del Pd per raggiungere il complicatissimo obiettivo del 40% alle politiche. Il problema, per costoro, è che se Pizzarotti a Parma perde, o peggio non passa neppure al secondo turno, EffettoParma si sgonfia. E Pizzarotti potrebbe davvero non passare al secondo turno, non tanto perché sia debole (è tutto da dimostrare), quanto perchè il quadro politico è estremamente incerto. Nel 2012, quando correva sostenuto dal M5S, al primo turno prese il 19% (e il 51% al ballottaggio). Oggi non solo corre senza il simbolo, ma quello stesso simbolo, almeno livello nazionale, “tira” molto di più e potrebbe erodere buona parte del suo consenso. Nè si può dimenticare la candidata del centrodestra che, con una tale frammentazione, non sembra tagliata fuori dal ballottaggio. Ma ad impensierire Pizzarotti c’è soprattutto Scarpa, il candidato civico che ha scompaginato i piani dei maggiorenti renziani del Pd emiliano.
PAOLO SCARPA, IL CANDIDATO CHE I RENZIANI NON VOLEVANO
Il Pd regionale Scarpa non lo voleva. I big del partito, per esempio il senatore Giorgio Pagliari, hanno apertamente sostenuto la candidatura di Dario Costi. Ma Costi alle primarie del 5 marzo ha preso solo il 33% ed è stato “asfaltato” da Scarpa, supportato dallo staff di comunicazione che aveva sostenuto Beppe Sala a Milano, vittorioso con il 55%.
Scarpa, 60 anni, ingegnere, fra i fondatori dell’Ulivo a Parma, non è neppure del Pd. Però è di Parma, a differenza di tutti i candidati imposti dal centrosinistra degli ultimi anni (Albertina Soliani era di Reggio, Alfredo Peri di Collecchio, Vincenzo Bernazzoli di Fidenza). Insomma il primo candidato di Parma non è neppure il candidato del Pd, segno che qualcosa non ha funzionato, nei piani dei Democratici. Il problema è che, a quanto pare, in città certe dinamiche nazionali non hanno attecchito e lo dimostrano i risultati delle primarie. Una spiegazione plausibile delle ragioni del successo di Scarpa arriva dal suo entourage. “Da quando Pizzarotti è diventato l’anti-Grillo, ha cominciato a fare comodo ai vertici nazionali del Pd. Ma non ai parmigiani”. Beninteso, i Democratici in vista del voto ci tengono a mostrarsi compatti: tutti i big passati in città, a partire dai renziani Richetti e Serracchiani passando per Orlando e Cuperlo si sono spesi a sostegno del candidato del centrosinistra. Ma avrebbe stupito il contrario. E comunque che ci sia bisogno di maggiore coesione lo dimostra l’appello lanciato venerdì 28 aprile su Repubblica dal segretario regionale Paolo Calvano, che ha invitato il Pd a superare le divisioni. “Pensiamo più alla città e meno a noi stessi”, ha dichiarato.
PRIMO TURNO INCERTO
A complicare il quadro contribuiscono i candidati “minori”: Ettore Manno, Luigi Alfieri, Filippo Greci, Emanele Bacchieri, Giuseppe Pellacini, Pia Russo e Laura Bergamini, che non perdono occasione di “picchiare” sull’amministrazione uscente. Insomma, chi più di tutti ha ragione di preoccuparsi forse è proprio Pizzarotti. E visto che nessuno sente di avere il ballottaggio in tasca, i più ottimisti sembrano sono proprio i supporter di Scarpa. Che poi fra costoro ci siano anche i vertici del Pd, è tutto da dimostrare.