L’Italia deve trainare l’Unione Europea per la costituzione di un sistema di difesa comune. L’ha detto il ministro della difesa Roberta Pinotti al convegno “Italia e difesa europea”, organizzato a venerdì a Torino dall’Istituto affari internazionali. Il ministro, intervistata dal direttore della Stampa Maurizio Molinari, ha toccato anche altri temi: dalla Libia all’Iraq, passando per la cybersecurity. Al convegno hanno partecipato Vincenzo Camporini, vicepresidente Iai, Carlo Massagli, capo del III reparto dello Stato maggiore della difesa, Riccardo Procacci, presidente di Avio Aero, e Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo. Assente la sindaca Chiara Appendino, mentre nel pubblico è spuntato Piero Fassino, oggi consigliere d’opposizione.
LA DIFESA COMUNE
Sono anni che si parla di difesa comune europea, ma finora di passi concreti se ne sono visti pochi. Una significativa battuta d’arresto è arrivata anche da Brexit, considerato che, sul fronte militare, il Regno Unito è lo Stato europeo più impegnato. Per Pinotti, comunque, è indispensabile “una spinta politica” al processo di realizzazione di una difesa comune. “Non riusciremo a procedere se ci assestiamo su un dibattito tecnocratico su quanto investire nei vari settori. Per riuscire a correre occorre la volontà degli Stati”. Volontà che, ha proseguito il ministro, almeno per quanto riguarda l’Italia, non manca. Pinotti è ottimista. “Ho letto segnali positivi dal programma di Macron (neoeletto presidente in Francia, ndr), e registro un’ottima intesa con la Germania e la Spagna. Tutto ciò mi fa pensare che i prossimi anni saranno quelli della svolta”. Per superare le resistenze, Pinotti ha dichiarato di non disdegnare la strada dell’Europa a due velocità, seppur questa non rappresenti la strada ottimale. “Se i 28 non vogliono procedere insieme, i grandi paesi devono dare l’impulso. Poi gli altri seguiranno”. La cooperazione, per esempio con la Francia, è già iniziata con la costituzione di equipaggi misti e la collaborazione di Fincantieri con l’industria navale transalpina.
Il ministro conserva un certo ottimismo anche sulla possibilità di coinvolgere il Regno Unito. “Loro hanno sempre puntato più sulla Nato che sull’Ue, e il fatto che restino nella Nato non renderà problematico il nostro rapporto. Ho letto positivamente le aperture del Governo inglese dopo Brexit. Certo, mi piacerebbe che non ci fosse quella certa chiusura riscontrata sul fronte economico. Per esempio sulla possibilità delle nostre piccole e medie imprese di partecipare alle gare”.
IL FRONTE LIBICO
Pinotti ha tracciato un quadro ottimistico anche della situazione in Libia. “Aver fermato l’Isis a Sirte è stata una vittoria importantissima, oggi non si parla più di una Libia jihadista, che per noi sarebbe stato un rischio terribile. Certo, restano cellule terroristiche in tutto il paese, ma abbiamo impedito la costituzione di uno Stato islamico, capace di espandersi e occupare territorio e ricchezze, come è avvenuto in Siria e Iraq”. Va detto che la situazione in Libia è estremamente delicata, con un governo riconosciuto dall’Onu, quello di Serraj, che fatica a legittimarsi. Sia per la presenza del generale Haftar, che controlla buona parte dell’est del paese ed è sostenuto dalla Russia, sia per la grande frammentazione della Libia stessa, con buona parte del territorio controllato dalle tribù. La linea italiana è chiara: sostegno a Serraj. La novità, secondo il ministro, è che questa linea è condivisa anche dagli alleati europei. “In passato, malgrado il formale sostegno a Serraj, alcuni stati (soprattutto la Francia, ndr) confidavano su Haftar. Ma ora le posizioni si sono unificate, tutti sostengono, anche sostanzialmente, il governo riconosciuto dall’Onu, allo stesso tempo dando segnali inclusivi non solo ad Haftar ma anche a tutte le parti della Libia. Ora marciamo nella stessa direzione”.
Sempre sulla Libia, Pinotti si è concentrata sul ruolo dell’Italia. “Gli Stati Uniti confidano molto su di noi per la lotta alla jihad in Libia, e in passato ci hanno esplicitamente indicazioni su come aiutarli – ha detto – Da questo punto di vista, abbiamo ricevuto da questa amministrazione la stessa disponibilità di quella di Obama”.
Operativamente, i militari gli italiani stanno già supportando Serraj. “Il Governo libico sta aumentando le richieste nei nostri confronti, dalla guardia costiera, allo sminamento, alla costituzione di forze di sicurezza. Ma è importante che tutte le scelte si facciano insieme alla Libia. Perché, se c’è una cosa che accomuna tutti i libici, è la volontà di evitare che qualcuno decida per conto loro. Sul pattugliamento delle acque possiamo muoverci con loro, tramite l’addestramento e la fornitura di mezzi navali. Finora abbiamo avuto numeri limitati, ma la volontà di intervenire c’è.
LA QUESTIONE MIGRANTI
Pinotti ha ribadito la necessità di contrastare il network dei trafficanti di uomini “ormai diffuso in tutta l’Africa”, e ha sottolineato i risultati ottenuti dal dialogo avviato con gli stati subsahariani, come il Niger. Sul fronte umanitario “è giusto che la nave più vicina salvi i natanti in difficoltà, la Marina lo ha sempre fatto e continuerà a farlo, senza dubbio. Ma non bisogna perdere di vista che il compito della missione Sofia (dell’Unione Europea, ndr) resta lo smantellamento della rete degli scafisti”.
L’IRAQ E LA LOTTA A DAESH
C’è poi il capitolo sull’Iraq, dove l’Italia è impegnata nell’addestramento delle forze di polizia. “La ripresa di Mosul e la sconfitta dell’Isis sono importantissimi – ha concluso il Ministro – Ma la vera sfida verrà dopo. Se ripartiranno disordini e lotte fra sciiti e sunniti e crescerà il senso di ingiustizia, il rischio che rinascano cellule terroristiche esiste tutto. Non dimentichiamoci che non tutti i cittadini di Mosul, all’inizio, erano contrari alla presa del potere di Daesh, a causa del post Saddam e della presidenza precedente ad Al-Abadi”.
CYBERSECURITY
A Torino si è parlato anche di sicurezza informatica, tema al centro dell’attenzione mediatica per il recente attacco hacker ai sistemi Microsoft. Per contrastare i cyberattacchi “ci siamo mossi in ritardo tutti, non solo l’Italia – ha riconosciuto il ministro – Ma sono soddisfatta di come abbiamo lavorato per accrescere la sicurezza informatica. A partire dall’istituzione di una governance nazionale che tenga insieme polizia postale, servizi e lo sviluppo economico. E poi abbiamo provveduto a investire nelle ultime due leggi di stabilità, e ora abbiamo una marcia in più”.