L’ordine esecutivo sulla libertà religiosa firmato da Donald Trump una settimana fa è un pio auspicio. Conservatori e sinistra sono concordi: nel provvedimento c’è poco o nulla. I primi, che si aspettavano qualcosa di più incisivo, come promesso in campagna elettorale, si dividono tra delusi e inviperiti. I secondi, dopo una prima, chiassosa reazione, hanno fatto marcia indietro sull’annunciato ricorso in tribunale contro il provvedimento: l’ordine esecutivo su libertà di parola e libertà religiosa è sostanzialmente innocuo. Nel mezzo, l’episcopato Usa, più ottimista, che parla di un “inizio” per cominciare a tutelare la libertà di coscienza.
I PERCHÉ DEL PROVVEDIMENTO
“Con questo ordine esecutivo poniamo fine agli attacchi alla libertà religiosa”, ha detto Trump alla cerimonia della firma nel giardino delle rose della Casa Bianca. Attorniato da esponenti di diverse confessioni religiose, ha voluto accanto a sé anche alcune suore delle Piccole Sorelle dei Poveri che nel 2012 avevano iniziato una battaglia legale contro il provvedimento sanitario di Barack Obama che impone a tutti i datori di lavoro, comprese le istituzioni religiose, di garantire ai dipendenti un’assicurazione che copra anche le spese per contraccezione e aborto. Per le Piccole Sorelle, una inaccettabile violazione della propria coscienza.
LE DIFFICOLTÀ DELL’OBAMACARE
Sul punto, l’ordine di Trump pone alcuni, fragili, argini. Il provvedimento prevede “la protezione e la promozione della libertà religiosa”. Ma sotto forma di invito, ai ministeri del Tesoro, del Lavoro e Sanità, a modificare i regolamenti nel rispetto dell’obiezione di coscienza. Perché abbia davvero efficacia, l’auspicio deve tradursi in provvedimenti legislativi o nello smantellamento dell’Obamacare. Smantellamento che ha avuto l’ok della Camera, ma che ancora deve passare in Senato. “E non è scontato che accada”, analizza il giornalista David Gibson sul Religion News Service.
PROPAGANDA DAL PULPITO MA CON GIUDIZIO
Dopo una dichiarazione sulla tutela della libertà religiosa, l’ordine esecutivo invita l’Irs (l’agenzia delle entrate Usa) a usare la massima discrezione nell’applicare l’emendamento Johnson. Una disposizione del 1954 che vieta alle chiese la propaganda politica diretta, pena la perdita dello status di no profit e delle connesse agevolazioni fiscali. Un altro invito. Anche in questo caso l’emendamento Johnson non può essere modificato o abrogato senza l’approvazione del Congresso. Ci si domanda perché tanta insistenza su questo punto. In sessant’anni appena due chiese sono state indagate dal Fisco e solo una (evangelica) ha perso il suo status di esenzione per avere acquistato una pagina pubblicitaria su un giornale per spronare i cristiani a non votare Bill Clinton alle presidenziali del ’92.
PER I VESCOVI NON È CHE UN INIZIO
“È solo l’avvio di un processo”, sottolinea il capo dell’episcopato americano. Il cardinale Daniel DiNardo dà il benvenuto al provvedimento, ma avverte subito della necessità che per essere effettivamente garantita, la libertà religiosa va sostenuta da parte del Congresso. Chiarisce: “La libertà religiosa è un diritto fondamentale che deve essere sostenuto da tutti e non assoggettata ai capricci politici”. E ricorda come il disaccordo sulle questioni morali (matrimonio gay, famiglia, difesa della vita), “non è discriminazione ma il frutto desiderabile di una società libera e segnata dalla diversità autentica”. Insomma: bene la road map tracciata da Trump, il parlamento ora faccia la sua parte.
CHI APPLAUDE
C’è chi guarda con ottimismo al provvedimento. Per Penny Nance, presidente di Concerned Women for America, l’ordine esecutivo “è una boccata d’aria fresca”. C’è ancora del lavoro da fare ma “Trump ha fissato un atteggiamento diverso a sostegno della libertà religiosa rispetto alla precedente amministrazione”. Secondo Tony Perkins, del Family Research Council, il provvedimento “inverte la tendenza di punire pastori, famiglie e persone che desiderano semplicemente vivere secondo la loro fede”.
IL DURO GIUDIZIO DELLA DESTRA RELIGIOSA
La delusione della destra religiosa è pari a quella di un ragazzino che chiede la playstation e si ritrova la mattina di Natale a scartare il suo pacco regalo con un paio di calzini dentro. Ci si aspettava qualcosa di più efficace. Di provvedimento “del tutto inadeguato che non affronta le principali minacce alla libertà religiosa” scrive uno dei più attenti osservatori conservatori, Ryan Anderson, della Heritage Foundation. Al magazine dei gesuiti, America, Richard Garnett, docente in Legge all’Università di Notre Dame, che segue da vicino i casi di libertà religiosa, dice che con questo ordine “non cambierà praticamente nulla”. In un tweet, il filosofo Robert P.George, bolla l’ordine esecutivo come “privo di significato”. “È un tradimento”, sentenzia.
TRUMP COSTRETTO ALLA RETROMARCIA?
Il fatto è che il progetto originale era differente. In febbraio, Sarah Posner, sul The Nation, aveva svelato la prima versione dell’ordine esecutivo in materia. Un documento lungo il doppio rispetto a quello firmato e di gran lunga più stringente. A sinistra si stavano armando a combatterlo in tribunale come incostituzionale perché, a dire di qualcuno, avrebbe privilegiato le credenze dei “cristiani fondamentalisti”. Lo si condannava come attacco alle persone Lgbt e alle donne. Il fatto è che la prima versione imponeva ai ministeri competenti di organizzarsi “immediatamente” per esonerare i soggetti che per ragioni religiose si fossero opposti a fornire copertura assicurativa per aborto e contraccezione ai loro dipendenti. L’ordine firmato si limita a un’esortazione “a prendere in considerazione la modifica dei regolamenti, coerentemente con la legge attuale”. La prima versione, inoltre, garantiva esplicitamente a privati e associazioni di non servire persone omosessuali in nome della libertà religiosa. Nel provvedimento firmato, questo punto, caro ai conservatori, è scomparso. Non c’è, ad esempio, nessuna garanzia per panettieri e fioristi che si rifiutassero di fornire servizi per le coppie gay. Un rifiuto che costa caro. Per avere infranto le leggi contro la discriminazione, nel 2015, due pasticceri dell’Oregon sono stati condannati a pagare una multa di 135mila dollari. Si erano rifiutati di preparare la torta nuziale per il matrimonio di due donne. Per qualcuno la marcia indietro di Trump è un suggerimento della figlia Ivanka, data per supporter del mondo Lgbt. O più semplicemente una mossa politica, per non infilarsi nuovamente nel contenzioso legale, come per il travel ban.
“SIMBOLO DI POCA SOSTANZA”
Riassume il leader evangelico Russell Moore: l’ordine firmato è più “simbolico che sostanziale”. E che sia così, lo conferma l’atteggiamento della progressista American Civil Liberties Union. “Non c’è nulla di cui preoccuparsi – commenta il suo direttore Anthony Romero – è solo una photo-op”. In pratica un selfie trumpiano per “dare un contentino ai conservatori”. Quanto all’insistenza presidenziale nel volere abolire l’emendamento Johnson – “usato come arma contro le persone di fede”, ha detto Trump giovedì – per Romero si tratta di una “fake news da manuale”. Del resto, i sondaggi rivelano che la stragrande maggioranza degli americani non vuole sermoni politici ai servizi religiosi. L’89% dei pastori evangelici si oppone a endorsement politici dal pulpito. Opposizione scritta per i cattolici: la Conferenza episcopale è più volte intervenuta per ricordare a parrocchie e diocesi che non è loro compito avallare candidati. Eppure, il 65% dei fedeli americani ha ascoltato sermoni politici nel corso dell’ultima campagna presidenziale. Il 14% ha detto di avere udito anche specifici riferimenti ai due candidati in corsa.
IL DONO PER FRANCESCO
Sia quello che sia, l’ordine di Trump è uno dei (rari) distintivi con cui il presidente si presenterà a Bergoglio in Vaticano il 24 maggio. A Francesco il tema della libertà religiosa è molto caro. Nel viaggio negli Stati Uniti del 2015 ne ha parlato due volte. Alla Casa Bianca ha ricordato all’Obama dell’Obamacare che i cattolici si attendono il rispetto dei “loro diritti inerenti alla libertà religiosa”. E al Congresso ha insistito sul rispetto per le differenze “e le convinzioni di coscienza”. Per farsi capire ancora meglio, aveva incontrato, in un fuori programma a Washington, le Piccole Sorelle dei Poveri. Proprio le più stroppicciate sul tema. Le stesse che Trump ha voluto più vicine a sé alla firma del suo ordine esecutivo. Sorelle che oggi tirano un sospiro di sollievo. “Siamo grate per questo passo positivo”, riconosce una delle loro superiore.