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Il calcio e la casta delle superstar

Il mercato del calcio, così come quello del cinema, è caratterizzato dal cosiddetto fenomeno delle superstar, che determina altissimi redditi per pochi fortunati giocatori, allenatori e squadre, su livelli che lasciano spesso stupiti coloro che non hanno familiarità con questo ramo dell’economia dello spettacolo. Questa polarizzazione dei redditi assume un interesse particolare se si considera che il giro di affari generato dal calcio ha ormai raggiunto dimensioni colossali. Basti pensare che i soli ricavi della Fifa si aggirano intorno ai 2 miliardi di dollari, il solo calcio mercato europeo è stimato da Deloitte in 25 miliardi di dollari per il 2016/17 i 90 club più ricchi incassano oltre 7 miliardi di dollari l’anno.

L’economia di mercato non è nuova a questi aspetti estremi di concentrazione del reddito, ma le superstar del calcio moderno mostrano tuttavia delle caratteristiche sorprendenti, che amplificano le disuguaglianze e, in un certo senso, gettano una luce nuova sulle disparità di reddito, i premi e le penalità legati al talento e al capitale umano. Va premesso che il calcio-spettacolo di oggi, rappresenta una forma di divertimento planetario che va al di là del mero esercizio di uno sport, sia pur molto popolare, e che cattura l’immaginazione di vaste schiere di appassionati, spettatori o anche semplici testimoni. Più che di una forma di intrattenimento, il calcio sembra aver incorporato i tratti culturali della modernità, paradossalmente, già fin dagli inizi del secolo scorso, in un crescendo che lo ha portato alla sua forma globale attuale.

In linea con la moderna “network economy”, il calcio sembra aver trasformato la pratica dello sport in una forma di fruizione culturale tra la realtà e la fiction, con infinite ramificazioni, legami forti e legami deboli, in una rete di relazioni sempre più complesse e condivise. In queste relazioni valgono sempre più le regole di una nuova economia, dove l’iper-connessione genera allo stesso tempo più inclusione e più inuguaglianza, maggiore comunicazione tra poli distanti e maggior isolamento locale, più integrazione sociale e maggiori pericoli di razzismo, in una sorta di metafora estrema della società contemporanea e dei suoi crescenti conflitti.

Dal punto di vista economico, il calcio appare una attività culturale basata su un insieme endogeno di narrative eroiche, che sembrano essere alla base di nuove mitologie legate al culto di capacità e di tecniche, apparentemente inutili, ma emblematiche della creazione di valore in un sistema economico dedicato alla produzione di utilità. Il valore attribuito ai giocatori, infatti, benché derivato da quanto essi possono generare attraverso il valore dello spettacolo che aiutano a mettere in scena, sembra andare al di là della mera strumentalità di un apporto professionale ad un processo industriale. Come nel caso delle arti, soprattutto per il segmento più alto del mercato, esso sembra precedere e regolare il processo industriale stesso, quasi sostituendosi ad esso nella rappresentazione individuale dei tratti caratteristici dei giocatori, divenuti essi stessi elementi, piuttosto che fattori di produzione, di uno spettacolo continuo.

La fruizione della performance di un calciatore è particolarmente interessante perché emblematica di un fenomeno psicologico legato alla imprevedibilità della esperienza culturale. Questa imprevedibilità dipende dal divario tra aspettative e realizzazione o, in termini più tecnici, dalla differenza tra prodotti e risultati (“output” e “outcome”) caratteristica dei beni culturali. Nel caso del calcio, la performance di un giocatore è caratterizzata “ex ante” da alcuni tratti legati ad aspettative, quali la sua partecipazione a una partita, il suo ruolo nella squadra, la relazione attesa con gli altri giocatori, la performance ritenuta probabile o anche solo sperata sulla base del suo record passato. La stessa performance è definita “ex post” dai risultati concreti del suo impegno, il numero dei gol che ha fatto o a cui ha contribuito, le caratteristiche estetiche e pratiche della sua prestazione. Quanto più elevate sono le aspettative sulla sua performance e quanto minore la differenza negativa con la prestazione effettiva, tanto migliore sarà la reputazione del giocatore.

Nei modelli economici che trattano il problema della performance ci si domanda come acquirenti e venditori si “sposino”, come un paziente scelga un particolare dottore, come un club decida di ingaggiare un determinato giocatore, come un consumatore di calcio decida di vedere la partita di una o di un’altra squadra. Nel calcio, piccole differenze nel talento vengono amplificate in enormi differenze di reddito, e più ci si avvicina alla cima della scala qualitativa, maggiore diventa tale differenza, nonché l’asimmetria che essa impartisce alla distribuzione dei ricavi. Questa può essere spiegata affermando che i consumatori percepiscono i performers che offrono servizi di qualità come sostituti imperfetti. In altre parole, meno talento è un sostituto poco valido per molto talento.
Queste proprietà sono caratteristiche di quello che possiamo chiamare il mercato dei servizi di qualità. Esse implicano, per esempio, che se un chirurgo ha una capacità di salvare vite del 10% maggiore di quella dei suoi colleghi, la maggior parte dei pazienti sarà disposta a pagare più di un premio del 10% per i suoi servizi. Nel cinema, uno spettatore preferirà sicuramente (a parità di altre condizioni) vedere un film con un regista star (q=10) rispetto a vedere 10 film di un regista anonimo e senza qualità (q=1). Nella televisione se un conduttore ha uno share del 40%, con ogni probabilità sarà pagato più del 40% in più dei suoi colleghi.

Ma, quali sono i costi e i benefici del sistema delle superstar? Entro certi limiti, premi elevati per la qualità si giustificano perché stimolano la competizione e quindi la produzione di risultati sempre migliori. La selezione estrema dei performers, tuttavia, non è necessariamente il metodo più efficiente per produrre più qualità, perché molti performers che potrebbero diventare eccellenti sono scoraggiati nella fase iniziale della loro carriera e indotti a lasciare il mercato. La dittatura delle superstar consolidate (la “casta” dei performer confermati) può inoltre determinare eccessi di indebitamento finanziario e condizioni strutturali di dissesto del settore, se le altissime remunerazioni non corrispondono a flussi finanziari adeguati anche dal punto di vista della prevedibilità e della continuità. Invidia sociale e stress psicologici possono anche sommarsi per creare ulteriori problemi e costi per la collettività.

Su questi principi si fonda una nuova generazione tool di analisi economica, come quelli utilizzati da PlayRatings.net, che si affidano a criteri e processi di valutazione oggettivi e razionali. Parliamo di sofisticati strumenti di supporto ad una gestione finanziaria purificata dai bias tipici di un mercato in cui la passione, gli accadimenti sportivi straordinari e la reputazione degli atleti, oltre a generare fenomeni speculativi difficilmente controllabili, tende a prendere il sopravvento sui fondamenti industriali ed economici del mercato ed a sacrificare l’ottimizzazione della struttura finanziaria e la qualità delle scelte nel suo complesso.


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