Nuovi venti di secessione si levano in Catalogna. Il leader della regione autonoma catalana, Carles Puigdemont (nella foto), ha annunciato che indirà un nuovo referendum sull’indipendenza dello stato il prossimo primo ottobre. Durante un intervento a Barcellona, Puigdemont ha detto che il quesito, che probabilmente non sarà vincolante, porrà ai residenti la seguente domanda: “Volete che la Catalogna diventi uno stato indipendente sotto forma di Repubblica?”.
La richiesta di un referendum sull’indipendenza della Catalogna non è nuova: dal 2012 i dirigenti catalani chiedono una consultazione popolare per potersi rendere autonomi dalla Spagna. La regione ha circa sette milioni di abitanti, che parlano una lingua unica e contano su una produzione economica indipendente dallo Stato spagnolo. Il governo di Mariano Rajoy si è da sempre opposto al referendum, sostenendo che non è previsto dalla Costituzione. “Finché sarò presidente del governo, questo referendum non si farà”, ha detto il presidente lo scorso 27 maggio. E dello stesso pensiero è anche Albert Rivera il leader di Ciudadanos, partito liberale nato in Catalogna, che si oppone da sempre all’indipendenza.
GLI ULTIMI SONDAGGI
I sondaggi più recenti indicano che il 44,3% dei catalani sarebbe a favore della secessione dalla Spagna, mentre il 48,5% preferirebbe restare unita. Tuttavia, la maggior parte dei catalani è d’accordo con la necessità di esprimersi per porre fine allo scontro. Secondo l’articolo 1.2 del titolo preliminare della Costituzione spagnola, “la sovranità nazionale risiede nel popolo spagnolo, che si esprime nei poteri dello Stato”. In questo senso l’unico modo di decidere sulla sovranità della Catalogna sarebbe chiederlo a tutti gli spagnoli. Da quanto si legge sul sito El Confidencial, l’unica formula legale possibile sarebbe chiedere a tutti gli spagnoli se è possibile iniziare un processo di modificazione della Costituzione per dare alla Catalogna l’indipendenza. Il governo di Rajoy dovrebbe prendere l’iniziativa e promuovere da Madrid un referendum legale sull’indipendenza della Catalogna, realizzandolo non solo tra i catalani ma in tutta Spagna.
“IL CUORE PRODUTTIVO DELLA SPAGNA”
Un report della delegazione italiana della Generalitat de Catalogna indica che la regione “è il cuore produttivo della Spagna”: il Pil catalano rappresenta circa il 20 per cento del Pil della Spagna e il 23 per cento dell’industria del Paese. Dal 2014, quella catalana è una delle economie europee con la migliore crescita: circa il 3,5 per cento (la media europea è di 1,9 per cento). Il Financial Times riconosce la Catalogna come la “miglior economia del sud dell’Europa per investire nei prossimi due anni”. Le esportazioni della regione hanno prodotto 65 milioni di euro, il 2 per cento in più rispetto al 2015. Le esportazioni catalane rappresentano il 25 per cento delle esportazioni totali della Spagna.
IL PIANO CATALANO E LA SCOZIA
Il governo della Catalogna sta preparando in maniera riservata una legge regionale per riprendere il potere di convocare il referendum, nonostante i divieti giuridici di Madrid. A inizio marzo il Consiglio di Garanzia, massima istanza di interpretazione legislativa della Catalogna, ha bocciato il referendum sull’indipendenza promosso dal governo regionale catalano. Il Consiglio – equivalente regionale della Corte Costituzionale – era intervenuto su sollecitazione del governo della Generalitat per pronunciarsi sulla legge finanziaria del 2017. Ma il parere è esclusivamente consultivo.
A differenza della Catalogna, il referendum della Scozia del 2014 (che ha visto la prevalenza del “no” all’indipendenza con il 55,3 per cento dei voti) era autorizzato dal governo di Londra, che si era impegnato a riconoscerne i risultati con carattere vincolante. Secondo i Trattati europei, in caso di vittoria dei “sì” la separazione della Scozia dal Regno Unito avrebbe determinato la necessità per la nuova nazione di presentare domanda di ammissione all’Unione europea. Stessa situazione si presenterebbe con la secessione della Catalogna.
IL MANIFESTO DI PEP GUARDIOLA
Domenica decine di migliaia di persone si sono riunite a Barcellona per difendere il referendum sull’indipendenza. Secondo il Comune di Barcellona, erano 30mila persone, ma i separatisti parlano di 47mila partecipanti. Davanti al palazzo del Montjuic l’ex allenatore della squadra di calcio del Barcellona Pep Guardiola, ha letto un manifesto dal titolo “L’unica risposta possibile è votare”, nel quale si sostiene che il prossimo primo ottobre i catalani si pronunceranno per decidere il proprio futuro: “Voteremo anche se lo Stato spagnolo non lo vorrà. Abbiamo accordo questo referendum 18 volte e la risposta è sempre stata no, ignorando il sostegno dell’80 per cento della popolazione, senza ascoltare la maggioranza che conta in Parlamento”.
Secondo Guardiola, i catalani sono vittime di uno Stato che ha messo in atto una “persecuzione politica impropria di una democrazia in Europa nel XXI secolo. Un ministro degli Interni che vuole cospirare per distruggere la sanità, con unità di polizia politica che elaborano prove false contro governatori, per inabilitarli. Tutti conosciamo i tentativi di schiacciare il modello della scuola catalana, pilastro della coesione sociale. Così come il blocco contro gli investimenti nelle nostre infrastrutture, come porti, aeroporti e treni”, ha spiegato Guardiola. “Per tutti questi motivi – ha aggiunto l’allenatore – chiediamo aiuto alla comunità internazionale […] Vogliono sequestrare la voce della democrazia, ma andremo alle urne per difenderla con tutte le nostre forze”.
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