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Come conservare al meglio le opere d’arte

Dario Franceschini

La vetrina come piccolo palcoscenico che presenta al pubblico un’opera d’arte, ma anche come guscio protettivo del manufatto. Un ruolo complesso, che ha portato la progettazione delle teche in vetro per i musei a diventare una vera e propria scienza. Se ne è parlato ieri nella sede romana dell’associazione Civita, in una giornata di studi organizzata insieme con il Cnr e Goppion spa – azienda lombarda che con le sue vetrine protegge opere come la Gioconda e il Codice Atlantico di Leonardo. Il ministro Dario Franceschini (in foto) e le maggiori istituzioni italiane del settore della tutela e del restauro dei beni culturali della ricerca si sono riuniti per analizzare convergenze virtuose di pubblico e privato per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, e per presentare il volume “La Scienza delle Vetrine. Analisi dei rischi della conservazione,” curato da Marco Realini del Cnr. Obiettivo del libro è mettere a disposizione dei lettori e degli esperti e tecnici del settore le precondizioni per realizzare le soluzioni più avanzate per la museografia sostenibile e i sistemi espositivi.
“La vera innovazione tecnologica parte dalla ricerca”, ha detto Massimo Inguscio, presidente Cnr, “il Cnr è un buon attore di questa avventura e lo fa tramite 8mila ricercatori. I musei si sono evoluti tantissimo negli ultimi decenni, da “proprietà” dei direttori a strumento di comunicazione e di interazione con il pubblico”.

Ferruccio Resta, Rettore Politecnico di Milano ha sottolineato la convergenza di varie discipline ad alta vocazione scientifica, necessaria al progresso della valorizzazione delle opere: “La vetrina di un museo è un attore che deve essere invisibile ma è protagonista, deve essere aggiornato dal punto di vista tecnologico ed economicamente sostenibile; da questa dipendono la fruibilità e la conservazione delle opere. Per conciliare questi due obiettivi apparentemente antitetici, è necessario un tavolo di esperti di diversa estrazione che gestiscano le interfacce, così come una progettazione codificata”.

Fra i relatori anche James Bradburne, direttore Pinacoteca di Brera, che ha illustrato le innovazioni apportate alla galleria, con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione per le collezioni permanenti e aumentare l’engagement. All’attivo 24 sale rinnovate e cinque riallestimenti: “Abbiamo cambiato l’ambiente, il contesto emotivo. Prima la luce proveniva dall’alto, secondo una concezione anni ’50. La luce piena significava modernità”. Ora il visitatore diventa protagonista di una narrativa, guidato da luci drammatiche. “Ma la sfida”, conclude, “è riallestire tutte le 38 sale in tre anni”.

Nel suo intervento Franceschini ha osservato che se da un lato i numeri del turismo in Italia, soprattutto di quello proveniente dai paesi emergenti, sono in aumento, dall’altro il sovraffollamento può creare problemi di sicurezza e di tutela dei luoghi d’arte: “Siamo di fronte a una crescita impetuosa del turismo internazionale, che va governata. La creazione della Direzione Generale dei musei e dei Poli regionali museali ha dato i suoi frutti, siamo passati da 38 milioni di visitatori del 2014 a 45 milioni nel 2016 e il 2017 è in crescita”. Trend positivo, di conseguenza, anche per gli incassi, che oggi vengono recepiti direttamente dai musei, “177milioni nel 2016”, dice il ministro.

“È in atto una vera e propria trasformazione nella presentazione dei manufatti”, dice Gianni Letta, presidente di Civita, che porta il Museo Egizio di Torino come esempio da seguire: “Qualche anno fa una moltitudine di reperti era tenuta in bacheche polverose, difficilmente poteva affascinare un visitatore comune. Adesso è in atto un processo di evoluzione, quegli stessi reperti vengono presentati in modo accattivante e creativo. Questa è la chiave giusta per conservare le opere dal fluire del tempo e dall’imprudenza degli uomini”.



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