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Perché la Commissione europea ha randellato Google sullo shopping on line

Una stangata da 2,42 miliardi di euro: l’ha ricevuta Google dalla Commissione europea. È la più alta multa mai inflitta dall’Unione a una società statunitense. La Commissione accusa il colosso di Mountain View di avere creato una posizione dominante sullo shopping online, sfruttando la grande popolarità del proprio motore di ricerca.

IL CASO GOOGLE SHOPPING

A finire sotto accusa è la policy di e-commerce di Google shopping, che già da qualche anno mostra agli utenti del motore di ricerca i prezzi di alcuni prodotti acquistabili online. Ecco cosa capita in concreto: un utente cerca un oggetto su Google, per esempio digitando “lavatrice”. Google, in cima alla pagina dei risultati, mostra le immagini di alcune lavatrici, con tanto di prezzi e di link al sito su cui acquistarli. Ovviamente, le aziende pagano Google per essere mostrate in alto. Il problema è che esistono altre compagnie, oltre a Mountain View, che offrono analoghi servizi di confronto. E proprio loro, sostiene la Commissione, sono state danneggiate dalla posizione dominante di Google, perché il motore di ricerca le relega molto indietro nei risultati. “Il competitor messo più in risalto compare soltanto a pagina 4 dei risultati” scrivono a Bruxelles. E considerato che appena l’1% degli utenti arriva in media a pagina 2, si può dire che per l’utente medio di Google i servizi concorrenti siano quasi invisibili.

UNA MULTA SALATISSIMA

Secondo la commissaria per la concorrenza, la danese Margrethe Vestager (in foto), Google avrebbe “abusato della propria posizione dominante sul marcato come motore di ricerca, promuovendo il proprio servizio di confronto e declassando i propri concorrenti”. Ovviamente, impedendo loro di competere, avrebbe danneggiato anche i consumatori europei. L’indagine è iniziata 7 anni fa, dopo le segnalazioni di un sito concorrente a Google, Foundem, e nel corso del tempo alle lamentele si sono aggiunte una trentina di altre aziende, che ora potrebbero chiedere un risarcimento record in sede civile.
La multa dell’Antitrust europea era attesa ed era già stata anticipata da indiscrezioni di stampa, anche se in pochi pensavano che fosse così alta. Nel 2009 una sanzione da un miliardo era stata inflitta a Intel, ma in questo caso la stangata è più che raddoppiata. Certo, in teoria l’Unione avrebbe potuto sanzionare Google fino al 10% del proprio volume di affari, suppergiù 8 miliardi.

EUROPA CONTRO SILICON VALLEY

Google non è il primo fra i colossi della Silicon Valley a finire nel mirino di Bruxelles. L’anno scorso la Commissione aveva imposto ad Apple di versare all’Irlanda 13 miliardi di euro di tasse non pagate. Ma lì il caso era diverso, si parlava di tasse appunto, non di multe. E peraltro l’Irlanda quei soldi non li vuole. Preferisce tenersi i privilegi di ospitare un gigante della tecnologia, a cui ha garantito un trattamento fiscale particolarmente vantaggioso, che poi è l’unico motivo per cui Apple ha preso casa a Cork.

In ogni caso Alphabet, la società che possiede Google, annuncia battaglia, e farà ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Ma, prima che i giudici, in Lussemburgo, dirimano la questione, Mountain View deve correre ai ripari. Il colosso del web ha 90 giorni per stoppare la pratica irregolare: se non si adeguerà, potrà subire altre multe, che saranno salate: fino al 5% del volume d’affari di Alphabet per ogni giorno di violazione: pressappoco 12,5 milioni di euro al giorno.

Peraltro la vicenda di Google Shopping non è l’unica per cui la società è attenzionata dalle autorità europee. Le indagini riguardano anche Android e AdSense, rispettivamente il sistema operativo di Google e il sistema utilizzato per la vendita della pubblicità online. Bruxelles vuole capire se anche in questi casi la società stia abusando della propria posizione dominante per ottenere vantaggi illeciti. Ad esempio, è il caso di Android, per imporre l’utilizzo delle proprie applicazioni per poter utilizzare il sistema operativo.

TENSIONI USA E UE

Pur trattandosi di una vicenda che vede contrapposti un’autorità sovranazionale e un privato, il contenzioso si aggiunge alle indagini in corso su Starbuks, McDonald’s e Apple, e contribuisce a complicare ulteriormente i già difficili rapporti fra l’Ue e gli Stati Uniti di Donald Trump. Lo sa bene la commissaria Vestager che nei giorni scorsi ha messo le mani avanti anticipando le critiche: “Se analizzate il nostro operato, non troverete pregiudizio di alcun genere nei confronti degli Stati Uniti”.
Difficile pensare che basti, per scongiurare una reazione aggressiva da parte di Washington. Vero che Donald Trump non ha mai mostrato particolare feeling verso i big della Silicon Valley (ricambiato), ma resta il fatto che la multa potrebbe avere ripercussioni serissime anche su altri colossi, a partire da Amazon, che la stessa Google ha tirato in mezzo per difendersi.

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