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C’è davvero concorrenza sull’energia fra Matteo Renzi e Carlo Calenda?

Di Manola Piras e Veronica Sansonetti

Lunedì 26 giugno il ddl Concorrenza è arrivato a Montecitorio per poi tornare nuovamente al Senato per la quarta lettura. Le fasi concitate degli ultimi giorni hanno condotto, specie su un emendamento che riguarda il mercato energetico, a fibrillazioni politiche. Al centro, i rapporti non idilliaci fra il Pd di Matteo Renzi e il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Polemiche, a dir la verità, più o meno artificiose e più o meno personalistiche, oltre che mediatiche, con un occhio ai prossimi assetti partitici in vista delle prossime elezioni politiche. Ma le questioni sono soprattutto tecniche. Ecco tutti i dettagli.

COS’E’ SUCCESSO IN COMMISSIONE ALLA CAMERA

Giovedì 22 giugno il ddl Concorrenza viene licenziato dalle commissioni Finanze e Attività produttive di Montecitorio per approdare in Aula questa settimana. A differenza però di quanto auspicava Calenda non si dovrebbe trattare di un passaggio breve e indolore, magari con voto di fiducia, perché sono state apportate quattro modifiche. “Con tutto il dovuto rispetto per il Parlamento la decisione di riaprire il ddl Concorrenza a più di 850 giorni dalla sua presentazione da parte del governo Renzi, è difficilmente comprensibile e rischia di trasmettere l’ennesimo segnale negativo su questo tema per cittadini, imprese e istituzioni internazionali” ha commentato il titolare del Mise secondo cui “i quattro emendamenti accolti hanno prevalentemente un carattere di mera chiarificazione e non mettono in discussione la sostanza degli articoli a cui si riferiscono. Il governo, peraltro, ha ribadito più volte la propria disponibilità ad affrontare i punti sollevati dagli emendamenti sia attraverso l’accoglimento in sede attuativa di eventuali atti di indirizzo da parte del Parlamento sia promuovendo, dopo l’approvazione definitiva e senza dar luogo ad un ulteriore ed inutile rinvio, ad eventuali iniziative di precisazione del testo”. Parole che non lasciano dubbi sul disappunto di Calenda per l’allungamento dei tempi.

I QUATTRO EMENDAMENTI

Andando a vedere da vicino le modifiche accolte in commissione, si scopre che si tratta di proposte che già si era tentato di far passare e di una in particolare, quella in tema di energia, che avevano alzato un polverone ma sulle quali c’era una posizione pressocché unanime dei maggiori partiti, oltre che delle associazioni dei consumatori e delle organizzazioni sindacali. Non solo, energia, comunque. Nello specifico, per le assicurazioni si reintroduce il meccanismo del tacito rinnovo delle polizze in scadenza del ramo danni mentre sul fronte del telemarketing si elimina la norma per cui gli operatori venivano costretti a riferire l’identità del soggetto per conto del quale avviene il contatto e a specificarne la natura commerciale e potevano proseguire la chiamata solo dopo l’assenso del destinatario. Un altro emendamento riguarda poi le strutture odontoiatriche, in cui possono effettuare prestazioni solo soggetti in possesso dei titoli abilitanti. La modifica che più fa discutere politici e operatori del settore – come detto – è quella relativa agli utenti di energia elettrica: è eliminato il meccanismo delle aste per quelli che non scelgono un fornitore al 1 luglio 2019 quando scadrà il regime di maggior tutela. In sostanza si torna alla norma decisa alla Camera in prima lettura che affida all’Autorità la disciplina delle misure per garantire la fornitura di energia elettrica.

LA POLEMICA DI MUCCHETTI

Proprio la questione delle aste per gli utenti di energia elettrica è stata oggetto di una lettera al vetriolo a Matteo Renzi da parte di Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato e membro dello stesso partito dell’ex presidente del Consiglio. Senza tanti giri di parole Mucchetti accusa il segretario del Pd di “fare il furbetto”: in sostanza Renzi (in buona compagnia di Matteo Orfini e di Maria Elena Boschi) è un “fervente sostenitore del mercato ridisegnato a favore del monopolista Enel” dall’allora ministro Guidi e non ha mai preso in considerazione le vie d’uscita trovate dallo stesso ex giornalista del “Corriere” e approvate da Calenda. Secondo il presidente della commissione Industria tutte queste modifiche servono solo a un “unico obiettivo” e cioè “non approvare nessun provvedimento sulla concorrenza” e comunque “non questo ddl che si impantanerà per il tempo necessario a evitare che il Mise faccia un decreto legge sulla materia per il 2017. In questo modo potrai dire che il ministro Calenda non ha combinato nulla”. Perché, il j’accuse è esplicito, Renzi cercherebbe di ostacolare il titolare di via Molise, anche perché i centristi – come ha detto il leader di Alternativa Popolare, Angelino Alfano – sostengono a spada tratta “l’Agenda Calenda”, facendo così ancor più innervosire i renziani dopo le tensioni sul Germanellum.

LE POSIZIONI DEI PARTITI

Le insinuazioni giunte da più parti di voler stroncare il disegno di legge hanno portato due giorni fa il capogruppo Pd in commissione Attività produttive, Gianluca Benamati, a prendere carta e penna e a scrivere una lettera al “Sole 24 Ore” per spiegare “le ragioni degli emendamenti” e per fare chiarezza anche rispetto a “un autorevole collega del Senato” secondo cui “alcuni emendamenti presentati alla Camera nel settore energia sono ‘scritti’ da una grande azienda elettrica italiana partecipata dallo Stato”. “Sono convinto – afferma Benamati – che la completa liberalizzazione del mercato elettrico possa essere un’opportunità se ben formulata: mettendo al centro il consumatore, la sua informazione e capacità di scelta. Questa era l’impostazione data al ddl, prima del passaggio in Senato, ove è stata approvata la norma sul sistema delle aste, che è quanto di più lontano possa esservi da una vera e sana concorrenza. Un modello che anziché portare risparmi, porterebbe ad un incremento dei prezzi per i consumatori domestici, in special modo i più deboli, e per le piccole imprese, in una situazione in cui i prezzi dell’energia sono già elevati”. A riprova delle “robuste ragioni di merito”, aggiunge il parlamentare democratico, “analoghe proposte di modifica sono state presentate dalla quasi totalità delle forze politiche di maggioranza e di opposizione”. In effetti, sul punto, come emerge dai lavori parlamentari, anche Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle erano sul tema sulle posizioni del Pd, a differenza di Civici Innovatori (gli ex Scelta Civica vicini a Calenda) e Alternativa Popolare.

COSA DICONO CONSUMATORI E SINDACATI

E che la diatriba sia poco personalistica lo dimostrano anche le voci delle maggiori associazioni dei consumatori, che hanno apprezzato l’emendamento in questione sull’energia: “In questo modo – sostiene l’Adiconsum – si tutelano milioni di utenze da un mercato libero già esistente, ma che ancora non si può definire tale, in quanto costellato da abusi e pratiche commerciali scorrette”. L’associazione auspica in Aula “un confronto democratico e partecipato, senza ricorrere allo strumento del voto di fiducia”. Con una nota congiunta le sigle di categoria dei tre confederali plaudono alla modifica in materia di energia che – ricordano – raccoglie l’osservazione presentata da Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec all’audizione del 6 giugno: il ddl originario, secondo i tre sindacati di categoria, “prevedeva l’assegnazione agli utenti che non avessero scelto il fornitore nel mercato libero, di fornitori che si sarebbero aggiudicati la gara attraverso procedure concorsuali per aree territoriali”. Questa procedura con le aste – scrivono – “si poneva diametralmente all’opposto del ‘libero mercato’ in quanto obbligava l’utente al passaggio ad un fornitore da lui non scelto e con il quale non aveva stipulato nessun contratto e lo esponeva ad un servizio caratterizzato da un prezzo penalizzante che avrebbe rischiato di far lievitare il costo dell’energia elettrica per un tempo indefinito a milioni di consumatori poco consapevoli dell’evoluzione del mercato”. “Come organizzazioni sindacali – si legge nelle conclusioni – esprimiamo soddisfazione per l’operato delle Commissioni in quanto rivolto a garantire una libera scelta fatta dai cittadini/utenti, auspicando che ciò venga approvato dal Parlamento”.


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