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La frenesia di Renzi, i consigli di Scalfari e le sicurezze di Berlusconi

(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

A vedere le prime pagine dei giornali e a leggere gli articoli principali, a cominciare da quello di Eugenio Scalfari, che non è soltanto il decano ormai del giornalismo italiano ma ha ancora molte e qualificate frequentazioni, per cui si deve presumere che sia bene informato, se ricava che questa del 4 giugno 2017 è una domenica molto particolare. Ma anche di ordinaria confusione, pur sempre preferibile alla domenica di sangue che stanno vivendo in Gran Bretagna.

Incoraggiato dal titolo, che assegna alla riforma elettorale in cantiere a Montecitorio l’obiettivo o il risultato di mettere “la camicia di forza al Senato”, sono andato voracemente a cercarne la chiave. Ma non l’ho trovata. Ho soltanto colto la delusione confessata per un Matteo Renzi che “non ha letto nessuno dei libri” consigliatigli, nei vari incontri o colloqui telefonici, dal fondatore di Repubblica. Al quale pure il risegretario del Pd era riuscito sino all’altra settimana a carpire l’impressione opposta, ottemperando all’impegno di riferire ogni volta particolari dei libri assegnatigli nell’incontro o nella telefonata precedente tali da guadagnarsi la promozione. Niente, il giovanotto toscano deve avere evidentemente barato. E ora il professore emerito gli ha generosamente offerto l’ultima occasione di riscatto: la lettura, che non è né breve né semplice, di Tocqueville. Essa gli dovrebbe far capire, chissà poi perchè, come sia dannoso liberarsi di Paolo Gentiloni e del suo governo in ottobre per andare alle elezioni anticipate. La cui gestione però, mi permetto di far sapere all’augusto decano, Renzi intende lasciare al governo attuale, a meno che naturalmente il presidente della Repubblica non pensi a qualcun altro, o a qualcosa d’altro. Ma, francamente, non credo, anche perché penso di conoscere Mattarella meglio di Scalfari e so che non è tipo da colpi di testa o di mano.

Più utile, per rendermi conto della confusione e al tempo spesso per capire quel pochissimo, ma pur sempre di significativo, che c’è nella pentola della riforma elettorale, dove ogni giorno cambiano le voci e le attese su quanto di proporzionale e di maggioritario si sta cercando di combinare, è l’intervista di Silvio Berlusconi in casa, fatta al direttore del giornale di famiglia,

Egli ha spiegato, per i soliti e comprensibili interessi di facciata, che preferisce mandare il centrodestra “diviso” alle urne per tenerlo unito al governo dopo il voto, cercando quindi di rasserenare i suoi elettori. Alcuni dei quali sono evidentemente preoccupati, come quelli del versante politico opposto, che nella nuova legislatura l’ex presidente del Consiglio progetti un’alleanza con Renzi.

Ma soprattutto Berlusconi ha annunciato che la sua Forza Italia “cambierà molti volti” assicurando al tempo stesso che “chi è stato bravo e leale non deve temere nulla”.

Ciò significa, in parole povere, che qualunque risulterà alla fine la quota di proporzionale e di maggioritario su cui si stanno spendendo gli esperti nella competente commissione della Camera, qualunque sarà il numero dei collegi, i candidati saranno tutti blindati, per Forza Italia come per gli altri partiti. Cioè, avremo parlamentari, come al solito da qualche decennio a questa parte, più nominati che eletti.

Non è una consolante conferma, obiettivamente, ma è almeno qualcosa di certo e di chiaro nella grandissima confusione, ripeto, di questa prima domenica di giugno.

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