Ci sono ma non esistono. Fatturano ormai miliardi ma dichiarano qualche decina di milioni. Si cerca di combatterli, soprattutto su scala europea, ma intanto loro in Italia (e non solo) continuano a erodere importanti quote di mercato ai mezzi di comunicazione tradizionali.
La pubblicità digitale vale oggi, sul mercato locale, 2,4 miliardi a fronte di investimenti pubblicitari su tv, radio, giornali e così di via di poco più di 6 miliardi. A dominare la scena sono sempre loro due: Google e Facebook. Il colosso del search online e il principale social network su scala mondiale sono accreditati di introiti pubblicitari totali per almeno 1,8 miliardi.
L’azienda fondata da Larry Page, Sergey Brin da sola vale almeno 1,2-1,3 miliardi; quella di Mark Zuckerberg 4-500 milioni. Peccato che poi, andando ad analizzare i bilanci emergano ben altri numeri. Google, nel 2015 (ultimo documento disponibile), aveva registrato un giro d’affari di 65,5 milioni con un ebitda di 9,24 milioni. Mentre Facebook aveva maturato ricavi di soli 7,56 milioni con un mol di 898mila euro.
Numeri distanti anni luce dalla realtà dei fatti. Ma come è noto, le branch italiane non fatturano gli spot che incamerano dalle aziende ma solo servizi alle consociate europee, in particolare le capogruppo domiciliate in Irlanda. Peccato che, mese dopo mese, analizzando i dati del mercato pubblicitario diramata dalla Nielsen, questi due colossi made in Usa stiano divorano fette sempre più ampie di investimenti in advertsing al punto che oggi Google è ormai seconda solo a Mediaset (2,16 miliardi nel 2016) e Facebook pesa più o meno quanto Sky Italia (484,5 milioni) e più dell’intero segmento dei periodici (456,5 milioni).
Una cannabilizzazione del mercato che non si arresta e che colpisce non solo la carta stampata ma anche il web cosiddetto tradizionale.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)