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I miei auguri per i 90 anni di Enzo Bettiza

(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Lasciate che mi disinteressi un po’ delle solite, pasticciate e inconcludenti vicende della politica italiana, con mezzo Parlamento appeso ai casini interni al movimento grillino e agli effetti che potrebbero derivarne all’ennesima riforma elettorale in cantiere, attesa dal capo dello Stato come viatico alle elezioni anticipate deplorate con la solita, vibrante insistenza dal Presidente ormai emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, per abbracciare a distanza il collega ed amico Enzo Bettiza (in foto). Che ha appena compiuto i suoi 90 anni osservando con giustificato disincanto le vicende di un’Italia che ha amato e raccontato con grande passione e competenza da giornalista, scrittore e politico, avvolto nella sua cultura e formazione mitteleuropea, essendo nato il 7 giugno 1927 a Spalato. Da dove venne esule nella pur sua Italia alla fine della seconda guerra mondiale, approdando particolarmente in terra pugliese per poter continuare a respirare l’aria degli ulivi dalmati. E lo ha raccontato spesso con nostalgia, orgoglio e una certa complicità a me, che sono nato proprio in Puglia quasi 12 anni dopo di lui.

Indro Montanelli, che senza l’aiuto di Enzo, la sua conoscenza degli uomini, la sua finezza culturale, non avrebbe potuto compiere nel 1974 la coraggiosa scissione dal Corriere della Sera, ormai rassegnato al cosiddetto compromesso storico fra la Dc e il Pci come esperienza non provvisoria ma permanente, in una edizione un po’ scalcagnata di quella che aulicamente sullo stesso Corriere l’allora direttore Giovanni Spadolini aveva chiamato “Repubblica conciliare”, con un Tevere sempre più stretto, quasi prosciugato, invidiava a Bettiza un po’ tutto. Così commentò il comune amico Carlo Donat-Cattin la rottura consumatasi fra i due nel 1983, nove anni dopo la fondazione del Giornale allora nuovo: una rottura consumatasi sul problema della valutazione di Bettino Craxi e della sua politica, nell’occasione o col pretesto, come preferite, del rifiuto opposto da Montanelli ad un mio editoriale in difesa dell’allora segretario del Psi dagli attacchi congiunti dei comunisti e della sinistra democristiana.

I due fecero per fortuna in tempo a riconciliarsi prima della morte di Montanelli, condizionato -pace all’anima sua- nello scontro con lo storico collaboratore, di cui a lungo aveva condiviso anche la stanza nel Giornale, dai soliti, immancabili cortigiani di redazione, ma anche esterni. Penso, fra gli altri, agli amici di Ciriaco De Mita che lusingavano Montanelli raccontandogli dei suoi libri che affollavano la libreria di famiglia dell’allora segretario della Dc, e gli garantivano addirittura l’anticomunismo “intimo” del loro amico irpino.

Montanelli cadde nella trappola, mentre noi trovavamo temporanea ospitalità nei giornali di Attilio Monti, salvo pentirsene dopo qualche anno dando a De Mita del camorrista e finendo trascinato da lui in tribunale.

Più dei numerosi e meritati premi letterari, delle soddisfazioni politiche avute prima nel Senato italiano e poi nel Parlamento Europeo e della felice combinazione di liberalismo e socialismo tradottasi nella formula del lib-lab, diede soddisfazione ad Enzo Bettiza proprio quell’epilogo della sbandata di Montanelli per De Mita. Che era stata un pò, diciamo la verità, la nostra comune rivincita sulla rottura consumatasi nel 1983, mentre peraltro Craxi si avviava a Palazzo Chigi, nonostante De Mita.

Anche Montanelli forse ritenne di prendersi poi una rivincita su di noi quando le cose andarono malissimo per Craxi. Ma fu una rivincita a carissimo prezzo, pagato dal direttore del Giornale con l’allineamento al peggiore giustizialismo, che a suo modo era anche il peggiore conformismo: una riedizione giudiziaria del compromesso storico contro il quale Montanelli e Bettiza avevano insieme consumato la loro coraggiosa e già ricordata scissione dal Corriere della Sera.

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