In Italia, in questi ultimi anni, si è realizzata una svolta importante, non adeguatamente percepita dall’opinione pubblica. Nell’ultimo periodo parlare di Industria 4.0 è diventato un must, sembra quasi uno slogan da spendere al di là della congruità dei contenuti portati avanti. La realtà è diversa, e l’impressione di enfasi nasce per il fatto che molti ritwittano l’imperativo senza averlo approfondito e neppure ben capito. La realtà è che, malgrado molti non mostrino di essersene resi conto, in Italia, in questi ultimi anni, si è tornato e promuovere politiche di sviluppo.
“Sviluppo e Innovazione. Idee esperienze e policy per la competitività del Paese”, una raccolta, sapientemente selezionata, degli interventi di Vito Cozzoli, capo di Gabinetto del ministero dello Sviluppo economico dal febbraio 2014 al maggio 2016, costituisce, al riguardo, una interessantissima testimonianza. Cozzoli è stato uno dei protagonisti di un nuovo corso della politica italiana, in cui si è finito di navigare a vista, come per troppo tempo s’era fatto nel passato, e si sono poste le basi per una ripresa dei livelli di competitività del sistema Paese.
Il punto di osservatorio di Cozzoli, al tempo stesso campo d’azione in cui ha potuto profondere impegno e mettere a frutto la sua cultura polivalente anche se fondata su solidissime basi giuridiche (Avvocato Cassazionista, già Capo dell’Avvocatura della Camera), è stato privilegiato: quel ministero dello Sviluppo economico che, per propria finalità, era chiamato a innestare la marcia della ripartenza. Dalla coinvolgente lettura degli interventi dell’ex capo di Gabinetto si ricava come l’impegno per la trasformazione radicale dell’industria, all’insegna dell’integrazione digitale dei processi produttivi, sia maturato attraverso un percorso costante e di estrema attenzione all’evoluzione tecnologica in atto.
Non solo. Lo sforzo per l’innovazione – ed è qui il salto di qualità operato da Cozzoli & C. – s’inquadra nel recupero di una vision, nella ritrovata consapevolezza che il futuro di un Paese dipende dalla strategia. Negli anni tracciati dagli interventi di Cozzoli, la politica nazionale ha abbandonato la logica della competizione al ribasso, basata sulla riduzione tout court del costo del lavoro. In un paese che ancora riscontra un insufficiente rapporto tra spesa per la ricerca e lo sviluppo e pil, si è capito che bisognava voltare pagina. Disegnare un modello di domani in cui si possa evitare un declino scadenzato dall’obsolescenza di modelli di impresa destinati in pochi anni a essere posti fuori dal tempo.
Nella prospettiva costruita dal Mise di Cozzoli e dall’Esecutivo nel suo complesso, l’innovazione e la modernizzazione digitale dovevano essere sia lo strumento per ridare slancio all’industria manifatturiera, sia per creare quelle città-infrastrutture che sono le smart city, nel cui ambito soltanto possono essere coniugati al meglio logiche di sviluppo sostenibile e di impresa 4.0, di riconversione ed efficientamento energetico, di valorizzazione dei giacimenti culturali. Un percorso che, se venisse condotto con la necessaria coesione politica, istituzionale e socioeconomica, potrebbe rappresentare una piattaforma per il recupero almeno parziale dello stesso divario meridionale.
Si è lavorato molto e con efficacia, in questi ultimi anni.
Il problema, spesso, nasce dal fatto che i tempi della semina non coincidono con quelli del raccolto. Ma approfondire questo tema, che è quello classico del rapporto tra politica e consenso, non spetta a questa sede. Il libro di Cozzoli, impreziosito da una acuta prefazione del presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, permette a quanti hanno interesse a comprendere azioni e processi della politica, oltre le diatribe e le polemiche da talk show, di arricchire le proprie conoscenze con la testimonianza di chi ha contribuito a guidare lo sforzo di rinascita del nostro Paese.