È una eredità pesante, quella che il neo presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron riceve da François Hollande. La Francia ha infatti inaugurato il primo trimestre dell’anno con un saldo commerciale negativo per 19,8 miliardi di euro, il secondo peggior risultato dal 2011. Questo risultato deriva contemporaneamente da una forte ripresa delle importazioni, cresciute del 3,8%, e da un cedimento dell’export, diminuito dell’1,4%. L’aumento del prezzo dei prodotti petroliferi è stato determinante.
La Presidenza Macron inizia quindi in salita, considerando che si tratta di un saldo negativo che deriva prevalentemente dalle relazioni commerciali interne all’area dell’euro, con un passivo di 11,81 miliardi di euro, che arriva a 14,55 miliardi nei confronti dei Paesi aderenti alla Unione Europea. Il saldo extra-Ue, quello che risente anche del cambio dell’euro, è stato anch’esso negativo, ma solo per appena 2,55 miliardi di euro: non è quindi l’andamento favorevole dell’euro che può rimettere in sesto le relazioni commerciali di Parigi con l’estero.
La Germania ha rappresentato come sempre il fianco debole della Francia, con un saldo commerciale attivo per 4 miliardi di euro netti. Seguono l’Olanda con 2 miliardi, l’Italia con 1,38 miliardi ed il Belgio con 1.19 miliardi. Anche la Spagna ha registrato un saldo attivo con la Francia, seppure di appena 498 milioni di euro. La Gran Bretagna, libera di fluttuare con il cambio della sterlina, ha messo a segno un saldo positivo di 1,46 miliardi di euro.
Paradossalmente, contrariamente alla Germania ed all’Italia, la Francia non ha niente da contrattare con gli Usa, che anche nell’ultimo vertice di Taormina hanno chiesto un ribilanciamento degli equilibri commerciali, visto che anche nei confronti di Washington il suo saldo è stato negativo, per 1,1 miliardi di euro. Avrebbe, al contrario, di che lamentarsi con la Cina, avendo riportato con quest’ultima un saldo negativo di 6,1 miliardi di euro, di oltre 2 miliardi superiore rispetto a quello derivante dai rapporti con la Germania.
C’è in vista una stretta vigorosa, in Francia, probabilmente già nel corso della prossima estate, molto simile a quella subita dall’Italia con i governi Berlusconi e Monti nel 2012. Una crisi dei mercati finanziari non può essere esclusa, ed un riaggiustamento del deficit pubblico francese passerebbe da una forte contrazione della domanda privata. C’è ben poco da recuperare, invece, sul versante del miglioramento dell’export aumentando la competitività attraverso una contrazione del costo del lavoro, e molto invece da fare riducendo il potere di acquisto delle famiglie francesi, tagliando i redditi. I contraccolpi di questo probabile riassestamento delle relazioni esterne della Francia si ripercuoteranno dappertutto, soprattutto in Italia ed in Germania, con una flessione dei loro export.
Mentre l’Amministrazione americana, sotto la guida di Donald Trump, non fa che battere i pugni sul tavolo per riportare in pareggio i suoi conti con l’estero, minacciando sfracelli anche a costo di mettere in crisi rapporti storici con gli Alleati europei, addirittura accusando platealmente al Summit del G7 di Taormina i tedeschi di comportarsi «male, molto male» sotto il profilo commerciale, il Presidente francese Emmanuel Macron non sembra invece preoccupato del disavanzo commerciale strutturale della Francia.
Dovendo affrontare le elezioni legislative, a giugno, e senza avere un partito alle spalle da tempo organizzato alle spalle ma solo il neocostituito Les Repubblicans en marche, Macron deve ostentare sicurezza, assumere un atteggiamento da President Juppiterian, dal nome del Dio della vittoria dei Romani, come è stato nel corso della visita del Presidente russo Vladimir Putin. Lo ha ricevuto non a Parigi, nella sede consueta del Palazzo Matignon, ma nella dimora di Luigi XV, al Petit Trianon di Versailles, cogliendo l’occasione dei 300 anni delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, propiziate dallo Zar Pietro il Grande che cercava di aprire il suo Impero all’Europa. La realtà è amara: alla Francia, rifugiarsi nei fasti passati non basterà.
(Articolo pubblicato da MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)