Oggi siamo in quel limbo temporale – ormai anche troppo lungo – dove il musulmano/a o l’arabo/a si trovano schiacciati e ingabbiati in rappresentazioni statiche e piene di simboli negativi, senza via di scampo. Eppure ci fu un tempo invece, dove la storia con i suoi uomini e donne percorreva altre traiettorie. Sono ad esempio gli anni 60. E il simbolo di quegli anni è un attore di fama internazionale di nome Omar Sharif. La sua storia e il suo percorso ci racconta qualcosa su cui riflettere oggi perché è il volto dai mille volti, culture, storie e paesi. Sharif, che ci ha lasciati nel 2015, era riuscito a non farsi schiacciare dall’etichetta, non solo convincendo Hollywood, ma il suo stesso pubblico che lo ha amato da tutto il mondo e in tutte le sue vesti.
Chi oggi, musulmano o arabo riuscirebbe nella sua impresa? A svestirsi dei suoi abiti – talvolta cucitegli forzatamente addosso – per indossarne altri, seppur nella recitazione? Purtroppo quasi nessuno, perché la rappresentazione e la percezione è ormai più che radicata a simboli precisi e di certo tutt’altro che positivi.
Lo scorso mese l’attore belgo-marocchino Mourade Zeguendi ha denunciato la frustrante condizione nella quale si trovano gli attori arabi, perché “nella quasi totalità dei film americani l’arabo è presentato sempre come l’incarnazione del male, il terrorista, o il criminale senza scrupoli e gli attori arabi sono molte volte obbligati ad accettare questi ruoli per fare carriera nel cinema”. Zeguendi ha detto no, all’ennesima proposta per un ruolo da “terrorista” facendo emergere non solo il dramma del cinema ma anche il nostro, quello della vita reale. Fatto di percezioni e pregiudizi ormai consolidati, difficili da abbattere e in qualsiasi ambito.
Bei tempi allora gli anni 60, di Omar Sharif e i suoi indimenticabili travestimenti sul grande schermo che Igiaba Scego in un articolo su Internazionale, in ricordo dell’attore, con grande sensibilità e profondità di analisi ci raccontò portandoci con mano a riflettere su cosa è cambiato ieri rispetto ad oggi. “Omar aveva mille facce – scrive Igiaba – Ma mille davvero! Per un uomo di origine araba, oggi, in questa nostra epoca di arabofobia, islamofobia, stereotipi a gogò, sarebbe molto difficile ripetere la carriera gloriosa di Omar Sharif. Gli attori oggi sono inchiodati alle loro origini, al colore della loro pelle, all’idea cattiva che il mondo ha di loro. Il cinema inchioda alla rappresentazione eterna di sé. E per molti non c’è via di scampo. Si diventa stereotipo, non personaggio. Ed ecco che molte donne nere sono costrette a fare la prostituta o gli arabi i terroristi o nei migliori dei casi membri di una qualche gang di periferia. La rappresentazione diventa una via crucis e recitare una croce pesantissima”.
È così purtroppo, e l’attualità degli attentati per mano di jihadisti, non promette cambiamenti a breve termine, anzi, un peggioramento preoccupante che esige coraggio, lavoro, grande forza e pazienza, se si vuole cambiare la rappresentazione dominante, anche se è quella della più becera minoranza.