Se laicità è probabilmente la parola chiave dell’intervento di Papa Francesco al Quirinale, un’immagine la rappresenta. Quella – piccola ma carica di significato e piuttosto inedita – del Papa e del Capo dello Stato che si soffermano uno accanto all’altro per un momento di preghiera silenziosa nella Cappella dell’Annunziata e insieme fanno il segno della croce. Un Capo di Stato di una Repubblica laica che in un impegno istituzionale non cela la sua fede religiosa. Indizio di quella “laicità positiva” di cui ha detto Francesco richiamandosi a Benedetto XVI, che la usò come alternativa alla laïcité francese nella sua visita all’Eliseo del 2008. Una laicità – sottolinea Bergoglio – “non ostile e conflittuale, ma amichevole e collaborativa”. Dalla quale Stato e Chiesa possono trarre reciproci benefici. Citando l’articolo 7 della Costituzione, su indipendenza e sovranità “ciascuno nel proprio ambito” di Stato e Chiesa, il Papa argentino dalle origini piemontesi ha rilanciato la collaborazione, “seppure nella rigorosa distinzione delle competenze proprie”, “tra comunità ecclesiale e comunità politica in quanto sono, entrambe, a servizio delle stesse persone umane”.
LAICITÀ POSITIVA ALL’ORIGINE DEGLI “ECCELLENTI RAPPORTI TRA STATO E CHIESA”
È grazie a questa “peculiare forma di laicità” che “lo stato dei rapporti nella collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia” è “eccellente” con “vantaggio per i singoli e l’intera comunità nazionale”, ha riconosciuto Jorge Mario Bergoglio. Poco prima, Sergio Mattarella, ricordando la sua visita in Vaticano del 2015, aveva sottolineato: “Sappiamo di poter trovare nella Chiesa un valido e utile sostegno”. Quindi, citando Francesco: “La reciproca autonomia non fa venir meno, ma esalta, la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità”.
VENTI MINUTI DI COLLOQUIO PRIVATO E DUE DISCORSI PUBBLICI
Il Papa è arrivato al Colle intorno alle 11, accolto dal Presidente. A scortarlo, anche il primo corazziere di colore, un giovane di origini brasiliane nato in Italia che oggi presta servizio nella “casa degli italiani”, come è tornato a definirla il Capo dello Stato nel suo discorso dopo un incontro privato col pontefice di una ventina di minuti.
Il discorso del Capo dello Stato Sergio Mattarella
IL PRESIDENTE CHIEDE RESPONSABILITÀ ALLE ISTITUZIONI
Nel suo intervento Mattarella ha posto l’accento sulle responsabilità delle istituzioni “per affermare quei valori di centralità della persona, di giustizia, di solidarietà, di condivisione, che sono iscritti nel nostro dettato costituzionale e sono anche alla base di tante manifestazioni della testimonianza della Chiesa Cattolica”. Tra queste responsabilità che “incombono su chi è chiamato a esercitare pubblici poteri”, quello dell’assicurare “che a tutti sia garantito attraverso il lavoro, dignità e riconoscimento di un ruolo nella società”. Nell’intervento, spazio anche per una valorizzazione del ruolo di Papa Francesco nella “costituzione di un fronte comune nei confronti dell’estremismo e del fanatismo, di qualunque matrice esso sia”. Richiamo di fronte al terrorismo che, tra l’altro, “minaccia quotidianamente le comunità cristiane”. Mattarella ha, tra l’altro, sottolineato la responsabilità del rispetto dell’ambiente, rassicurando che l’Italia non ha intenzione di abdicare dall’Accordo di Parigi sul clima. Un accordo, ha voluto sottolineare rivolgendosi al Papa, “concluso soltanto pochi mesi dopo la pubblicazione della sua enciclica” Laudato Si’, sulla custodia del creato.
PER FRANCESCO DIGNITÀ DELLA PERSONA, FAMIGLIA, DENATALITÀ E LAVORO
Non ha pubblicamente parlato di clima Francesco, che ha rivelato di guardare “all’Italia con speranza”. Paese, ha sottolineato, “in cui sono le mie radici”, dichiarandosi grato “verso le generazioni che ci hanno preceduto e che, con l’aiuto di Dio, hanno portato avanti i valori fondamentali: la dignità della persona, la famiglia, il lavoro”. Ha scandito: “Nella Chiesa e nel Cristianesimo, di cui è plasmata la sua ricca e millenaria storia, l’Italia troverà sempre il migliore alleato per la crescita della società, per la sua concordia e per il suo vero progresso”. Da qui l’invito a impegnarsi per “un lavoro stabile e dignitoso” per tutti, la cui assenza, ha ammonito, “non favorisce la nascita di nuove famiglie e di figli”. Ecco così che Bergoglio ha fatto un richiamo forte a una “politica fattivamente impegnata in favore della famiglia”.
PLAUSO ALL’ITALIA SUI MIGRANTI “MA LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE FACCIA LA SUA PARTE”
Non da meno il Papa si è rallegrato “per l’operosa generosità” degli italiani nell’affrontare la crisi migratoria e la recente emergenza terremoto, “espressione di sentimenti e di atteggiamenti che trovano la loro fonte più genuina nella fede cristiana”. Ma dal Quirinale ha richiamato pure ad una “incisiva cooperazione nazionale”, perché dell’immigrazione “poche nazioni non possono farsene carico interamente”.
FRANCESCO E LA POLITICA
Delle vicende politiche interne ad un Paese, Bergoglio, come ha detto lui stesso più volte, “non si immischia”. Ma alla politica ha parlato spesso e con fermezza. Incontrando in aprile i membri dell’Azione Cattolica li ha esortati: “Mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella politica con la maiuscola!”. Coi sui confratelli gesuiti aveva scandito: “Credo che la politica in generale, la grande politica, si sia sempre più degradata nella piccola politica”. Giudizio vieppiù netto il seguito: “Mancano quei grandi politici che erano capaci di mettersi sul serio in gioco per i loro ideali e non temevano né il dialogo né la lotta, ma andavano avanti, con intelligenza e con il carisma proprio della politica”. “La politica – ribadiva – è una delle forme più alte della carità. La grande politica. E su questo credo che le polarizzazioni non aiutino: invece ciò che aiuta, nella politica, è il dialogo”.
ESORTAZIONE ALLA GRANDE POLITICA
Certo non aveva messaggi occulti da inviare ai governanti che lo ascoltavano (presenti, fra gli altri, il premier Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri Angelino Alfano e il sottosegretario Maria Elena Boschi – ma al Quirinale, nella cornice di quella “laicità positiva” richiamata al centro del suo intervento, ha esortato chi ha responsabilità politiche e amministrative. Dai quali, ha detto, “ci si attende un paziente e umile lavoro per il bene comune, che cerchi di rafforzare i legami tra la gente e le istituzioni, perché da questa tenace tessitura e da questo impegno corale si sviluppa la vera democrazia e si avviano a soluzione questioni che, a causa della loro complessità, nessuno può pretendere di risolvere da solo”.
QUINTO PONTEFICE DALLA NASCITA DELA REPUBBLICA IN VISITA ALL’EX RESIDENZA DEI PAPI
Per Francesco era la seconda volta al Colle. La prima fu nel 2013, quando incontrò Giorgio Napolitano. Prima di lasciare il Palazzo ha abbracciato nei giardini bambini e ragazzi delle scuole delle zone terremotate, che ha invitato “ad andare avanti con coraggio, sempre su, sempre su”. Prima di Bergoglio, altri quattro pontefici avevano fatto visita al Quirinale repubblicano: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nell’ex villa estiva dei papi, dopo il 1870 salì una volta (era il 28 dicembre 1939) Pio XII, per ricambiare la visita dei sovrani d’Italia in Vaticano.