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Nigeria, Venezuela, Russia e Honduras. Tutti i dossier più intricati per Papa Francesco

Di Andrea Gagliarducci per ACI Stampa
COMPASSIONE, papa francesco, Figueroa

Le parole che il Papa ha pronunciato di fronte alla delegazione della diocesi di Ahiara sono state rese note dall’agenzia Fides il 9 giugno, e poi dalla Sala Stampa della Santa Sede. Ed è una presa di posizione durissima contro clero e fedeli che hanno rifiutato il vescovo nominato nella diocesi perché di etnia diversa a quella della regione.

Ma quello nigeriano non è stato il solo fronte aperto nella scorsa settimana. C’è stato l’incontro con i vescovi del Venezuela. C’è stato il sinodo dei greco-ortodossi russi che si è tenuto a Roma, e che ha chiesto al Papa di essere rassicurati sulla situazione dei cattolici in Russia dopo le aperture e il rinnovato dialogo con il Patriarca ortodosso Kirill; e c’è stata una delegazione di alto livello dall’Honduras che ha fatto visita al Cardinale Parolin durante la scorsa settimana.

Quello della diocesi di Ahiara, in Nigeria, è il caso più scottante. C’è un vescovo nominato, monsignor Okpaleke, che non solo non è stato accettato dal clero e dai fedeli, ma che è stato costretto ad essere ordinato nella diocesi vicina. L’ordinazione risaliva al 2012, e Papa Francesco ha ereditato la situazione difficile, nominando come amministratore apostolico della diocesi il Cardinale Onayekan, arcivescovo di Abuja.

Il Papa non ha usato mezze parole. “Ho ascoltato – ha detto – e riflettuto molto, anche sull’idea di sopprimere la Diocesi; ma poi ho pensato che la Chiesa è madre e non può lasciare tanti figli come voi. Ho un grande dolore verso questi sacerdoti che sono manipolati, forse anche dall’estero e da fuori Diocesi”.

Quindi, ha sottolineato che “non si tratta di un caso di tribalismo, ma di approriazione della vigna del Signore”, e ha chiesto che “ogni sacerdote o ecclesiastico incardinato nella Diocesi di Ahiara, sia residente, sia che lavori altrove, anche all’estero, scriva una lettera a me indirizzata in cui domanda perdono; tutti, devono scrivere singolarmente e personalmente; tutti dobbiamo avere questo comune dolore”. Una lettera in cui si deve “manifestare chiara obbedienza al Papa”, ci si deve dire disposti ad “accettare il vescovo che il Papa invia”. La lettera deve essere spedita entro il 9 luglio e “chi non lo farà ipso facto viene sospeso a divinis e decade dal suo ufficio”.

Un provvedimento duro – ha ammesso il Papa – che si rende necessario perché “il popolo di Dio è scandalizzato” e “Gesù ricorda che chi scandalizza deve portarne le conseguenze”. Infine, il sospetto: “Forse qualcuno è stato manovrato senza una piena cognizione della ferita inferta alla comunione ecclesiale”.

Il Papa pronunciava queste parole l’8 giugno, in una giornata caratterizzata anche dall’incontro con i vescovi del Venezuela. I vescovi hanno portato al Papa un dossier delle vittime, ma anche un dossier di Caritas che testimoniava, con numeri impietosi, la sofferenza della popolazione (soffrono la fame anche poco più del 10 per cento dei bambini).

Nell’indirizzo di saluto dell’arcivescovo Padron, presidente della Conferenza Episcopale venezuelana, c’era anche il problema della Assemblea costituente, proclamata il prossimo luglio. Le parole dell’arcivescovo Padron al Papa – diffuse dalla Sala Stampa della Santa Sede il giorno dopo – parlavano con forza del rischio della “costituzionalizzazione di una dittatura militare, socialista, marxista e comunista”.

Sul fronte ecumenico, ci sono da registrare gli avvicinamenti al Patriarcato ortodosso di Mosca, sempre più concreti anche grazie alla recente traslazione di una reliquia di San Nicola a Mosca, dove si aspettano 2 milioni di fedeli a venerarlo. Ma, sempre in Russia, c’è un gruppo di Cattolici di rito bizantino che la scorsa settimana si è riunito in un sinodo a Roma. Hanno meno di 30 mila membri in tutto il mondo, ed è la prima volta in un secolo che si riuniscono. Hanno lanciato un appello alla Santa Sede per rafforzare la loro comunità, sebbene non abbiano ancora ricevuto risposta. C’è da dire che la Chiesa Ortodossa in Russia è sempre stata particolarmente sensibile alla presenza di Chiese di Rito Orientale in unione con Roma: un supporto vaticano creerebbe così una reazione negativa del Patriarcato di Mosca.

Sul fronte sudamericano, da segnalare è invece la visita in Vaticano di Ricardo Alvarez, vicepresidente dell’Honduras, con Maria Dolores Aguero, ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale. Sono stati ricevuti in Vaticano dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, e dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario dei Rapporti con gli Stati. Nei colloqui, si è parlato delle diverse iniziative del governo su lavoro, sicurezza nazionale e migranti, ma anche del modo in cui il governo pensa di favorire la partecipazione dei giovani honduregni alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Panama nel gennaio 2019.

(Articolo pubblicato su Acistampa.it)



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