Insieme si perde. Le associazioni dei consumatori, in Veneto, hanno decretato il fallimento delle class action. Sia quelle contro le aziende pubbliche, sia quelle nei confronti delle società private. Nel Nordest, in particolare, alcuni ex azionisti della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca hanno adottato la procedura di costituzione in parte civile. Avvocati e associazioni, però, sulle cause collettive sono ormai rassegnati: «E’ tutto inutile».
Il concetto della class action è semplice: uno contro tanti. L’articolo di riferimento è il 140 bis del codice del consumo, introdotto nel 2009. A partire dall’anno successivo, le class action, in Veneto, hanno riguardato i vaccini, l’inquinamento, l’amianto, il ritardo dei treni, il gioco d’azzardo. Sino al 12 giugno, quando l’associazione consumatori è intervenuta sulle colonne del Corriere del Veneto, le cause collettive hanno raggiunto scarsi risultati: i procedimenti, spesso, vengono chiusi e dimenticati negli archivi dei tribunali.
A denunciare l’inutilità delle class action è stata l’Aduca, l’associazione dei consumatori di cui è responsabile il legale Emmanuela Bertucci. «Si grida spesso alla class action solo perché è una moda, ma noi non le facciamo più», ha spiegato. «Mettere in piedi una causa collettiva e portare avanti le istanze è costoso: basti pensare che, in caso di vittoria contro la pubblica amministrazione o contro un’azienda privata, l’associazione deve pubblicare una pagina d’avviso di vittoria su tutti i giornali nazionali, in modo che i consumatori possano riconoscersi tra i danneggiati, presentarsi all’associazione e veder riconosciuti i propri diritti davanti al giudice. Gli associati», ha proseguito Bertucci, «pagano una quota d’iscrizione all’associazione dei consumatori, ma non basta a coprire le spese e non esiste nessuno che s’immoli per il bene della comunità».
Tra la class action e la costituzione in parte civile c’è una differenza sostanziale: la prima viene promossa dai consumatori contro un disservizio palese, mentre ci si costituisce parte civile di una cerchia ristretta di consumatori che hanno subito un danno in un vero e proprio processo. Lo scorso marzo, l’avvocato trevigiano Sergio Calvetti, che rappresenta oltre 4mila soci e 600 milioni di euro in azioni, aveva annunciato un’iniziativa legale dei comitati che rappresentano i soci della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Calvetti proponeva la costituzione di parte civile nel procedimento penale chiedendo una sorta di tassa d’ingresso da circa 300 euro per attivare la pratica e il 15% dell’eventuale somma recuperata.
«La legislazione sulla class action può avviarla solo il consumatore, quanto agli azionisti delle banche non sono qualificati come consumatori e, in più, hanno casi solo teoricamente omogenei, ma non del tutto, quindi un soggetto non può rappresentare una pluralità di diritti lesi», ha sottolineato Calvetti. Gli avvocati ci provano lo stesso, anche se vincere è quasi impossibile e il guadagno è scarso. Calvetti, per esempio, raccoglie le adesioni di centinaia di persone presentando una singola denuncia all’autorità giudiziaria.
«Questo permette la divisione dei costi per il numero di aderenti e la spesa per ciascuno è minima», ha precisato. Altri legali, invece, scelgono di farsi pagare solo in caso di vittoria. Cosa che accade raramente. «I risultati arrivano se ci sono soggetti solvibili», ha aggiunto Calvetti. «In questo caso, la giustizia ha consentito di ottenere risarcimenti».