La Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono state messe in sicurezza. L’operazione che lo ha reso possibile è complessa e articolata in più passaggi, seguendo lo schema della liquidazione coatta: Intesa Sanpaolo acquista solo la parte buona, la good bank, al prezzo simbolico di un euro, dopo che lo Stato, con soldi pubblici, ha ripulito gli istituti veneti sborsando 5,2 miliardi. In più, lo Stato si impegna a garantire Intesa per ulteriori 12 miliardi (si tratta per lo più di garanzie su crediti).
SOMIGLIANZE…
L’operazione richiama subito alla mente quella con cui, nel novembre del 2015, sono state poste in salvo le famose quattro banche Etruria, Marche, Cariferrara e Carichieti. Anche in quell’occasione, così come avverrà ora con le venete, erano stati sacrificati, vale a dire azzerati, azionisti e obbligazionisti subordinati (il burden sharing). In un secondo momento, poi, sono stati previsti dei ristori, pari all’80%, per i piccoli risparmiatori con in mano bond subordinati. Nel caso delle venete, il copione dovrebbe ripetersi. Si parla però di un rimborso dei risparmiatori al 100% (80% dallo Stato più 20% di Intesa), ma l’operazione presenta ancora contorni poco chiari. Nei primi mesi del 2017, poi, Ubi Banca ha annunciato l’acquisizione di tre di quelle quattro banche, ripulite, ossia Nuova Banca delle Marche, Nuova Banca Etruria e del Lazio e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti, al prezzo simbolico di un euro.
…E DIFFERENZE
C’è tuttavia una differenza che salta subito all’occhio: Ubi, per l’occasione, non ha ricevuto il supporto dello Stato ma ha lanciato un aumento di capitale da 400 milioni, tuttora in corso. E questo perché le tre banche non erano poi così buone come era sembrato e come si era sperato inizialmente. C’è di più. Già nell’operazione con cui le quattro banche furono messe in sicurezza, dividendole, anche in quel caso come in questo delle venete, in una good e una bad bank, non ci fu esborso di denaro pubblico, ma ci fu l’intervento del Fondo di risoluzione, alimentato pro quota dalle principali banche italiane. L’impegno finanziario immediato del Fondo di risoluzione fu di circa 3,6 miliardi in totale.
IL CASO SPAGNOLO
Di recente, con una operazione lampo che si è consumata notte tempo, anche la spagnola Santander ha rilevato al prezzo simbolico di euro il Banco Popular, banca in forte crisi di liquidità. Anche nel caso del Banco Popular sono stati sacrificati azionisti e obbligazionisti subordinati, ma il Santander per sostenere l’operazione lancerà un aumento di capitale di ben 7 miliardi (e questo per coprire di tasca propria le rettifiche sui crediti meno buoni). In pratica, in Spagna si è scelta la strada della risoluzione con le regole del bail-in. In Italia, si è scelto l’escamotage della liquidazione coatta con l’impiego di denaro pubblico fino a 17 miliardi.
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