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Ecco perché il Pd di Renzi non può gioire dopo le amministrative. Tutti i numeri città per città

Renzi

Beppe Grillo ha perso. Una sconfitta netta quella del Movimento 5 Stelle che non va al ballottaggio in nessuno dei 25 capoluoghi che sono andati al voto. È questo il mantra che gli esponenti nazionali del Partito Democratico ripetono sin dalla chiusura delle urne per nascondere le sconfitte del loro partito. Se da un lato, infatti, è vero che il secondo turno sarà una partita soltanto tra candidati di centrodestra e di centrosinistra, è pur vero che analizzando i dati città per città si possono fare delle scoperte interessanti.

Partiamo dalla Liguria, dalla sfida di Genova, quella più importante anche dal punto di vista nazionale. Per la prima volta, dalle comunali del ’64 ad oggi, il Pci-Pds-Ds-Pd, per dirla alla Berlusconi, è sempre stato la prima forza della città e non era mai scesa sotto il 20%. Mai fino ad oggi perché queste amministrative rappresentano un ‘unicum’ nella storia della sinistra del capoluogo ligure. È, infatti, anche la prima volta dal 1993 che il candidato di centrosinistra si trova a dover inseguire quello di centrodestra: Gianni Crivello, col 33,4%, è secondo dietro Marco Bucci, primo col 38,8%.

Anche a La Spezia, la città del ministro Andrea Orlando, governata dagli anni ’70 dalla sinistra, ritorna al ballottaggio dopo 24 anni e per la prima volta il suo candidato parte da una situazione di svantaggio. Paolo Manfredini, col 25%, rincorre, infatti, il candidato di centrodestra Pierluigi Peracchini che ha ottenuto il 32,6%. Non solo. Il Pd si ferma al 15,3% mentre quattro anni fa era al 27,2% e, cioè, aveva 12 punti percentuali in più.

In Piemonte, invece, c’è da segnalare la disfatta di Asti. Qui, il sindaco uscente, Angela Motta, dopo un riconteggio delle schede è arrivato terzo: al secondo turno dunque non va il democrat bensì il candidato dei Cinquestelle, Massimo Cerruti, che sfiderà il candidato di centrodestra, Maurizio Rasero che ha ottenuto il 47,7% dei consensi contro il 15,3% di Motta. Significativa è anche la débacle del Pd che dal 18,8% del 2012 scende al 15,3%.

Una contrazione di 7 punti percentuali si registra anche a Lodi, feudo del vicesegretario Lorenzo Guerini, dove il candidato del Pd, Carlo Gendarini (30, 6%) supera di soli 3 punti la leghista Sara Casanova (27,3%). In questo caso il Pd paga le dimissioni del sindaco uscente Simone Uggetti che è sotto processo in un’inchiesta giudiziaria che riguarda la gestione delle piscine comunali.

Non meno drammatica la situazione in Veneto. A Padova si tornava alle urne dopo le dimissioni del leghista Massimo Bitonci, eletto solo tre anni fa quando aveva vinto al ballottaggio contro il vicesindaco uscente, Ivo Rossi. Se nel 2014 era Bitonci a inseguire, oggi il suo sfidante del Pd, Sergio Giordani, lo rincorre a dieci lunghezze di distanza. Il sindaco uscente, infatti, ha chiuso il primo turno col 40% dei consensi, mentre Giordani si ferma al 29,2%, complice anche la lista di sinistra guidata da Arturo Lorenzoni che ha preso il 22%. A differenza del 2014, poi, si registra per il Pd una perdita di 11 punti e mezzo che passa dal 25% al 13,5%.

Va ancora peggio a Belluno dove il candidato del Pd, Paolo Bello, non solo viene escluso dal ballottaggio, ma arriva addirittura quarto dietro il sindaco uscente di centrosinistra Jacopo Massaro, il candidato civico di centrodestra Paolo Gamba e il leghista Franco Gidoni. Nel 2012 il Pd era al 18% e la sua candidata, Claudia Bettiol, finì al ballottaggio dove perse prendendo solo il 37,3%. Oggi il Pd prende solo l’8,9%, con un calo di oltre il 10%. Anche a Verona la candidata Orietta Salemi, col 22,5%, resta fuori dal ballottaggio dietro alla tosiana Patrizia Bisinella (23,5%) e al candidato di centrodestra, Federico Sboarina, primo col 29,6%.

In Friuli si votava soltanto a Gorizia dove il centrodestra non vince al primo turno per un soffio ma la distanza tra il forzista Rodolfo Ziberna e Roberto Collini del Pd è abissale:49,88% per il primo e 22,68% per il secondo. Nel 2012 il candidato del centrosinistra perse al primo turno ma col 36,6% contro il 51% del sindaco uscente, Ettore Romoli. All’epoca il Pd era al 17%, mentre oggi si ferma all’8,7%

Ha del clamoroso anche il risultato di Piacenza, in Emilia Romagna, dove è avanti la candidata del centrodestra Patrizia Barbieri col 34,8%. Paolo Rizzi, candidato del centrosinistra si ferma al 28,2% col Pd che ottiene il 18,5%. Nel 2012 il sindaco uscente, Paolo Dosi, invece, con il 47% sfiorò la rielezione già al primo turno ed il Pd prese il 26,5%. Brutta flessione anche a Parma dove il Pd passa dal 25% al 14,8%. Quattro anni fa, al primo turno, l’ex presidente della provincia Vincenzo Bernazzoli prese il 39,2%, ma poi perse inaspettatamente. Stavolta Paolo Scarpa è al 32,7%, due soli punti in meno di Pizzarotti, ma pare improbabile che riesca a prendere il suo posto.

In Toscana, il sindaco uscente di Pistoia, Samuele Bertinelli, che nel 2012, aveva vinto al primo turno col 60%, stavolta prende il 37,5% ed è costretto al ballottaggio. Il Pd subisce un tracollo perdendo 10 punti percentuali passando dal 33,7% al 23,2%.

Nel Lazio, il partito di Matteo Renzi manca totalmente di competitività soprattutto a Frosinone dove scende sotto il 10%. Qui, diversamente da quattro anni fa quando il centrosinistra arrivò almeno al ballottaggio, il candidato Fabrizio Cristofari perde contro il sindaco uscente Nicola Ottaviani con un distacco di 30%.

Anche in Puglia il Pd vola basso. A Lecce ottiene solo l’8,5% dei voti, mentre a Taranto l’11,8% con il candidato Rinaldo Melucci che va al ballottaggio col 18%. In Calabria, nel capoluogo Catanzaro, approda al secondo turno anche il candidato Vincenzo Ciconte con il 31%, appoggiato dal Pd che, nel giro di quattro anni scende dal 10,3% al 5,1%.

Non funziona nemmeno l’alleanza di Palermo stipulata con gli alfaniani. La lista Democratici e Popolari, che sostiene il sindaco uscente Leoluca Orlando, non va oltre l’8,6%. Nel 2012 il Pd, da solo, prese l’11,7%.



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