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Rivoluzione in casa Saud, le conseguenze sui mercati del petrolio

Il prossimo re dell’Arabia Saudita sarà Mohammed Bin Salman. Non è solo una manovra di palazzo ma una mossa destinata a cambiare il prossimo futuro del regno dei Saud, dell’intero Medioriente e quindi del mercato dell’energia. Mbs, come lo ha ribattezzato la stampa internazionale, è il grande artefice di “Vision 2030” il piano di ammodernamento del Paese, che punta a staccare l’Arabia Saudita dalla sua dipendenza dal petrolio. Uno shock che il Financial Times ha definito “il più importante piano di riforme della storia dell’Arabia Saudita”.

Il 31enne Mbs è anche l’architetto (in quanto presidente del Consiglio degli affari economici e dello sviluppo, organismo che guida la compagnia) della quotazione in Borsa (la più grande mai vista sui mercati finanziari) di Saudi Aramco, la prima società al mondo per produzione di petrolio e la seconda per riserve accertate. E’ un percorso complicato quello del collocamento in Borsa della Aramco. Nei mesi scorsi lo stesso Salman è stato impegnato in un vero tour de force in giro per il mondo per discutere con la comunità finanziaria internazionale e spiegare bene le ragioni di questo cambio di passo nella politica economica. “Vision 2030” è un progetto rivoluzionario anche sul versante dell’energia rinnovabili per la produzione di energia elettrica. I sauditi sono convinti di poter “integrare maggiormente la propria rete elettrica con i suoi vicini, il che permetterebbe di esportare elettricità in tutta la regione”, spiega Foreign Affairs in un report. L’obiettivo è quello di distribuire 9,5 gigawatt di capacità di energia rinnovabile entro il 2023 e di attrarre tra i 30 e i 50 miliradi dollari di investimenti nelle fonti rinnovabili entro il 2030. Un piano mastodontico accolto con una certa dose di scetticismo anche, perché probabilmente, queste cifre andranno riviste al ribasso a causa del crollo dei prezzi del petrolio e dell’impatto sulle casse dell’Arabia Saudita.

Oltre a ricoprire il ruolo di ministro dell’economia, Mbs è anche ministro della Difesa e responsabile della guerra in Yemen e viene considerato vicino alla dottrina Trump per il Medio Oriente. Molti analisti lo considerano impulsivo soprattutto nelle relazioni internazionali. Gli osservatori più attenti alle vicende mediorentali credono che la sua ascesa sia la premessa di rinnovati tensioni con l’arcirivale Iran. Al momento è difficile pensare a grandi stravolgimenti nella strategia saudita in seno all’Opec. Amrita Sen, Chief Oil Analyst all’Energy Aspects, ha detto all’americana Cnbc che i sauditi hanno bisogno di far di tutto per mantenere in equilibrio il prezzo del barile soprattutto alla luce del collocamento in Borsa di Aramco. Va tenuta sotto osservazione la dinamica dei rapporti tra Rihad e Teheran all’interno del cartello di Vienna per capire se il recente accordo sui tagli alla produzione reggerà. Il ministro petrolifero iraniano Bijan Namdar Zanganeh ha spiegato che si sta consultando con i membri dell’Opec per preparare una decisione per “ulteriori tagli” alla produzione. Gli occhi degli analisti restano fissati sulle prossime mosse saudite che coinvolgeranno l’Iran. E dal rapporto tra i due principali rivali del Golfo che dipende la tenuta dell’accordo sui tagli alla produzione di greggio e quindi delle quotazioni del barile sui mercati.

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