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Tutti gli scaricabarile fra Appendino e Fassino per i conti disastrati di Torino

APPENDINO

Se a Torino non tornano i conti è colpa di Fassino. Lo sostiene la sindaca Chiara Appendino che, passata (si fa per dire) la buriana dopo gli incidenti di piazza San Carlo, deve affrontare un nuovo scoglio: il bilancio del Comune di Torino. La Corte dei conti ha depositato martedì le conclusioni dell’istruttoria aperta sui bilanci 2015 e 2016 di Palazzo civico, certificando una situazione estremamente delicata e paventando l’ipotesi del pre-dissesto. Subito dopo è iniziato il rimpallo delle colpe: la sindaca grillina ha attaccato il suo predecessore, il democratico Piero Fassino, il quale ha ribaltato le accuse sull’amministrazione grillina, incapace, a suo dire, “di assumersi le proprie responsabilità”.

UN BILANCIO COMPLICATO

Dal punto di vista tecnico, i problemi del bilancio di Torino sono numerosi. Tanto per cominciare il Comune per anni ha sovrastimato le proprie entrate. Inoltre, per finanziare la spesa corrente, utilizza introiti straordinari come gli oneri di urbanizzazione e i proventi delle multe, una pratica ben poco virtuosa per i parametri di finanza pubblica. La Corte, pur riconoscendo un “apprezzabile miglioramento della gestione corrente”, certifica nel 2015 “un risultato di amministrazione negativo per 306mila euro”. Traduzione: le casse del Comune sono vuote, e per potersi finanziare Palazzo civico è costretto ad accendere nuovi mutui e quindi a indebitarsi. Proprio sui mutui si gioca una delle partite più complicate, quella dei debiti del Comune nei confronti di Gtt e Infra.to, le partecipate che gestiscono rispettivamente i trasporti e le infrastrutture della metropolitana (qui l’approfondimento di Formiche.net con tutti i numeri). Alle due società il Comune dovrebbe rimborsare oltre 75 milioni, ovvero le rate dei mutui degli ultimi tre anni. L’amministrazione avrebbe voluto considerare quel gruzzolo un debito fuori bilancio e rimborsarlo tramite altri mutui, ma per Corte si tratta di debiti ordinari e dunque vanno saldati nel bilancio corrente. O quantomeno vanno inserite delle coperture. La Corte ha invitato Appendino a “regolare i rapporti pendenti” e a “rideterminare il limite di indebitamento” verso altre società partecipate, fra cui Trm che gestisce l’inceneritore del Gerbido, Fct Holding, che gestisce le partecipazioni comunali, e Farmacie Comunali spa.

APPENDINO: “È COLPA DI FASSINO”

Ferme restando le contestazioni “tecniche” della Corte, si è aperta la disputa sulle responsabilità del Comune. Appendino ha scelto una strategia aggressiva, e ha immediatamente pubblicato su facebook e sul suo blog un post piuttosto duro contro Fassino. “La giunta Piero Fassino ha lasciato al 31 dicembre 2015 il bilancio della Città di Torino in una situazione di squilibrio strutturale: lo sancisce la Corte dei Conti. Cade così, definitivamente, il falso mito di aver lasciato a me e alla mia squadra una città con i conti in ordine. La realtà dei fatti si dimostra molto distante da quanto propagandato fino ad oggi. Ora toccherà a noi l’onere di rimettere i conti in equilibrio. Come prescritto dalla Corte dei Conti, entro il 30 settembre illustreremo il piano con i provvedimenti che dovremo adottare”.

FASSINO: “LEI NON HA FATTO NULLA PER MESI”

Fassino non ci sta, difende il suo operato e affida la sua replica a una nota: “Appendino stravolge ancora una volta la realtà dei fatti – scrive – continua a raccontare cose non vere e ad attribuire ad altri le proprie responsabilità”. L’ex sindaco prosegue: “La Corte riconosce che nel 2014 si è conclusa un’attività straordinaria di riaccertamento dei crediti di difficile esigibilità e se ne è programmato il rientro per quota annuale in 30 anni, applicando correttamente la legge. Appendino fa finta di non sapere che l’esposizione debitoria della città è inferiore a quella del 2011 di oltre 400 milioni e che gli stessi magistrati contabili hanno ritenuto “certamente apprezzabile il continuo miglioramento della gestione corrente” operato dalla giunta Fassino”.

Poi contrattacca: “È trascorso un intero anno di governo della giunta Appendino che ha evidenziato la completa mancanza di una politica delle entrate e – come dice la Corte stessa – nell’ultimo anno è considerevolmente peggiorato l’andamento di cassa ed è aumentato il ricorso al debito. Se oggi l’amministrazione è sotto tutela lo si deve a mesi di inazione e scelte finanziarie senza prospettiva”.

L’IPOTESI PRE-DISSESTO

La conclusioni della relazione della Corte dei conti, a leggere fra le righe, sembrano dare più ragione ad Appendino più che a Fassino. È vero che i magistrati riconoscono che i parametri di “deficità strutturale” dal 2014 sono passati da 4 a 2, ma sottolineano anche che l’anticipazione di tesoreria nel 2015 è continuata a peggiorare e questo sarebbe “il sintomo finale di una tensione che si è realizzata nel passato in plurimi esercizi”. Per la precisione, quindi, i guai contabili di Torino non sarebbero ascrivibili soltanto a Fassino, ma anche – e forse di più – ai suoi predecessori.

La Corte suggerisce tagli e avverte: “Il ritorno a una sana gestione non potrà che essere ottenuto in più anni”. E qui sotto pressione finisce Appendino. Riconoscendo all’amministrazione grillina “attenzione alle indicazioni” ricevute, i magistrati pretendono che ora il Comune predisponga “un articolato piano di interventi valutando anche l’eventuale ricorso a quanto previsto dall’articolo 243 bis del Tuel”. Una circostanza che significherebbe entrare in pre-dissesto, prospettiva quest’ultima assai cupa per l’amministrazione, che imporrebbe ulteriori vincoli a Chiara Appendino.

Appendino si è detta pronta a presentare le sue contromisure, però di tagli non ne vuol fare. La sindaca nelle recenti esternazioni si è mostrata bellicosa. “Ho delle responsabilità nei confronti dei cittadini – ha detto la scorsa settimana direttamente ai magistrati contabili – Non è pensabile ridurre dall’oggi al domani la spesa di 200-300 milioni di euro”.


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