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Cosa succede negli Stati dell’Est Europa

Di Maria Scopece

L’euroscetticismo è il grande tema della politica interna europea. Il consenso, forse più mediatico che elettorale, ottenuto dai populismi euroscettici ha portato anche i partiti tradizionalmente di centro a effettuare virate contestatarie e lontane dal moderatismo. Un’inversione di rotta, nell’Europa occidentale, è stata segnata dalla vittoria di Emmanuel Macron in Francia contro la sua rivale Marine Le Pen, evento che ha dato fiducia alle forze politiche fedeli allo spirito europeista. L’Europa della frontiera orientale, però, continua a parlare un’altra lingua. Il cosiddetto “Gruppo di Visegrad” resta allergico alle pressioni europee e lo scontro è arrivato al calor bianco quando dalla Germania è giunta la richiesta di una equa suddivisione dei migranti tra i Paesi dell’UE. Di questo si è parlato nel convegno “Ai confini dell’Europa: la frontiera orientale dell’Unione”, organizzato dalla Fondazione Ducci presso la Camera dei Deputati e che ha visto come relatori, George Bologan, Ambasciatore di Romania; Hana Hubackova, Ambasciatrice della Repubblica Ceca; Tomasz Orlowski, Ambasciatore della Polonia; Jan Soth, Ambasciatore della Repubblica Slovacca; Lucio Caracciolo, Direttore di Limes e Pier Ferdinando Casini, Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato. “Confrontarsi con i Paesi di Visegrad è fondamentale se vogliamo affrontare la questione dell’euroscetticismo perché sono i più restii a rispettare le regole dell’Unione” – dice a Formiche.net Paolo Ducci, responsabile della Fondazione che ha organizzato il convegno – “L’euroscetticismo va contrastato perché l’Europa unita è l’unica strada percorribile se non vogliamo che il continente europeo diventi un insieme di Stati frammentato e dominato in parte dagli Usa, dalla Cina e dai Paesi arabi. L’elezione di Macron, da questo punto di vista, è una buona notizia. Ora l’approccio degli europei è cambiato. L’Italia deve giocare un ruolo insieme alla Francia e alla Germania nella rifondazione europea”.

CASINI: “L’EUROPA SFRUTTI L’OPPORTUNITÀ DEL DISIMPEGNO USA PER IMPARARE A CAMMINARE SULLE SUE GAMBE”

L’Europa è chiamata a nuove sfide di coesione e di responsabilità anche dalla politica di disimpegno della nuova amministrazione americana. “La politica di Trump segue una linea che in parte avevamo già intravisto nel corso della presidenza Obama, basta pensare al disimpegno progressivo nel Mediterraneo e alla richiesta di un maggior impegno finanziario nella Nato per la difesa europea. L’UE deve trarre da queste problematicità elementi utili per riprendere il destino dell’Europa nelle nostre mani e per camminare sulle sue gambe senza né padrini né padroni” – dice a Formiche.net il Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini – “L’Italia deve essere il paese che spinge a fare una politica del Mediterraneo a livello europeo, cosa che fino ad ora non si è fatta. È il ponte ideale verso il Mediterraneo ma l’Europa deve muoversi, in termini concreti. L’Unione Europea deve supportare anche economicamente lo sviluppo di questi Paesi se noi vogliamo arrestare l’ondata migratoria scomposta che oggi c’è”. Un altro tema scottante per il futuro dell’UE è l’allargamento ad est. Il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker all’inizio del suo mandato ha annunciato uno stop all’allargamento dei paesi baltici per almeno 5 anni. “È sbagliato aver bloccato ogni prospettiva futura di allargamento nei Balcani, perché i Paesi balcanici possono essere un fattore di instabilità enorme per l’Europa o possono concorrere alla nostra stabilità. Le parole di Juncker hanno scatenato un’ondata di frustrazione in tutti i Baldani.” – continua Pier Ferdinando Casini – “Noi dobbiamo dare l’aspettativa di potersi congiungere alla famiglia europea. Se questa aspettativa viene negata favoriamo comportamenti che tutto sono salvo che virtuosi, basti pensare a una islamizzazione fortissima che c’è nei Balcani, ai foreign fighters, ai traffici di armi e droghe in un contesto vicinissimo a noi. Noi dobbiamo consentire che le democrazie di questi paesi si sviluppino coltivando le aspettative di entrare in UE, altrimenti abbiamo fallito”.

NON ESISTONO RISPOSTE NAZIONALI ALLA CRISI MIGRATORIA

“L’UE l’unico continente del mondo che non ha confini – dice l’ambasciatore della Repubblica di Polonia Tomasz Orlowski – L’allargamento ad est è stato un atto di giustizia storica, un atto etico considerando l’Europa è stata divisa per una decisione autoritaria presa senza consultare i popoli. È stato un ritorno all’Europa”. L’espansione della UE ha subito un brutto colpo la scorsa estate quando esattamente un anno fa la popolazione del Regno Unito, con un voto referendario, ha deciso l’uscita della Gran Bretagna. “La Brexit è un fenomeno che ci fa molta paura per il futuro dell’Europa, abbiamo perso un alleato, esigente, duro ma estremamente utile per il futuro della UE. Se pensiamo alla politica di difesa comune il Regno Unito era un alleato indispensabile. Il contributo militare più grande nell’UE non è delle Francia ma del Regno Unito”. A mettere a rischio il futuro dell’Europa però non è solo la Brexit. Il Gruppo di Visegrad, avendo una sensibilità alle imposizioni verticali differente rispetto a quella dei paesi dell’Europa occidentale, ha duramente contestato e si è opposto alle politiche di suddivisione dei migranti che giungono sulle coste italiane, e dunque europee. “Non crediamo che la ricollocazione sia una strada opportuna, non siamo d’accordo con la strada proposta dalla Commissione Europea – prosegue l’ambasciatore di Polonia -. Tra l’altro abbiamo visto che su 170mila profughi ne sono stati ricollocati solo 12mila. Questa non è solidarietà. Per contro sappiamo che non esiste una risposta nazionale alla crisi migratoria ma solo una risposta europea per la quale è necessario un consenso largo. La nostra proposta è quella di favorire lo sviluppo nei Paesi di emigrazione attraverso politiche economiche, climatiche e commerciali”.

L’EUROPA È FORMATA DA 27 PAESI CON 27 SENSIBILITÀ DIVERSE

Jan Soth, Ambasciatore della Repubblica Slovacca, fa eco al collega polacco sul tema dell’accoglienza dei migranti. “Quando parliamo di integrazione e solidarietà parliamo di tanti aspetti. Per esempio la Slovacchia ha aiutato l’Italia dopo il terremoto di Norcia – dice l’Ambasciatore slovacco -. Noi abbiamo accolto 150 rifugiati iracheni e 600 migranti dall’Austria, anche questa è solidarietà. Detto ciò bisogna tener conto del fatto che noi siamo all’interno della stessa Unione ma ciascuno ha la sua storia, abbiamo 27 diverse sfumature, dobbiamo rispettarci nelle diversità. Solo per fare un esempio, i politici occidentali, anche italiani, dicono che siamo una generazione fortunata perché non abbiamo conosciuto la guerra. Ma la mia generazione questo non può dirlo perché la mia generazione ha vissuto la guerra”.

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