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Atac, ecco trambusti, buchi neri e polemiche a 5 stelle

atac, virginia raggi

Il terremoto Atac scuote la giunta capitolina, Virginia Raggi è nuovamente in crisi e il Movimento 5 Stelle, romano e non solo, è in fibrillazione.

LA QUERELLE ROTA-RAGGI
Ad accendere la miccia ci ha pensato il direttore generale dell’azienda trasporti della Capitale, Bruno Rota, con due interviste al Fatto Quotidiano e al Corriere della sera. Rota, manager “nordico” scelto ad aprile dai grillini per guidare Atac, ha denunciato a mezzo stampa il crac dell’azienda, sommersa dai debiti, mal gestita e a quanto pare impossibile da risanare. Non solo: ha fatto intendere che stava studiando un concordato preventivo ma il Campidoglio nicchiava. Parole che hanno fatto infuriare i grillini romani, a partire dall’assessore Enrico Stefàno, che gli ha ribaltato contro le accuse. “Magari in questi primi tre mesi poteva cominciare a dare dei segnali, rimuovere i dirigenti responsabili del disastro o quelli inutili, come lo abbiamo invitato a fare – ha scritto Stefàno su Facebook – Gli abbiamo dato carta bianca per prendere le decisioni più giuste, garantendogli sempre il massimo sostegno. Una occasione unica per agire, che ci domandiamo se voglia cogliere o meno”.
La controreplica di Rota è stata come sale su una ferita, per i grillini. “Più che di dirigenti da cacciare, lui (Stefano, ndr) , e non solo lui, mi hanno parlato di giovani da promuovere. Velocemente. Nomi noti. Sempre i soliti. Suggerisco a Stefàno, nel suo interesse, di lasciarmi in pace e di rispettare chi ha lavorato. Onestamente. Sempre i soliti”. La baruffa si è incentrata anche su Conduent Italia, una società operativa nella bigliettazione elettronica che Stefàno si era premurato di presentare a Rota; ne è nata una disputa anche su questo via Facebook.
Poi è iniziata una sorta di pantomima: Atac ritira le deleghe a Rota. Peccato che il manager si fosse già dimesso, il 21 luglio, e non l’avesse detto per “una questione di correttezza”.

IL COMMENTO DI GIURICIN

Sullo sfondo delle rabberciate polemiche capitoline, restano i problemi veri, quelli dell’azienda trasporti, denunciati senza troppi eufemismi da Rota (che Formiche.net evidenziava già un paio d’anni fa). Dice da tempo Andrea Giuricin, economista esperto di trasporti: “Atac, con le sue perdite continue e il suo debito, non è mai riuscito ad investire in mezzi nuovi. Al contrario di quanto succede a Milano, dove l’azienda riesce invece a fare auto-finanziamento per comprare bus e metro. Avere bus vecchi, come succede a Roma, di fatto provoca un alto tasso di manutenzione dei mezzi pubblici. Di conseguenza c’è un’incapacità di raggiungere gli obiettivi del contratto di servizio e quindi di ricevere tutti i contributi del contratto stesso. Un cane che si morde la coda, dato che Atac è tecnicamente fallita e non riuscirà a fare investimenti. Una situazione insostenibile per i cittadini romani che pagano ogni anno centinaia di milioni di euro all’azienda tramite le tasse e per i turisti che usufruiscono un servizio inaccettabile”.

L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE

Atac è un’azienda allo sfascio e non c’è nessuno – almeno finora – che riesca ad immaginare un modo per risollevarla. Neppure Rota, che pure ben aveva gestito la sua omologa milanese, Atm.
Il disastro dell’azienda trasporti romana è spiegato sul Sole 24 ore di venerdì dal giornalista Fabio Pavesi. Il quale, numeri alla mano, lo scrive chiaramente: “Atac è tecnicamente fallita da almeno un decennio” e i suoi debiti toccano la cifra-monstre di 1,35 miliardi. La storia recente dei bilanci dell’azienda è peggio di un bollettino di guerra. Duecentoventi milioni di perdite secche nel biennio 2014-2015, un buco di 765 milioni risalendo fino al 2011, altri 319 milioni nel 2010 e avanti di questo passo – perdita più, perdita meno – fino al 2003.
Il punto è che, allo stato attuale, questa voragine non ha alcuna possibilità di ridursi, semmai è destinato a ingigantirsi. Il motivo è presto detto: Atac non fa più utile e quindi non solo non può tappare i buchi, ma anzi è “costretta” (non proprio costretta, come vedremo) a indebitarsi sempre di più per poter pagare vecchie pendenze. Di investire, ovviamente, non se ne parla, perché fornitori e creditori bussano alla porta. Solo nel 2016 sono arrivati decreti ingiuntivi per 325 milioni. Poi bisogna saldare i 477 milioni di debiti con il Comune di Roma, che di Atac è socio, e le banche che hanno erogato finanziamenti.

LA SOLUZIONE

Scrive il Sole che “portare i libri in Tribunale e chiedere il concordato preventivo per tenere lontani i creditori pare l’unica cosa sensata da fare, ma non si farà” perché “ragioni politiche lo precludono ancora una volta”.
E qui entra in gioco l’azione di risanamento, quella che in cui Rota ha fallito e con lui, soprattutto, Virginia Raggi. Atac conta 12mila dipendenti: autisti, controllori e “operativi” sono pochi, mentre gli amministrativi sono troppi e l’assenteismo è dilagante. Risultato? Il servizio è scadente, e per di più sui bus di Roma girano poche centinaia di controllori. Quindi moltissimi utenti non pagano il biglietto. Il dato del 2015 è disarmante: a fronte di un fatturato di un miliardo, Atac ha incassato 260 milioni di ticket. Atm, a Milano, arriva al doppio. Il buco va tappato con i contributi del Comune e della Regione, ovvero con le tasse dei cittadini, peccato che questa cifra a Roma superi il 60% dei costi. Troppo. E comunque non abbastanza per mantenere in salute l’azienda.
Ma di chi è la colpa? Per Pavesi della “mezza dozzina di sindaci di tutto l’arco costituzionale e della dozzina di manager che si sono succeduti negli ultimi 15 anni” che avrebbero “osservato da lontano il lento perire di Atac”.

IL CAOS GRILLINO

Vista la situazione, Atac rappresenta un enorme problema politico per il M5S, oltre che economico. Il ritornello è sempre lo stesso, e da un anno a questa parte è risuonato varie volte, soprattutto a Roma. Prima per il caso-rifiuti, poi per la vicenda stadio della Roma, poi per le nomine in Campidoglio: dai grillini ci si sarebbe aspettati un drastico repulisti, che però finora non s’è visto, anzi.
E così Virginia Raggi – che certamente non ha tutte le colpe per il crac – rischia di rimanere quella col cerino in mano, di essere ricordata come la sindaca del fallimento della più grande azienda di trasporti d’Italia, malgrado le responsabilità profonde siano da condividere fra tutti i partiti (o quasi). Per Grillo e Casaleggio è un problema serio, specie a ridosso della campagna elettorale, e fra i grillini del Campidoglio il clima è rovente. La riconsegna alla sindaca delle delega alle politiche abitative da parte dell’assessore Andrea Mazzillo, fino a ieri considerato un fedelissimo della Raggi, è il segnale che qualcosa, nel M5S, scricchiola. “Le decisioni sono adottate centralmente, senza alcun confronto con l’assemblea che spesso e volentieri viene tenuta all’oscuro – ha detto Mazzillo a margine della sua decisione – Molti assessori non hanno alcun rapporto con gli eletti”. Un messaggio che non può non suonare sinistro, all’orecchio di Virginia Raggi.


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