Rimango perplessa, molto perplessa e anche sufficientemente arrabbiata dopo aver visto le immagini di una compulsiva folla che inneggiava all’idolo rocchettaro, Vasco Rossi.
So che rischio di essere considerata fuori dal mondo, ma io nella mia presunzione di non completezza, mi sono sentita meglio fuori dal prato del raduno, piuttosto che dentro alle transenne. Non c’è dubbio, che nella storia questi raduni capitanati da leader luccicanti e trasgressivi sono ricorrenti e inevitabili, così per la politica come per la musica, tranne poi rimanere famosi più per i comportamenti scapigliati che hanno innescato che per i valori che hanno promosso. Non c’è dubbio che oggi viviamo un tempo di inquietudine e il futuro mette paura, ma nella storia del mondo è sempre stato così: non si è mai stati sicuri come ci si credeva, con crolli improvvisi e imprevedibili, sia perché non abbiamo mai saputo, e tutt’ora non sappiamo, quanto sia davvero migliore il presente, cosa per esempio subito dopo la guerra, ritenuta sicura dai nostri genitori e nonni.
Si sono perdute le diverse ideologie degli anni sessanta con l’utopia e anche la presunzione che tutto era possibile, che un mondo nuovo iniziava allora e con esso anche l’avvento di un uomo nuovo, ma Giovanni Paolo ci ha insegnato e ancora oggi è bene ricordarlo – che il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell’odio. Dunque fermiamoci un tempo utile per pensare: dobbiamo dire che lo sappiamo fare tutti molto poco, compulsivi come siamo, pseudo attori del nostro presente, protagonisti di uno spazio concessosi che controlliamo freneticamente mentre il tempo, il futuro ci sfugge e appare non dipendere da noi.
Dunque fermiamoci a guardare in profondità i problemi e cercare di farlo non in una prospettiva immediatamente legata a qualche obiettivo, al risultato, al guadagno, alla ricerca, serve tempo per capire da che parte indirizzare la nostra vita e la nostra ricerca, per rendersi conto, per discernere se è possibile fare qualcosa e cosa, per trovare le motivazioni profonde senza le quali ci si disperde e si diventa disponibili a tutto, perdendoci e consolandoci dentro ad una folla di solitudine che ha bisogno di una voce rauca di un rocchettaro per sentirsi persona. Ci possiamo aiutare a capire come tenere sempre l’uomo al centro e cosa, e dunque a scegliere, rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane. “Fatti non fummo per vivere come bruti”