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Come andare in forcing sulla Difesa europea

difesa

“Costruire la Difesa europea è un appuntamento con la storia. Ora o mai più”. Con queste parole il ministro italiano della Difesa Roberta Pinotti si è espressa al Centro studi americani in occasione della presentazione del libro Difendere l’Europa organizzata in collaborazione con Airpress. Un libro che con dati e analisi spiega come sia non solo necessario, ma anche possibile e auspicabile, mettere in piedi un progetto europeo di Difesa comune. A condividere l’idea che l’Europa debba dare slancio alla Difesa comune c’era anche Walter Russell Mead, professore di Relazioni internazionali al Bard College di New York.

OPPORTUNITÁ ECONOMICHE

In ballo non ci sono solo questioni di stampo prettamente militare e di sicurezza – non certo irrilevanti considerate le numerose sfide che l’Europa di trova ad affrontare, dalle migrazioni al terrorismo, dalla sicurezza cyber alla difesa dei confini est. Anche le ricadute economiche e l’aumento della produttività in diversi settori, infatti, fanno parte del discorso. Analizzando il caso Italia, nel libro si legge che “per ogni euro di valore aggiunto nel settore D&S vengono generati ulteriori 1,7 euro nel sistema economico e per ogni occupato nell’industria della D&S sono necessari altri 2,4 posti di lavoro nella filiera e nell’indotto”.

TRA BREXIT E RUOLO NATO

Tuttavia, gli interessi e le dinamiche di settore sono certamente complessi e rendono il percorso accidentato. Da una parte ci sono le resistenze nazionali – politiche e industriali – che rallentano la creazione di una Difesa comune, dall’altra c’è la necessità di conciliare il progetto europeo con le prerogative dell’Alleanza atlantica – in termini geopolitici e di dotazioni. E in tutto ciò si inseriscono anche alcune criticità come quelle della Brexit che, come ricordato più volte durante l’incontro, potrebbe sì dare stimolo a una maggiore integrazione europea nel settore, ma anche richiedere maggiore impegno visto che con la Gran Bretagna esce dal bilancio europeo una fetta rilevante di fondi per la Difesa.

IL VALORE DEGLI INVESTIMENTI IN DIFESA

Secondo il ministro “c’è una sfida politica che deve essere portata avanti. Se crediamo al fatto che l’Europa debba esistere, è arrivato il momento di darsi un obiettivo comune; e il settore della Difesa è certamente il più maturo, comprensibile e su cui si può camminare sin da subito”. Ma c’è un aspetto che non può essere sottovalutato, ed è quello dell’informazione. Far capire all’opinione pubblica il valore effettivo degli investimenti che si fanno in Difesa è cruciale per dare slancio al settore e coinvolgere l’intero sistema in questa corsa verso la storia. “In questi anni qualcosa in Parlamento è cambiato – ha ricordato il ministro Pinotti – e credo che questa volta dei passi avanti saranno fatti, c’è una nuova determinazione politica. Ma la volontà politica non può essere limitata al ministero della Difesa”.

IL RISCHIO POPULISTA

Andare avanti nel progetto di Difesa europeo può diventare propedeutico anche a miglioramenti in altri settori, come ad esempio quello dell’immigrazione, che tanto preoccupa il nostro Paese. Se si arena il progetto, il rischio, come ricordato dallo stesso ministro, è quello di vedere un avanzamento delle ondate populiste, pericolose per l’Italia e per l’Europa intera.

L’ANALISI DEGLI AUTORI

Gli autori del libro – Lorenzo Pecchi, Gustavo Piga e Andrea Truppo – sono concordi sull’urgenza di una Difesa comune europea. Come ricordato da Gustavo Piga, nonostante esista ancora una netta preponderanza dell’occidente in termini di spesa militare (in valori assoluti), c’è ancora una grande differenza tra la spesa Usa e quella europea. Una su tutte, la spesa militare per addetto che in Europa è di circa 23mila euro, a fronte dei 102mila degli Stati Uniti. In altre parole, l’Europa spende meno e peggio degli Usa.
Ma c’è un altro problema che affligge l’Ue e ostacola la sinergia e l’integrazione: la frammentazione del mercato della Difesa. “A partire dagli anni 80 il mercato si è trasformato – ha puntualizzato Andrea Truppo. Grossi gruppi industriali si sono aggregati, ma a differenza degli Stati Uniti, in cui c’è stato un processo controllato e voluto per garantirsi la supremazia tecnologica, in Europa il processo è stato incompleto, avvenuto su base nazionale e con relativo rafforzamento dei monopoli locali”.
Da qui la proposta avanzata dagli autori che, sintetizzata da Lorenzo Pecchi, parla della creazione di un fondo per la Difesa finanziato da bond e che raggiunga i 600 miliardi di euro (come il Fondo salva-Stati). L’obiettivo sarebbe duplice: arrivare in dieci anni a una spesa militare dell’Unione che tocchi il 2,5% del bilancio (0,5 punti percentuali in più rispetto agli obiettivi Nato) e creare uno strumento di governance della Difesa europea.

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