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China Mobile, Lenovo, Huaxin e Alibaba pronti per la nuova rivoluzione high tech

Cina, high tech

China Mobile, Lenovo, Huaxin e Alibaba: sono questi i quattro moschettieri dell’hi-tech cinesi destinati a crescere ancora e condizionare il mercato dell’high tech revolution, almeno a leggere la rivista della Bocconi viaSarvatti 25 che dedica la cover story proprio ai giganti tecnologici di Pechino.

Una storia che dà il segno della grande vitalità cinese, di come in pochi anni i telefonini e non solo sono diventati quasi tutti made in china battendo o, meglio surclassando la concorrenza giapponese o americana. Una storia comunque recente, basta ricordare che l’acquisto di Motorola da parte di Lenovo è del 2014: per 2,9 miliardi di dollari il gruppo cinese rilevò lo storico marchio americano e, a quanto pare, il rilancio è già nei fatti visto che il brand Motorola è ritornato con forza nel mercato con prodotti di alta gamma sempre più ricercati dai consumatori.

Ma anche China Mobile è sempre più presente nella scena internazionale con investimenti massicci, basta ricordare il miliardo di dollari speso in società di telecomunicazioni in Pakistan e in Thailandia, oppure l’investimento europeo di China  Huaxin che ha acquistato l’85% della francese Alcatel. Tra i big certamente c’è Alibaba che da portale di e-commerce è sempre più desideroso di diversificare il proprio portafoglio che ha speso 220 milioni di dollari per una partecipazione del 20% nell’applicazione video mobile di Tango per un’operazione che Forbes ha descritto come “strategica e fondamentale per il gruppo guidato da Jack Ma” che, non a caso non resta inchiodato al business dell’hi-tech ma, come ha raccontato anche Formiche.net, ha partecipato ad un round di raccolta fondi di 250 milioni di euro per entrare in Lyft, il servizio di trasporto automobilistico concorrente negli Usa a Uber.

“Le motivazioni che hanno spinto le aziende cinesi ad incrementare di oltre 40 volte i loro investimenti esteri tecnologici sono molteplici” – scrive Elisabetta Marafioti, ricercatrice dell’Università Bocconi – “innanzitutto la ricerca di risorse che nel loro Paese mancano, tra cui quelle naturali, le tecnologie avanzate e anche i forti sistemi giuridici e la tutela dei dirirtti di proprietà che riescono a trovare nei paesi avanzati. Le aziende cinesi con tecnologia all’avanguardia possono scegliere di sviluppare all’estero nuovi brevetti, per bypassare il sistema cinese di tutela di diritti di proprietà intellettuale”.

Insomma lo sbarco dei cinesi in Europa e non solo è per impossessarsi di quella tecnologia e di quelle normative giuridiche a tutela dei brevetti che poi sono latitanti proprio a Pechino e dintorni. Perché quando acquistano all’estero le impresi cinesi rilevano importanti partecipazioni nelle società straniere e di fatto accedono a nuovi mercati spesso anche investendo anche relativamente poco rispetto all’ingente disponibilità finanziaria.

Per questo c’è chi in Europa, l’ultimo in ordine di tempo è stato il presidente francese Emmanuel Macron come ha raccontato Formiche.net, vorrebbe creare una sorta di scudo agli investimenti cinesi salvaguardando le aziende nazionali in determinati settori sensibili, tra cui certamente quello delle telecomunicazioni che sono anche fonte di dati personali di chi usa i servizi offerti dalle società.

Il dibattito è aperto ma di certo i quattro moschettieri cinesi non sono disposti a fermarsi, anche perché chi si ferma nel settore dell’information technology è di fatto morto.


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