Skip to main content

3 verità (e 3 bugie) su migranti e profughi

rifugiati, Frontex, migranti

Il problema dell’immigrazione sta dividendo l’Italia e l’Europa, e questa divisione sembra poggiare su argomentazioni assai fragili.

L’argomentazione morale. Aiutiamo i poveri. Quali? Tutti? Alcuni? Non sembra peraltro che stiamo aiutando una gran parte di quelli che ci è dato vedere o incontrare. In breve, stavano meglio nelle loro terre di origine che nelle stazioni ferroviarie, nelle giungle urbane, dentro alle violenze e alle costrizioni quotidiane. Sono stati trascinati da neo-schiavisti in avventure infernali con miraggi paradisiaci; sono corse e stanno correndo masse enormi di soldi, che non sono andate ai poveri, ma a mediatori, a mediatori dei mediatori, a burocrati, a gente del malaffare e a un nuovo banditismo. Qualcuno può negare che le cose stiano così? I poveri non si aiutano in questo modo.

L’argomentazione politica. Il mondo deve essere sempre più aperto al “confronto” di culture e di genti, a “integrazioni”. Sembra un argomento retorico talmente è ovvio. Ma bisogna capire cosa si intenda per “confronto” e “integrazione”;  quando sono imposizione, sottomissione, necessità, non sono fenomeni accettabili (come non lo furono le colonie, di converso). Mentre fu, per esempio, confronto e integrazione la sofferta emigrazione italiana in regioni del mondo che la richiedevano e che la ricevevano, secondo procedure stabilite dai Paesi ospitanti, e note a chi partiva. La reciproca comprensione e integrazione dei popoli può e deve avvenire senza invasioni o violenze organizzate, senza infami commerci delle genti. La difesa e l’orgoglio degli Stati e delle loro culture non è nazionalismo, ma coscienza dello Stato di diritto, faticosamente conquistata e ancora da conquistare in millenni di storie dei popoli.

L’argomentazione socioeconomica. Ci sono lavori che i cittadini del benessere non vogliono più fare (mentre gli immigrati li accettano); i contributi sociali di questi lavoratori contribuiscono a mantenere in vita il sistema pensionistico dei Paesi ricchi. Il primo argomentare ha un vago senso di neo-schiavismo; la verità è che i lavori faticosi e umili vengono pagati poco e quindi i “ricchi” non vogliono farli; se le retribuzioni aumentassero o lo Stato, per esempio, provvedesse a fare servizi sociali (come in molti Paesi del nord Europa), lasciati invece sulle spalle dei cittadini, anche le disponibilità del lavoro indigeno aumenterebbero. Il secondo argomentare è curioso; ogni pensionato è convinto di aver versato contributi per tutta la sua vita lavorativa, al fine di garantirsi una sua pensione (non a una pensione pagata da altri). Ora viene spiegato che i contributi dei lavoratori odierni servono a pagare le pensioni di oggi; un movimento di cassa insomma; non un “sistema assicurativo” di Stato, in barba a tutte le regole della matematica attuariale. Cioè l’assicurazione di Stato sulle pensioni, basata sui contributi dei lavoratori è fallita; non esiste più; c’è solo una cassa-continua, con entrate probabili e uscite certe. Ed è su questa “certezza” delle uscite che chi gestisce le pensioni sta cercando di racimolare risparmi, diminuendola; forse gli immigrati versano contributi, ma poi non matureranno il diritto alla pensione; e quindi i loro contributi potranno essere utilizzati per pagare altre pensioni. Siamo alla frutta sia in senso tecnico-scientifico, che in termini di politica sociale.

E poi la ciliegina sulla torta: abbiamo bisogno di immigrati anche per motivi demografici. Cioè abbiamo bisogno di “torelli da monta”, per avere nuovi cittadini e nuovi bambini e aumentare così la popolazione. La crescita o decrescita della popolazione, come noto, dipende prevalentemente dallo Stato economico e sociale di un Paese e dalle sue scelte. In un Paese ricco i figli costano caro e quindi sono più “rari”(e ancor più rari quando il Paese ricco è in recessione). Il costo di un bambino dipende molto dallo Stato; e lo Stato può anche scegliere di non pagare quel costo, ma di spendere eguali o più risorse per “comprare” nuova popolazione; lo dica, senza inventarsi nuove teorie demografiche. Oltretutto non sta scritto da nessuna parte che la popolazione debba aumentare (o diminuire): negli ultimi tempi tendono a prevalere le tesi del controllo delle nascite.

Non sembra infine che l’Europa si opponga all’immigrazione; si oppone alla “immigrazione economica” selvaggia. Salva innanzitutto i rifugiati politici (una volta erano solo pochi Paesi che garantivano questa ospitalità; ora sono quasi tutti); per gli altri chiede procedure certe e compatibili con una accoglienza civile, e non barbara, e non schiavistica, e non “business oriented”, per dirla alla moda (ed è soprattutto su questo che polemizza con l’Italia).

Questa è la realtà. Cosa fare? Chi è pagato per prendere decisioni lo faccia e faccia sapere con chiarezza quali sono le scelte. Il lasciar correre è diventato ormai pericoloso e anche un pò delinquenziale.



×

Iscriviti alla newsletter