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Perché il cardinale Müller è stato licenziato dall’ex Sant’Uffizio? Ipotesi, analisi e scenari

Gerhard Ludwig Müller

La notizia principale dopo il licenziamento del cardinale Gerhard Ludwig Müller, che a partire da oggi non è più il capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, ovvero l’ex Sant’Uffizio, è la decisione del porporato – contrariamente a quanto si rumoreggiava nelle prime ore – di non ritornare a Ratisbona, in Germania, da dove Benedetto XVI lo portò in piazza del Sant’Uffizio. Ma di rimanere a Roma dove – ha dichiarato in un colloquio con la Allgemeine Zeitung – ha ancora “abbastanza da fare”. “Condurrò lavoro scientifico, svolgerò la mia funzione di cardinale, sarò attivo nella cura delle anime”, ha specificato Müller.

LE PAROLE DEL CARDINALE MULLER IN SEGUITO AL LICENZIAMENTO
Dopo il colloquio con il Papa, in cui ha appreso del suo mancato rinnovo, il porporato tedesco si è detto “sorpreso, ma non irritato” dalla decisione, sottolineando di “essere il primo a cui questa prassi è stata applicata”. Considerando la vicinanza del pensiero teologico di Müller con quello di Benedetto XVI (qui la presentazione di uno dei suoi ultimi libri,”Indagine sulla speranza”), l’affermazione pare in qualche modo attestare una forma di continuità con le stesse dimissioni di Ratzinger, anch’esse capitolo inedito nella storia della Chiesa. Anche se il vaticanista Andrea Tornielli su La Stampa smentisce in maniera indiretta questa analogia, notando che “cambiamenti ai vertici dei dicasteri alla scadenza del quinquennio non sono una novità”, citando la rimozione, ad opera di Ratzinger nel 2006, del cardinale Crescenzio Sepe da prefetto della Congregazione di Propaganda Fide.

LA POSIZIONE DEL CARDINALE TEDESCO E LE OPINIONI DI SCONTRO CON IL PAPA
Müller è stato più volte identificato come oppositore di Papa Francesco per via della sua “linea dottrinale conservatrice”, in particolare per quanto riguarda la morale familiare e rispetto alle aperture di Bergoglio sul tema dei divorziati risposati, rinvenute in particolare nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. Lo storico Alberto Melloni sul quotidiano Repubblica arriva ad associare direttamente al licenziamento del cardinale le parole pronunciate dal Papa in un’intervista, in cui afferma che “quando c’è un chiodo non bisogna battergli sulla testa ma aspettare che venga il tempo a levarlo”. Ciò nonostante lo stesso Müller ha più volte cercato di non marcare troppo questa presunta distanza, mettendo in risalto la fedeltà al Papa nello svolgimento del suo compito di “strutturare teologicamente il papato” – come affermò in un’intervista al quotidiano francese La Croix – pur manifestando una linea autonoma di pensiero, a volte non in totale adesione con quella di Bergoglio.

LA LETTERA SULLE IRREGOLARITÀ DEL SINODO E LA TENTATA MEDIAZIONE CON I FIRMATARI DEI “DUBIA”
Firmando ad esempio nel 2015 la lettera dei tredici cardinali – trapelata in pubblico, creando così un certo imbarazzo – in cui si denunciavano delle irregolarità nello svolgimento del Sinodo sulla famiglia che avrebbero favorito la prevalenza delle posizioni più progressiste, ma tentando allo stesso modo di porsi come mediatore tra i quattro firmatari dei “dubia” e il Santo Padre. Nella sostanza, però, ciò che traspare è la figura di “uno specialista esterno” più che “di un ministro del governo di Francesco”, come scrive Carlo Marroni su Il Sole 24 ore. E come si percepisce anche in un’intervista rilasciata a Il Timone dove Müller parla di “confusione interpretativa”, sostenendo tuttavia che “non è Amoris Laetitia ad aver creato confusione”, e che “non comprendere il magistero sul matrimonio non è una buona scusa per cambiarlo”. C’è da dire però che il tedesco nutre ottimi rapporti anche con personaggi non proprio riconducibili alla linea che gli viene attribuita, come il peruviano Gustavo Gutiérrez, padre della teologia della liberazione, con cui ha scritto un libro a quattro mani intitolato “Dalla parte dei poveri”, in seguito del quale ha pubblicato nel 2014 un testo intitolato “Povera per i poveri”, con la prefazione dello stesso Papa Francesco.

LA NOMINA DEL GESUITA FERRER CHE PER ALCUNI “SPIAZZA E RASSICURA I CONSERVATORI”
E nonostante alcuni opinionisti di sponda più tradizionalista, come ad esempio Roberto De Mattei su Il Tempo, abbiano fin da subito parlato di una “sfida aperta ai conservatori”, la scelta di sostituire Müller con il gesuita Luis Francisco Ladaria Ferrer (qui l’approfondimento di Formiche.net), ovvero il “numero due” del dicastero, finisce per “spiazzarli” e allo stesso tempo “rassicurarli”. De Mattei nella sua analisi sostiene, in maniera sferzante, che al Papa non importa “l’ideologia dei collaboratori, ma la fedeltà al suo piano di ‘riforma irreversibile’ della Chiesa”.

IL DISSIDIO CON L’IRLANDESE VITTIMA DI ABUSI MARIE COLLINS
Quindi non si tratterebbe propriamente di una divergenza dottrinale, ma tutt’al più di qualcosa che assomiglia a un dissidio personale, come ipotizza il vaticanista americano John Allen. Anche se l’ipotesi che circola più insistentemente è quella di un malfunzionamento del dicastero presieduto da Müller, o al limite di una sua eccessiva sovraesposizione mediatica, dovuta dal fatto che la Congregazione per la dottrina della Fede detiene la titolarità delle competenze giudiziarie sulle questioni inerenti i reati di pedofilia e abusi sessuali, le stesse che hanno portato l’irlandese Marie Collins a scontrarsi proprio con Müller, accusandolo di non facilitare il processo di giustizia verso le vittime, e finendo per trascinare la vicenda ampiamente sotto i riflettori.

IL VATICANISTA VALLI E GLI “SGARBI” DEL PAPA AL PORPORATO
In quell’occasione Müller, scrive sul suo blog il vaticanista Aldo Maria Valli, replicò a tono dicendo che “bisognerebbe finirla con il cliché del Papa che vuole le riforme e della curia che rema contro”, facendo intuire anche la possibilità che il cardinale abbia in qualche modo pagato la grande fiducia che l’opinione pubblica nutre verso la figura di Francesco. Anche se pare che il porporato tedesco, stando alla ricostruzione di Valli, in alcuni frangenti sia stato “trattato incredibilmente male”, in particolare nella mancata consegna di una copia di Amoris Laetitia per una revisione dottrinale, oltre ad aver visto in diverse occasioni citare da Bergoglio, come suo riferimento, il cardinale Christoph Schönborn. O nel caso della rimozione “in tronco” di tre officiali della congregazione per la Dottrina della fede, “senza un motivo preciso e senza che il prefetto potesse dire la sua a difesa dei collaboratori”, uno dei quali “punito semplicemente in base a una delazione”. Vicenda che Müller indica come uno dei maggiori rammarichi dopo il suo licenziamento: “Erano persone competenti”.

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