Giovedì scorso sul Sole compariva un’intervista a Paolo Petrignani (nella foto con Alessandro Penati), amministratore delegato di Quaestio Sgr, gestore di Atlante ed Atlante 2, a commento della conclusione positiva dell’operazione MPS, con acquisto della tranche junior e mezzanina della maxi cartolarizzazione di sofferenze della banca senese. L’intervista lascia un senso di vertigine indotto dall’impressione di trovarsi in un universo parallelo dove Orwell si sarebbe trovato comodo come sul divano di casa. Ad esempio, l’apertura compiaciuta: “E’ stato un percorso molto accidentato, ma ora possiamo dire di avere chiuso una delle più grandi cartolarizzazioni in Europa e di averlo fatto a condizioni di mercato“.
Ecco, condizioni di mercato. Interessante. Pronta l’obiezione dell’intervistatore, Luca Davi: ed altrettanto pronta e strutturata la risposta di Petrignani. Partiamo da Mps. Atlante 2 compra gli Npl del Monte al 21% del valore lordo. Lo scorso dicembre eravate disposti a pagare il 27%. Cosa è accaduto nel frattempo?
“Anzitutto il portafoglio non è esattamente sovrapponibile al precedente, perché nel frattempo è stata assorbita dalla banca la cassa che era frutto del recupero avviato fino a quel momento. In secondo luogo, il portafoglio è invecchiato e quindi è inevitabilmente peggiorato. In ultimo abbiamo dovuto tenere conto degli obiettivi dei fondi con cui abbiamo trattato fino all’ultimo. Rimane il fatto che quel prezzo è stato richiesto peraltro da Bce“.
Un attimo. Premesso che la prima motivazione può starci perfettamente, quando parliamo di “obiettivi dei fondi con cui abbiamo trattato fino all’ultimo”, vogliamo semplicemente dire che per questi fondi il “prezzo di mercato” era inferiore. Ed infatti Fortress ed Elliott se ne sono andati perché ritenevano che il prezzo a cui rilevare le sofferenze fosse troppo elevato.
Ma a parte ciò, sarebbe interessante comprendere che vuole dire mettere nella stessa argomentazione l’espressione “condizioni di mercato” e “prezzo richiesto dalla Bce”. Petrignani prova a spiegare: “Francoforte ha chiesto che fosse mantenuto quel livello per ragioni di equilibrio patrimoniale della banca. Scendere al di sotto era impossibile“.
Scendere al di sotto avrebbe significato l’esigenza di più soldi pubblici per la ricapitalizzazione precauzionale, la riapertura del negoziato con la Commissione europea ed il rischio (o la certezza) che il tempo finisse con l’uccidere la banca, come accaduto con le due venete. Ma, ancora una volta: se questa voce dal sen fuggita è vera, parlare di “condizioni di mercato” è ridicolo. Parliamo invece del prezzo minimo di equilibrio per non fare il botto. Ma anche così, Quaestio è fiduciosa: “A questi valori ci attendiamo tuttavia un tasso di rendimento compreso tra l’8 e il 12%. E comunque rendimenti sopra il 12% verrebbero retrocessi per il 50% a Mps. Un rendimento che è più che apprezzabile anche se bisogna calcolare che è insito un alto livello di rischio di execution. Basta una diminuzione del 10% dei recuperi perché i rendimenti siano azzerati. I fondi chiedono rendimenti ben superiori per tenersi un buon margine in caso di imprevisti. Infatti Fortress ed Elliott se ne sono andati”.
Ogni compratore ha un obiettivo di rischio e rendimento: il “mercato” nasce lì. Quanto all’iniziale ambizione di Alessandro Penati di fare di Atlante il market maker degli Npl in Italia, il suo a.d. la vede diversamente:
“Il nostro intervento serviva a far partire il mercato, ma era irrealistico che funzionasse a prezzi troppo fuori mercato. C’era troppa attesa su Atlante. Col tempo si è capito che invece servono operazioni di mercato benchmark, come è accaduto per Mps, che siano apripista per altre operazioni“.
L’unico punto, dottor Petrignani, è che il mercato non doveva partire perché già esisteva, ma i prezzi non piacevano a lorsignori. E quindi, via con bislacche teorizzazioni di “fallimenti di mercato”, “mercato degli Npl di tipo oligopolistico” e quant’altro. Non so se avete notato, ma Petrignani dice che i portafogli di sofferenze che invecchiano tendono a deprezzarsi. Almeno secondo lui, e per giustificare il taglio del prezzo di acquisto delle sofferenze Mps da un anno all’altro. Se le cose stanno in questi termini, bisognerà informare i nostri eroi, quelli che “col tempo il valore di recupero delle sofferenze aumenta, serve capitale paziente”.
Il problema è che Atlante 2 ha svolto la sua missione istituzionale: rilevare le sofferenze ad un prezzo tale da far combaciare le dimensioni delle tranche della cartolarizzazione con l’importo della ricapitalizzazione del Tesoro. Il prezzo è stata la variabile chiave ed al contempo quella definita in via residuale rispetto all’esborso pubblico. La sorte è stata benevola, perché se non ci fosse stato il fallimento delle due venete, Atlante 2 non avrebbe avuto i soldi per comprare la tranche junior e quella mezzanina, e quel prezzo lo avrebbero fatto i privati “veri”, causando il crollo dell’operazione e mettendo a rischio la sopravvivenza anche di Mps.
Archiviamo questa operazione di sistema. Tutto il resto sono patetici alibi, incluso il prezzo di mercato che non lo era, la Bce che impone sempre qualcosa, e la fantascientifica missione di Atlante 2.
(Estratto di un articolo pubblicato su Phastidio.net)