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Ratzinger, Meisner, Müller e il tweet bergogliano di Melloni

PAPA BENEDETTO XVI JOSEPH RATZINGER

Torna a parlare Joseph Ratzinger. Lo fa in un omaggio, letto per lui dall’arcivescovo Georg Gänswein, sabato mattina ai funerali dell’amico Joachim Meisner. Un discorso che esprime tutto l’affetto di Benedetto XVI per l’ex arcivescovo di Colonia. Con parole che in molti passaggi richiamano all’attualità del dibattito nella Chiesa. E non solamente perché Meisner era uno dei quattro cardinali che hanno manifestato a Papa Francesco i loro dubia a proposito di Amoris Laetitia.

“SERVONO VESCOVI CHE SAPPIANO RESISTERE ALLO SPIRITO DEL TEMPO”

Scrive Ratzinger di Meisner: “Sappiamo che per lui, pastore appassionato, fu difficile lasciare l’ufficio, proprio in un momento in cui la Chiesa ha bisogno di pastori convincenti, che sappiano resistere alla dittatura dello spirito del tempo e sappiano vivere con fede e ragione”. Spirito del tempo – Zeitgeist nell’originale tedesco – è lo spirito mondano (per dirla con un aggettivo tanto utilizzato da Benedetto quanto da Francesco). Spirito che trionfa nella “dittatura del relativismo”, denunciava Ratzinger nel 2005, alla vigilia del Conclave che lo elesse Papa.

“LA BARCA DELLA CHIESA PIENA FIN QUASI A CAPOVOLGERSI”

C’è un paragone ancora più diretto tra le parole di oggi e l’omelia dettata alla missa pro eligendo pontifice di allora: l’immagine della barca. Riferendosi a Meisner, sotto le volte del duomo di Colonia è risuonata la frase: “Ha vissuto in questo ultimo periodo della sua vita sempre di più la certezza profonda che il Signore non abbandona la sua Chiesa, anche se a volte la barca si è riempita fino quasi a capovolgersi”. Dodici anni fa descriveva la “piccola barca del pensiero di molti cristiani… non di rado agitata” dalle onde delle mode ideologiche. Per il Ratzinger 2005 la barca era agitata. Oggi dipinge un quadro più drammatico. La mareggiata si è trasformata in bufera che quasi “capovolge” la barca. Nessun tono apocalittico. Conferma, Benedetto, la certezza “che il Signore non abbandona la Chiesa”. Aveva detto il 28 giugno, ricevendo i nuovi cinque cardinali insieme a Papa Francesco: “Andiamo avanti con la Croce con l’affetto… ma il Signore vince alla fine”.

RIFERIMENTI AI DUBIA E ALLA CURA DELLA LITURGIA?

Ricordando Meisner, Ratzinger sceglie di evidenziare due caratteristiche in particolare del suo sacerdozio: la gioia di vivere il sacramento della Penitenza e la centralità dell’adorazione eucaristica. Non fosse un’illecita inferenza, si potrebbe sottolineare che Confessione ed Eucarestia sono i due sacramenti al cuore dei dubia. O ricordare quanto il prefetto del Culto divino, il cardinale Robert Sarah (che i dubia non ha firmato), tanto insiste – da molti criticato quando non irriso – proprio sul silenzio e l’atteggiamento di adorazione nella liturgia (es qui). Il Papa emerito ricorda quanto fosse stato importante, per l’allora arcivescovo di Colonia, che alla Giornata mondiale della gioventù nella sua città fosse prevista un’adorazione eucaristica al centro della veglia notturna con oltre un milione di ragazzi. Rivela Benedetto: “Alcuni esperti di pastorale e di liturgia ritenevano che il silenzio non potesse essere raggiunto con un così gran numero di persone. Alcuni poi erano del parere che l’adorazione eucaristica fosse superata in quanto tale, perché il Signore dovrebbe essere ricevuto nel Pane eucaristico e non guardato. Ma è diventato chiaro che non si può mangiare questo Pane come un qualsiasi altro cibo”. Il sacramento va adorato perché richiede, esige tutte le dimensioni dell’esistenza. Per questo “la ricezione deve essere adorazione”.

L’ULTIMA TELEFONATA TRA DUE VECCHI AMICI

Nel suo messaggio, Benedetto rivela di avere parlato al telefono con Meisner il giorno prima della sua morte. Anche il cardinal Gerhard Müller si era sentito al telefono con l’ex arcivescovo di Colonia la sera dello stesso giorno. L’ex prefetto del Sant’Uffizio ha svelato alla Passauer Neue Presse di avere parlato del suo mancato rinnovo alla guida della Congregazione per la dottrina della fede. Con Müller, Meisner si sarebbe mostrato “profondamente colpito e rattristato”. Benedetto riferisce invece di avere sentito un uomo sereno, grato di avere partecipato la settimana prima a Vilnius alla beatificazione del vescovo Teofilius Matulionis, confessore della fede ai tempi della persecuzione comunista. Ratzinger ha parlato con Meisner dell’allontanamento di Müller? I diversi toni di umore attribuiti al porporato nelle sue ultime ore di vita suggeriscono una risposta negativa.

MEISNER, IL GRANDE ELETTORE DI PAPA BENEDETTO

La circostanza della doppia telefonata al porporato di Müller e Ratzinger nei giorni del mancato rinnovo del numero uno dell’ex Sant’Uffizio è certamente una coincidenza. Non più di una confidenza che apre una porta sulla quotidianità del Papa emerito, fatta, con naturalezza, di relazioni. Di Meisner, del resto, Ratzinger era amico di lunga data. Nonostante il ruolo dell’ex arcivescovo di Colonia come grande elettore al Conclave del 2005 che portò al Soglio l’allora prefetto della Dottrina della fede che invece da tempo, e invano, aveva tentato di congedarsi dalla Curia romana per tornarsene in Germania. Ricevendone sempre da Giovanni Paolo II un deciso rifiuto. Meisner in quel Conclave ebbe un ruolo decisivo a convincere il recalcitrante cardinale ad accettare l’eventuale elezione e, soprattutto, a convogliare i voti di quello che viene descritto come uno scontro, una drammatica lotta – per usare le parole di Gänswein – tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor. Gruppo che lo stesso Danneels ha scherzosamente definito una specie di mafia-club. Un gruppo che cercava di impedire l’elezione di Ratzinger a favore di Martini o, come si seppe poi, di Bergoglio, il secondo più votato. Ricordando quelle ore in Sistina, Meisner confidò a un amico: “Ho combattuto come mai prima nella mia vita”.

SEGUIRÀ DIBATTITO?

Dopo la rinuncia diventata effettiva il 28 febbraio 2013, raramente Benedetto XVI ha preso la parola. Ogni volta che l’ha fatto, e con l’autorizzazione di Papa Francesco, ha scontentato e scatenato reazioni stizzite di alcuni “bergogliani”. “È un libro che non dovrebbe esistere”, disse, delle Ultime Conversazioni uscite lo scorso anno, il direttore della rivista dei gesuiti tedeschi Stimmen der Zeit. Per avere firmato la prefazione all’edizione tedesca e italiana del volume del cardinal Robert Sarah, La forza del silenzio, l’Emerito è stato tacciato di interferenza nel governo della Chiesa. E solo per avere definito il prefetto del Culto divino (scelto da Bergoglio) l’uomo giusto al posto giusto. Per quelle righe c’è chi ha invocato una sorta di esilio definitivo: “L’emerito deve allontanarsi dal Vaticano e tacere per sempre”. L’intervento inviato da Benedetto XVI a Colonia in memoria dell’amico cardinale ha tutta l’aria di procurare più di un’uggia. O almeno qualche dubia, come qui:

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IL TESTO DEL SALUTO DI CONGEDO DEL PAPA EMERITO AL CARDINALE MEISNER


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