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La campagna di Reebok contro Donald Trump

Ormai siamo abituati alle uscite di Donald Trump. Nemmeno ora che è presidente degli Stati Uniti riesce a far passare sotto silenzio i suoi apprezzamenti sulle donne (quasi sempre altrui). Durante la campagna elettorale del 2016 aveva detto: “Se Hillary non può soddisfare il marito, come potrebbe farlo con gli Stati Uniti?”. L’ultima polemica invece riguarda i complimenti fatti a Brigitte Trogneux, moglie del presidente francese Emmanuel Macron, durante la visita a Parigi. Durante il saluto ufficiale, davanti alla stampa internazionale, Trump ha detto: “Sei così in forma”. E ancora, girandosi verso Macron: “Ma quanto sta bene, si mantiene in ottima forma! Bellissima”.

IL TWEET DI REEBOK IN DIFESA DI BRIGITTE

Il commento ha provocato critiche sui social network e qualche titolo incalzante. Ma soprattutto la ripresa della campagna del marchio di abbagliamento sportivo Reebok contro il presidente americano. In un’infografia pubblicata su Twitter, Reebok ha spiegato quando non è adeguato dire “sei così in forma”. “Non è adeguato quando siamo in ascensore con una donna, quando ci presentano alla nostra futura suocera, quando siamo con una donna ad aspettare un caffè, quando siamo in palestra. Ma specialmente quando salutiamo la moglie di un presidente”. L’unica eccezione che fa Reebok è “quando troviamo in cantina un giocatolo dei nostri genitori in perfetto stato”.

TRA ATTIVISMO E PROFITTI 

Mentre altre case di moda sono orgogliose di vestire i membri della famiglia Trump (qui l’articolo di Formiche.net sulla passione di Melania Trump per Dolce & Gabbana e viceversa), Reebok è impegnata da tempo in una campagna contro le politiche e le valutazioni del nuovo presidente americano. Come aveva previsto l’esperto di moda Robien Givhan in un’analisi per Business of Fashion, dopo i rifiuti iniziali di vestire la first lady americana come forma di protesta contro le politiche del marito, le principali case di moda non hanno resistito alla tentazione di vedere aumentare i profitti grazie alla sua pubblicità.

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LA MAGLIETTA PER LA MARCIA DELLE DONNE

Mesi fa, la maglietta anti-Trump di Reebok è esaurita dal mercato in 10 giorni. Il modello a maniche corte aveva la scritta “Nevertheless, she persisted” (Anche così, lei ha insistito) e costava 20 dollari. Il denaro raccolto è stato donato all’organizzazione della Marcia delle Donne. La frase è diventata uno dei riferimenti del movimento contro il presidente americano e si riferisce alle parole che un senatore repubblicano rivolse alla senatrice del Partito Democratico, Elizabeth Warren, durante il suo intervento contro la nomina del procuratore Jeff Sessions. Anche lo stilista Prabal Gurung utilizzò la frase per disegnare un abito.

L’INCURSIONE DEI MARCHI IN POLITICA

In un articolo pubblicato da National Review, Ericka Andersen consiglia al marchio Reebok di restare confinato nel settore della moda e del fitness: “Un recente studio dell’Associazione americana delle agenzie pubblicitarie ha scoperto che il 58 per cento dei consumatori non ama quando i marchi diventano politici […]. Eppure abbiamo visto che molti lo fanno, soprattutto nel Super Bowl di quest’anno, con una serie di spot pubblicitari mirati contro le politiche di immigrazione di Trump”. L’articolo intitolato “Reebok dovrebbe rimanere in forma fisica, fuori dalla politica” sottolinea che è “interessante che ogni volta che un marchio diventa politico, è quasi sempre a sostegno della sinistra. Potrebbe essere perché tutte le principali agenzie pubblicitarie si trovano in grandi città come New York e San Francisco, dove i valori liberali sono la norma”. Il testo ricorda che Reebok non può dare lezioni sul tema dello sfruttamento del corpo delle donne perché in molte delle sue pubblicità ci sono ragazze giovani con pochi abiti (firmati Reebok).

CONTRO L’IMMAGINE POSITIVA

“L’annuncio Reebok è l’esempio essenziale di come i marchi contribuiscono al problema” continua Andersen. Proprio come Colin Kaepernick ha trasformato l’attività (una volta neutrale) di calcio in un evento che divide politicamente gli amici, i marchi che entrano in controversia sulle questioni politiche annulleranno la positività dalla loro immagine. Come ha scritto Jim Geraghty sul National Review: ‘Voglio solo divertirmi a guardare il calcio. Nessuno guarda lo sport perché vuole aumentare il suo livello di ‘consapevolezza sociale’. Nessuno è in sintonia con la consapevolezza il lunedì sera”.



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