In questi giorni ho letto di una polemica assurda sull’abbraccio tra Giuliano Pisapia e Mariaelena Boschi. Credo sia davvero ridicolo discutere su questa cosa: educazione e rispetto reciproco sono il minimo sindacale del vivere insieme. Questa polemica, però, ha alle spalle un’altra questione secondo me: la confusione che regna nella galassia alla sinistra del PD, il problema della leadership e del progetto politico in sé. Di seguito alcune riflessioni sparse.
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A monte, il problema del PD…
Il PD con Matteo Renzi ha preso indubbiamente una direzione assai diversa da quella che molti di noi si erano immaginati. Abbiamo pagato un enorme prezzo per un modus operandi leader-centrico, con due scissioni e con la progressiva perdita di credibilità e dunque di fiducia da parte delle cittadine e dei cittadini. Facciamo un riassunto veloce: amministrative 2015, Referendum Costituzionale 2016, amministrative 2017. Davanti a questa sequenza allarmante di sconfitte una dirigenza saggia e consapevole si sarebbe fermata e avrebbe riflettuto sul perché, e provato a cambiare rotta. No, la direzione sembra restare la stessa di sempre, anzi, forse addirittura peggiorata da una minoranza interna ancora più debole di prima e meno coesa.
…E fuori al PD però cosa sta accadendo?
Si sta muovendo un po’ di tutto, con poca chiarezza e molta tensione. Tuttavia, osservo come è giusto e normale che sia, con grande interesse a quello che accade in quel mondo per due ragioni:
1) perché i milioni di elettrici ed elettori che abbiamo perso per strada in questi ultimi 4 anni, che sono scivolati nell’astensionismo perché orfani di una rappresentanza politica, devono essere recuperati, e il PD, oggi non è in grado di farlo. Se una forza o più forze di sinistra riescono a creare un progetto credibile che può riattivare l’interesse e la partecipazione di quel popolo smarrito, ben venga! Anzi, è urgente e necessario, per evitare che le destre tornino a un ruolo dominante.
2) perché in quel mondo ci sono tante persone che ho apprezzato, ammirato, e sostenuto. Penso a Pippo Civati con Possibile, che ho sostenuto come candidato alla Segreteria del PD nel 2013, a Sinistra Italiana che nasce dalle ceneri di SEL, partito di cui ero simpatizzante ai tempi della campagna per Giuliano Pisapia a Milano, e naturalmente a MDP, il partito nato dalla scissione di Pierluigi Bersani, il segretario PD che ho sostenuto convintamente.
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La situazione è complessa. Il sistema elettorale attuale è un proporzionale, di fatto, puro. Nessun partito, da solo, raggiungerà il 40% per ottenere il premio di maggioranza. Se non verrà fatta alcuna modifica alla legge elettorale, come sembra ormai evidente, anche a seguito delle dichiarazioni del capogruppo PD alla Camera, Ettore Rosato, il rischio sarà di una frammentazione paralizzante. E allora i partiti dovranno, singolarmente, dare fondo alle energie per riuscire ad ottenere una % quanto più consistente possibile per non restare marginali e imbrigliati in logiche che speravamo sorpassate del tutto.
Un governo sarà possibile, anche in un sistema proporzionale. Ma è la qualità del governo che nascerà a preoccupare. Certo, se ci fosse un aggiustamento con uno sbarramento attorno al 4% (il 5% è forse troppo alto) sarebbe molto più semplice e spingerebbe le formazioni piccole a fare sintesi. E quando penso alle formazioni più piccole mi riferisco a Possibile e Sinistra Italiana.
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Tolte le formazioni di carattere meramente personalistico, che esistono purtroppo anche in questa galassia della sinistra fuori del PD, non meno dannose del leader-centrismo renziano che tanto criticano, resta una forza che in questi mesi mi sembra abbia dimostrato una grande capacità sia dal punto di vista dell’organizzazione, con una rapida e capillare strutturazione locale, sia dell’attrazione del consenso, che però deve essere ancora testata a livello “elettorale”. Questa forza è Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista (MDP).
In questi mesi di assestamento, MDP ha dimostrato secondo me, di avere quella cultura politica necessaria per la creazione di un progetto ambizioso, che possa attirare consenso e crescere. Tentennare su cosa farà Pisapia o su cosa non farà è un approccio sbagliato. Rincorrere questo o quel personaggio avrà come effetto unico quello di indebolire il progetto in sé e di stancare, di nuovo, elettrici ed elettori.
MDP sia motore di questo progetto, proceda come ha fatto in questi mesi e abbia come obiettivo l’intercettazione delle elettrici e degli elettori, non dei leader sparsi. Il motivo è semplice: le persone da convincere, che hanno lasciato il PD per esempio, sono fuggite da una deriva personalistica, leader-centrica. Queste persone chiedono di poter aderire a un progetto comune, e di tornare a sentirsi parte di una comunità politica. Riproporre schemi già visti non aiuterà nessuno.
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MDP deve diventare forza egemone, perché è l’unica che in questi tre mesi ha dimostrato la capacità di mobilitazione e di aggregazione che altri non hanno avuto, malgrado un periodo più ampio di incubazione e di lavoro. L’ultimo sondaggio disponibile, per quanto da prendere con le dovute cautele, dà MDP al 6%. Un risultato forse molto ottimistico, ma certamente non irrealistico. MDP può costruire un consenso ampio, per aspirare a diventare una sorta “Die Linke” italiana (per la portata del consenso), ma di ispirazione socialdemocratica. Cosa assai necessaria e che imporrà anche al PSE una riflessione al suo interno. Sulla questione “Europa” non parlo qua, perché dovrei fare un post ad hoc. Ma lo farò.
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Un tema fondamentale riguarderà, però, soprattutto la classe dirigente di questa formazione: MDP dovrebbe portare avanti una classe dirigente rinnovata. Non si tratta di rottamazione, concetto volgare e per altro assurdo. Una forza nuova dovrebbe avere nella sua prima fila, personalità certamente competenti, esperte di vita politica, ma comunque fresche. Bersani e D’Alema, che sono “padri nobili” del progetto, e che sono indubbiamente esponenti della vita politica italiana di primo piano, dovrebbero fare un gesto di umiltà e coraggio, stando in “seconda fila”, spingendo avanti energie nuove e volti nuovi, che per altro MDP ha dimostrato di avere e di poter fare: penso a Francesco La Forgia attualmente capogruppo di MDP alla camera o a Simone Oggionni. Poi c’è Roberto Speranza, coordinatore nazionale di MDP.
Penso però, anche e soprattutto alla militanza sui territori. Alle centinaia di volti di persone sconosciute che si sono fatte le ossa, o se le stanno facendo, vivendo a livello locale il confronto con le persone e i loro disagi, bisogni, le loro rabbie, ma anche i loro sogni e aspirazioni. Una forza realmente socialdemocratica dovrebbe dare centralità alla sua militanza e ai territori: è dal basso che dovrebbero crescere le nuove classi dirigenti di questi movimenti e partiti. MDP può essere alternativo anche in questo.