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Perché Exxon e Chevron borbottano su nuove sanzioni Usa contro la Russia

sanzioni, Tillerson

Le nuove sanzioni degli Usa alla Russia potrebbero diventare l’ennesimo terreno di scontro tra Donald Trump e il Congresso, soprattutto alla luce di quanto emerso dal Russiagate. Ma stavolta, la posta in gioco potrebbe essere ben più alta, visto che nella querelle si sono inserite a gamba tesa le big del petrolio, preoccupate per i loro affari.

 

CHI BORBOTTA

Tra le compagnie del comparto energetico che si sono unite a Donald Trump nell’esprimere preoccupazione sull’inasprimento delle sanzioni alla Russia, ci sono Exxon Mobil e Chevron. Il rischio, a loro avviso, è che i progetti in giro per il mondo con partner russi possano finire in stallo. L’opposizione di giganti come Exxon e Chevron minaccia ora di complicare l’iter legislativo, volto a punire la Russia per presunte interferenze nelle elezioni Usa.

 

IL NODO EXXON

La questione si fa ancora più spinosa per la presenza di Exxon nella diatriba, visto che l’ex ceo del gigante petrolifero, Rex Tillerson (in foto), è oggi Segretario di Stato Usa. Tillerson non si è apertamente opposto all’inasprimento delle sanzioni, ma lo scorso mese ha chiesto al Congresso di non legare le mani all’amministrazione. Trump incontrerà Vladimir Putin questa settimana al G20 di Amburgo per la prima volta dalle elezioni Usa.

LE MISURE NEL MIRINO

I lobbisti del big oil si sono scagliati soprattutto contro alcune misure della nuova legislazione sulle sanzioni, come il divieto di partnership con persone o società russe sanzionate in giro per il mondo. La preoccupazione è, soprattutto, per il rischio di svelare informazioni riservate. Tra le aziende che guardano con apprensione al nuovo dispositivo c’è anche General Electric. Ma ad agitarsi è soprattutto Exxon. Le nuove sanzioni potrebbero smantellare la fragile partnership con Rosneft.

IL DOSSIER ROSNEFT

Il gruppo aveva chiesto un’esenzione dall’applicazione delle sanzioni, ma Trump non ha dato via libera. Exxon ha siglato con Rosneft un accordo su un progetto nell’area di Sakhalin, nell’estremo oriente russo. Il progetto ha prodotto oltre 650 milioni di barili di petrolio dal 2005 a oggi ed è tra i più grandi investimenti esteri nel Paese. La legge può danneggiare soprattutto due progetti di Exxon fuori dalla Russia, in cui Rosneft ha una quota, uno in New Mexico e l’altro in Canada.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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