Venticinque anni per un sacchetto. È la durata della sfida di Legambiente per deplastificare l’Italia. pinITALY di Telos A&S ha intervistato Stefano Ciafani, direttore generale dell’associazione. Sì, ci sono voluti ben venticinque anni per ottenere, nel 2012, la messa a bando dei sacchetti di plastica tradizionali. Dopo un’appassionata attività di lobby nei confronti delle istituzioni, Legambiente è riuscita a ottenere l’obbligo di produrre solo sacchetti compostabili.
Una storia che è iniziata negli anni Ottanta, con la promozione, presso i Comuni, delle delibere per la deplastificazione dei territori. Che è proseguita negli anni Novanta, con la sensibilizzazione dei cittadini sul riciclo della busta della spesa e che, negli anni Duemila, si è trasformata in un lavoro nei confronti del Parlamento per ottenere una legge unica in Europa. Un’unicità dimostrata dal fatto che la direttiva europea di tre anni fa si è ispirata proprio alla legge italiana.
È la prova che, per vincere la battaglia ambientalista, non bastano le buone intenzioni, ma bisogna anche cambiare le leggi. Ne è un ulteriore esempio l’inserimento, dal 2015, dei delitti ambientali nel codice penale. Prima di quella data chi inquinava se la cavava con una semplice contravvenzione. Detto in soldoni, chi veniva beccato, pagava e continuava a sporcare, fino alla multa successiva. Oggi, anche grazie a Legambiente, non è più così. Chi inquina rientra a pieno titolo nella categoria dei delinquenti.
Spesso, nel sentire comune, la parola ambientalismo fa rima con romanticismo. Ma non è un sognatore romantico chi, con una tenacia decennale, cerca di cambiare le regole in nome del rispetto del luogo nel quale viviamo e cresciamo i nostri figli. Ed è anche grazie a queste leggi se il Paese del Bello con la B maiuscola non è diventato il Paese dell’Orrendo con la O maiuscola.
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