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Vi racconto la storia del mio vitalizio parlamentare

Era un po’ che aspettavo questo momento. Più o meno da quando ho fatto la rinuncia al lauto e grasso vitalizio regionale nel 2103. Il Parlamento tra qualche ora abolirà il vitalizio per i parlamentari e i consiglieri regionali e finalmente il popolo sarà più felice e prospero. Come è giusto che sia.

Ma voglio fare un passo indietro, con l’onestà intellettuale di chi si è liberato in tempi non sospetti di questo orrendo fardello.

Prima di tutto vorrei dare una notizia ai miei “lettori” che non per forza sono “elettori”: il vitalizio dalla legislatura in corso non c’è più. So che qualcuno ne sarà sorpreso e deluso, ma nel 2011 il governo Monti ha introdotto un sistema di calcolo di tipo contributivo per cui a fronte dei contributi versati in una legislatura si percepirà all’età della pensione la cifra di circa 900 euro.

Allora di cosa si sta parlando? Si tratta di ricalcolare la pensione dei parlamentari che hanno maturato il vitalizio e che ancora non lo percepiscono, come pure di ricalcolare l’assegno di chi già percepisce lo stesso.

Per il fatto che vi ho rinunciato, non c’è dubbio che io sia a favore di questa misura. C’è una ingiusta sproporzione tra ciò che si versa e ciò che si percepisce. E le ingiustizie vanno rimosse.

Ma ora che il Parlamento (chi con convinzione, chi per costrizione) sta per passare per questo “lavacro” è tempo di dire qualche parola di verità.

In primo luogo sul fatto che tutte le ingiustizie sono uguali quando si parla della sacralità dei soldi dei cittadini. Da domani, visto che abbiamo un debito pubblico di 2.400 miliardi di euro, queste giustizie le dovremo sanare tutte. Come? Ad esempio attraverso un ricalcolo contributivo di tutte le pensioni che sono già in essere. Quelle dei magistrati, dei giornalisti, dei dirigenti pubblici e privato, dei generali e dei marescialli, di chi ha fatto i 19anniseimesieungiorno, magari certo cercando di penalizzare meno i redditi bassi perché non possiamo mettere le persone alla fame. Ma questa operazione va fatta. Sennò non avrebbe senso che la classe politica e dirigente di questo Paese si autocastrasse….sarebbe come dire che io ho rinunciato al vitalizio perché non faccio bene il mio lavoro. Tutt’altro. Ci ho rinunciato perché lo trovo un sistema di calcolo ingiusto e per potere rispondere a tono a quelle nullità che quando finiscono gli argomenti mi danno del privilegiato.

Cari colleghi del Parlamento. Non ci togliamo il vitalizio per senso di colpa, inadeguatezza o vergogna. Lo facciamo per rimuovere una ingiustizia del passato che non ci consente di fare una seria revisione della spesa pensionistica spaventosa che si è stratificata con il modello retributivo e a causa del fatto che il nostro Paese sta invecchiando e i giovani non contribuiscono in modo sufficiente a questa spesa.

In secondo luogo io credo che fosse necessario togliere un alibi a chi ha fatto del vilipendio delle istituzioni repubblicane un mestiere (tipo giornalisti pagati lautamente del servizio pubblico che da anni calcano la prima fascia), un partito (tipo quei movimenti che sono nati alimentando l’antipolitica come ideologia più semplice ed efficace di qualsiasi altra buona idea) e un hobby (tipo il gran numero di idioti analfabeti che per esprimere una rozza opinione – come diceva Eco – una volta avevamo bisogno di un litro di vino rosso al bar e oggi trovano sufficiente uno smartphone e una tastiera).

Quindi togliamo di mezzo questo odiato vitalizio e proviamo a vedere se sarà possibile iniziare un nuovo racconto delle Istituzioni Repubblicane che per chi le vive, come me, sono molto più sane e migliori di quanto si è voluto raccontare in questi anni.

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