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Caso Aldo Moro, ecco le prossime mosse della commissione Fioroni su De Vuono

Una serie di colpi a raggiera attorno al cuore. Per i magistrati, una sorta di firma. E poi l’impronta digitale su un fazzoletto, le foto inedite pubblicate in esclusiva da Formiche.net e il giallo sulla sepoltura. La commissione d’inchiesta presieduta dal parlamentare del Pd, Beppe Fioroni, ha aperto un nuovo filone d’indagini su Giustino De Vuono, il presunto killer che, il 9 maggio del 1978, avrebbe ucciso Aldo Moro dopo il sequestro delle Brigate rosse. Alla fine dello scorso maggio, su Formiche.net sono state svelate alcune immagini inedite della strage di via Fani, a Roma: il 16 marzo 1978, le Br rapirono il presidente della Dc e sterminarono la sua scorta. Tra le foto, una, in particolare, svelerebbe la presenza sulla scena di De Vuono, detto lo “scotennato”, un criminale e aspirante membro dell‘ndrangheta morto nel 1994. Nel luglio del 2016, Fioroni, a proposito del ruolo di De Vuono, parlò di “una perizia sul volto di un altro personaggio legato alla malavita e che comparve tra le foto segnaletiche dei possibili terroristi il giorno dopo il 16 marzo: si tratta di Giustino De Vuono, killer spietato”. Ora, secondo l’Ansa, che cita lo scoop di Formiche.net, il giudice Guido Salvini, cui sono stati affidati i nuovi dossier, avrebbe già consegnato a Fioroni ulteriori elementi sul presunto coinvolgimento di De Vuono nell’omicidio Moro.

CON LA RENAULT 4 IN VIA CAETANI

Sin da subito, De Vuono, sulla base d’indiscrezioni di magistrati e investigatori, fu indicato come il probabile assassino del leader della Democrazia cristiana, il cui corpo fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, sempre a Roma. All’origine dei sospetti ci sarebbe un rapporto di polizia e carabinieri che, sempre secondo l’Ansa, avrebbe riassunto molti elementi emersi dopo il 9 maggio 1978. Primo fra tutti, quei colpi a raggiera intorno al cuore, quasi una firma di De Vuono sul cadavere di Moro. Elemento, questo, confermato da alcuni testimoni in commissione. Le testimonianze del 9 maggio, inoltre, indicavano De Vuono come l’uomo che, insieme con una giovane donna, lasciò in via Caetani la R4 col corpo del presidente. Altro elemento: su uno dei tre fazzoletti trovati pressati tra il gillet e la camicia di Moro fu rilevata un’impronta digitale di De Vuono, particolare svelato dai giornali e mai smentito dalla polizia. I tre fazzoletti, anche se repertati e consegnati ai periti, non si trovano più, ma potrebbero essere tra gli elementi entrati a far parte del rapporto inviato alla Procura generale di Roma lo scorso 13 maggio.

LE FOTO DI FORMICHE.NET

Le foto pubblicate da Formiche.net sulla strage di via Fani e acquisite dalla commissione Fioroni, per l’Ansa, vanno a inserirsi tra le molte serie di rullini del caso Moro che sono state dimenticate, scomparse o non valutate con la dovuta attenzione. La loro esistenza era stata indicata nel 1978 da un rapporto del Nucleo operativo dei carabinieri di via Trionfale presente negli atti della prima commissione Moro. Le immagini, però, non erano state allegate. L’autore degli scatti è l’ottico Gennaro Gualerzi, accorso sul luogo della sparatoria dalla vicina via Stresa, dove si trovava il suo negozio. Uditi i colpi d’arma da fuoco, Gualerzi accorse in via Fani e immortalò la scena un quarto d’ora dopo le ultime raffiche scagliate contro la scorta di Moro. Quelle fotografie certificherebbero la presenza di De Vuono sul luogo della strage.

IL GIALLO DELLA SEPOLTURA

Tra il 1958 e il 1963, De Vuono, originario di Cosenza, aveva vestito la divisa di legionario. Aspirante ‘ndranghetista, non s’affiliò mai ufficialmente all’organizzazione. Il teste Rodolfo Valentino, secondo il verbale del 19 aprile del 1978, azzarda un suo riconoscimento dalle foto diffuse dai giornali sul caso Moro. Nel 1981 fu arrestato e condannato insieme ad altri per l’omicidio di Carlo Saronio, l’ingegnere milanese sequestrato e ucciso nel 1975 da un gruppo di militanti di Potere operaio e da esponenti della malavita. De Vuono apparirà e scomparirà fra il 1977 e il 1981 dal Paraguay durante la dittatura di Alfredo Stroessner, politico e militare che guidò il Paese sudamericano dal 1954 al 1989. Il nome di De Vuono, inoltre, emerge già nel volantino diramato insieme con quello di altri brigatisti il 18 marzo del 1978. A dicembre dello stesso anno, fu emesso un mandato di cattura nei suoi confronti, che smise di essere attivo ai confini della Svizzera. I suoi movimenti, sempre tracciati, si perdono solo nel ‘78, sino ad agosto. Dunque, per tutto il periodo del sequestro e dell’omicidio di Moro. Anche la morte del presunto assassino dell’onorevole Dc è un giallo, come descritto da un recente articolo di Formiche.net. De Vuono è deceduto il 13 novembre del 1994 nell’ospedale civile di Caserta, dov’era stato trasferito dal carcere di Carinola. Della sua sepoltura, però, non c’è traccia. De Vuono, scrive ancora l’Ansa, non è sepolto a Carinola, né a Caserta e neppure a Cosenza. Restano però le foto di Gualerzi e le testimonianze che, nel primo processo Moro, parlarono della presenza del presunto omicida in via Fani. Per la vicenda, De Vuono fu inizialmente rinviato a giudizio, ma fu scagionato sulla base delle affermazioni di Patrizio Peci, il primo pentito delle Br che, nel 1980, fece arrestare oltre 70 brigatisti. La vita e le eventuali responsabilità di De Vuono sul caso Moro, invece, sono ancora tutte da chiarire.

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