Il nostro sistema dell’informazione si mobilita, giustamente, con grande efficienza quando si toccano tasti sensibili per l’opinione pubblica. Non sempre, tuttavia, riesce a uscire dal luogo comune per analizzare i problemi con la obiettività necessaria. È quanto sta avvenendo anche in relazione alle notizie sul programma Joint Strike Fighter (JSF), che ha per oggetto la produzione dei velivoli F-35, più volte criticato sia a livello giornalistico sia nel dibattito parlamentare. Si evidenzia ampiamente come la Corte dei Conti ne abbia, nel suo recente rapporto, sottolineato i ritardi nelle tempistiche e l’aumento dei costi.
L’Italia ha fin da subito aderito al programma degli F-35 e ne è partner di secondo livello, con una partecipazione del 5%, sapendo che il progetto assegna un differente livello di opportunità in base alla partecipazione di ogni Stato. Questo si riflette in termini di capacità militari, di manutenzione, di subforniture e di acquisizione del know-how tecnologico, requisito essenziale, quest’ultimo, per l’industria della Difesa. Se ci si fermasse a questa lettura, il rapporto della Corte dei Conti porterebbe acqua al mulino di coloro che si oppongono alla partecipazione italiana alla realizzazione e all’acquisto dei nuovi aerei.
Il dibattito parlamentare, a riguardo, è ormai attivo da tempo, così come lo sono stati gli scetticismi in proposito, tant’è che la nostra partecipazione è stata ridimensionata nei costi e nelle proporzioni per ben due volte: nel 2012, quando si è scelto di ridurre il numero dei velivoli da 131 a 90 e, recentemente, nel 2016 quando il budget destinato alla suddetta produzione ha subito tagli essenziali. Già di fronte a questo, la Corte dei Conti ha ammonito il Paese per il fatto che, sul piano economico, l’investimento rimane valido ed in grado di generare un moltiplicatore nell’indotto nel medio-lungo periodo, del quale beneficerà l’industria italiana in termini di occupazione ed introiti. In questo senso, i tagli che dovrebbero generare un risparmio, rischiano invece di ridurre i costi-opportunità, inficiando il risparmio reale. Ribadisce la Corte che: “Non va sottovalutato l’effetto moltiplicatore sull’indotto. Alla continuazione del medesimo (progetto) corrispondono infatti non solo i costi fin qui affrontati ed i ritorni economici già realizzati ma soprattutto i costi in termini di perdite economiche ove avesse termine o si riducesse sostanzialmente la partecipazione al Programma.”
Ma produrre gli F-35 non ha solo una convenienza economica. L’intero progetto è concretamente in grado di migliorare il sistema aeronautico dei Paesi che lo hanno approvato, grazie soprattutto alle tecnologie all’avanguardia utilizzate dai velivoli, che non hanno pari nel settore. Come sempre, la ricerca e lo sviluppo tecnologico nell’ambito della Difesa hanno ricadute estremamente positive sia, come dice la stessa Corte, per “assicurare alla difesa nazionale ed alla partecipazione a quella internazionale un sistema d’arma dotato della più elevata tecnologia ed in grado di svolgere funzioni multiruolo, tale da consentire la sostituzione di velivoli in esercizio obsoleti o con caratteristiche più limitate”, sia in numerose altre applicazioni civili.
Ma i due aspetti strategicamente più rilevanti, a mio avviso, che si ritrovano nel dettagliato e preciso documento della Corte dei Conti, sono la vastità dell’intero progetto e il suo altissimo livello tecnologico. A proposito di questi aspetti, che la Corte giustamente ritiene i veri pilastri dell’intero progetto, e alla luce dei quali se ne comprendono anche le problematiche, si legge: “…Vanno presi in considerazione due punti fermi che costituiscono lo sfondo sul quale si staglia la dinamica del programma. Il primo è costituito dalla dimensione complessiva del medesimo che evidenzia la sua rilevanza nel tempo e la sostanziale sterilizzazione di possibili programmi analoghi. Il secondo è costituito dall’elevato livello della tecnologia impiegata pur nel necessario processo di eliminazione delle patologie rilevate che spinge a rallentarne i tempi per consentire la stabilizzazione di un livello di maturità adeguato. Per quanto attiene al primo, rileva dunque il valore aggiunto della partecipazione, determinato dalla presumibile difficoltà di reperire opzioni di livello corrispondente in altri programmi nel medio e forse lungo periodo, potendo fruire dei vantaggi economici derivanti dalla posizione di Partner di secondo livello. Per quanto attiene al secondo, fermo restando le problematiche, da sciogliere, in ordine alla sovranità operativa, rileva la possibilità di fruire di un livello tecnologico non disponibile attualmente nel Paese.”
Considerazioni molto puntuali e ineccepibili, che dovrebbero chiarire definitivamente le idee a chi, anche in Parlamento, ha spesso parlato di progetto tecnologicamente inadeguato e di scelta economicamente non giustificata: un programma con una portata talmente vasta da sterilizzare qualsiasi altro programma analogo e l’opportunità che il nostro Paese si possa dotare di un livello tecnologico del quale attualmente non dispone. È auspicabile che i nostri ottimi giornalisti e molti colleghi parlamentari abbiano la pazienza di leggere il rapporto della Corte dei Conti fino all’ultima riga, e vi troveranno ragioni inequivocabili per un giudizio largamente positivo sulla prosecuzione del programma da parte del nostro Paese.