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Che cosa lascia Dionigi Tettamanzi

A botta calda la morte del cardinale Dionigi Tettamanzi lascia un senso di vuoto. Vuoto perché era una figura che per certi versi ha precorso alcuni atteggiamenti dell’attuale Pontefice. La sua attenzione verso i poveri e gli ultimi, per esempio, è stata testimoniata sin dall’ingresso in città quando nel rilevare il pastorale da Carlo Maria Martini, enorme figura di intellettuale e Papa mancato (diciamolo una volta per tutte), Dionigi da Renate nel Milanese, classe 1934, alzò con forza la voce per gli ultimi.

Disse allora:

All’uomo ora mi rivolgo, a ogni uomo e donna che il Signore porrà sul mio cammino. Voglio onorare e venerare la sua incommensurabile dignità, la sua somiglianza con il Creatore, la sua destinazione a divenire figlio di Dio e partecipe della sua beatitudine. Sì, dico questo di ogni uomo: a cominciare dal più piccolo, dal povero, dal malato, dal sofferente e disperato, da chi è discriminato e rifiutato, da chi è calpestato nei suoi sacrosanti diritti e in questo modo reso incapace di assolvere alle sue responsabilità. Non mi stancherò di ripetere che «i diritti dei deboli non sono affatto diritti deboli» e di sollecitare tutti, autorità e cittadini, alla giustizia, all’ onestà, alla solidarietà e all’ amore. Perché la nostra sia una civiltà degna dell’ uomo e della ragione! Con questo spirito e con la libertà che deriva dalla missione di annunciare il Vangelo con tutte le sue conseguenze, nella scia di quanto operato da lei e dai pastori che ci hanno preceduto, sarò lieto di continuare, con i responsabili della cosa pubblica, uno stile di rispetto della laicità e di collaborazione per il bene di ogni persona e dell’intera società. Eminenza, come lei ha saputo fare con occhio penetrante e lungimirante, desidero anch’io conoscere con la necessaria gradualità la straordinaria ricchezza di grazia della nostra Chiesa ambrosiana, con tutte le sue risorse morali e spirituali, con le sue espressioni di carità e di impegno educativo, a iniziare da quello profuso nei nostri oratori, con la generosità pastorale e lo slancio missionario dei sacerdoti, dei diaconi, delle persone consacrate e dei fedeli laici, uomini e donne; con il cammino ecumenico, il dialogo tra le religioni, l’ attenzione ai non credenti, l’ accoglienza di chi viene da lontano, l’ apertura all’ Europa e al mondo“.

E in effetti quest’attenzione si è esplicata con gesti concreti. Va ad onore di Tettamanzi, per esempio, l’aver costituito il Fondo Famiglia Lavoro, pensato per le famiglie colpite dalla crisi. Tettamanzi decise di dotarlo inizialmente di un milione di euro, cifre dall’8×1000, offerte a lui pervenute, scelte di sobrietà della Diocesi e di Tettamanzi stesso. Il Fondo esiste e funziona ancora oggi e lo potete trovare a quest’indirizzo.

Certo, non sono state tutte rose e fiori. Tettamanzi ha avuto scontri, per esempio, col cardinal Tarcisio Bertone sull’Istituto Toniolo, la cassaforte dell’Università Cattolica che aveva visto vincitore il cardinal Bertone; in altre situazioni è finito nel mirino della Lega su Expo (“C’è da augurarsi che la conquista dell’Expo non diventi il paravento per nascondere i drammi di questa città”) e altre volte ancora sull’accoglienza dei diseredati e dei rom. La Padania gli dedicò una prima pagina al veleno chiedendosi se fosse un imam perché aveva parlato di luoghi di culto per tutti e rincarò la dose perché Tettamanzi aveva protestato sullo sgombero di un campo abusivo di 250 rom alla periferia di Milano.

Insomma, il defunto cardinale è stato per certi versi un precursore del bergoglismo. Uomo attento al sociale, con esperienza di formazione in Seminario (aveva trascorso buona parte della sua vita a insegnare prima a Seveso, poi a Venegono dove era diventato anche Rettore), buon conoscitore della Cei di cui era stato Segretario generale tra il ‘91 e il ‘95, Tettamanzi aveva sognato (forse) l’elezione in Conclave nel 2005. Per lui i voti, si disse, furono soltanto 9 e la sua candidatura bruciò nella fumata nera del primo giorno di votazioni. Ma al di là di questo, Dionigi da Renate lascia un buon ricordo nella gente ed un impegno sociale silenzioso che continua a dare frutti. Bisognerebbe essergliene grati.

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