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Energia e industria, la Francia punta sull’Iran (e si allontana da Trump)

iran

Lunedì scorso la francese Renault ha siglato una joint venture con l’iraniana Negin-Khodro. L’obiettivo dell’intesa e produrre 150mila veicoli all’anno in Iran, a Saveh, a 120 chilometri dalla capitale Teheran. I francesi detengono il 60 per cento della nuova società, il gruppo iraniano il 20, il restante 20 per cento è detenuto dall’agenzia statale iraniana per l’innovazione e lo sviluppo industriale. Renault è già presente nel paese degli ayatollah con una capacità produttiva di 200mila veicoli.

Questo accordo mostra in modo lampante come la politica estera e industriale transalpina voglia rilanciare l’intesa con gli iraniani dopo l’isolamento internazionale imposto dalle sanzioni per il programma nucleare. I francesi sono in una posizione di netto vantaggio rispetto agli altri paesi europei nella corsa al promettente mercato iraniano anche in un settore strategico come quello dell’energia. Total, gigante francese dell’industria energetica, ha firmato un accordo multi-miliardario con la compagnia iraniana Petropars per lo sviluppo e la produzione di South Pars, il più grande giacimento di gas al mondo sito nel Golfo Persico.

Total è la prima azienda energetica europea a stringere un accordo di questa portata in più di dieci anni e dopo che un anno fa il piano globale d’azione congiunto (JCPOA) ha messo in moto la cancellazione delle sanzioni economiche legate al programma nucleare. Le mosse di Parigi segnano una netta distanza tra le politiche del nuovo presidente francese Emanuel Macron e quello americano Donald Trump sul dossier iraniano.

Come scritto dall’autore di questo testo e da Alberto de Sanctis in un report di Energy and Strategy Hub per il Ce.S.I, siamo  a un punto di svolta nelle relazioni fra la Francia (e l’Europa) con la Repubblica islamica. Una situazione che certamente non soddisfa la Casa Bianca. “Soltanto due settimane prima dell’intesa Total-Petropars, difatti, il Senato Usa votava a maggioranza schiacciante una presa di posizione contro le Guardie Rivoluzionarie per il loro coinvolgimento nei conflitti regionali e nel programma missilistico iraniano. Nonostante abbia dovuto mettere da parte il proposito annunciato in campagna elettorale di volersi ritirare dall’accordo sul nucleare una volta giunto al potere, il presidente Trump e con lui una parte dell’amministrazione statunitense non intendono adottare una linea più conciliante verso Teheran. Al contrario, Washington ha predisposto un variegato sistema di sanzioni contro individui o entità accusati di sostenere il terrorismo che nel caso dell’Iran costituisce un grave ostacolo alla libertà di manovra degli investitori internazionali”.



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