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In Estonia per sfuggire alla Brexit

Ha fatto il giro del web un recente articolo del Sole24ore, nel quale si descrive come l’Estonia sia diventato ormai un paese totalmente digitalizzato.

Con una carta d’identità elettronica si può effettuare praticamente qualunque adempimento da e verso la Pubblica Amministrazione. Un sogno, per noi italiani abituati alla nostra burocrazia autoreferenziale e amante della carta.

La cosa che però ha fatto discutere è la possibilità per uno straniero di prendere la residenza elettronica. Di che si tratta? È una registrazione, al termine della quale diventi cittadino digitale estone e come tale puoi accedere ad una vasta gamma di servizi informatici e soprattutto finanziari del Paese, con la possibilità di svolgere attività imprenditoriali e professionali in loco. Inutile dire che questo ha scatenato subito il sospetto di voler essere un nuovo paradiso fiscale dentro l’UE ma dall’Estonia assicurano che non è così.

C’è però un altro aspetto interessante della vicenda: la possibilità per un inglese di mantenere un piede dentro l’UE.

L’edizione britannica di Wired, che qualche tempo fa si è occupata del fenomeno, racconta che dopo il referendum sulla Brexit è raddoppiato il numero dei cittadini di Sua Maestà che l’hanno richiesta.

In questo modo, anche con il Regno Unito fuori dall’Europa, per un imprenditore britannico e-residente in Estonia sarebbe possibile portare avanti il suo business dentro l’UE beneficiando delle opportunità che offre, a cominciare dall’accesso al mercato unico.

Secondo Euractiv, testata solitamente ben informata su ciò che accade nei palazzi di Bruxelles, ad oggi risulterebbero in Estonia oltre 22 mila cittadini residenti digitali, provenienti da 138 Paesi diversi, dei quali 1.200 sarebbero britannici. Numero che secondo le stime è destinato a salire.

È innegabile che la Brexit abbia spalancato opportunità a molti Paesi dell’UE che si stanno ingegnando ad offrire soluzioni per consentire ad aziende e professionisti inglesi di mantenere l’accesso al mercato unico. Il risvolto positivo per questi Paesi è di attrarre aziende, investimenti e talenti nel loro Paese. Tutto molto concreto, pragmatico, lineare.

Quello che ancora non si è spiegato bene è che, al di la delle chiacchiere sull’UE brutta, sporca e cattiva, la possibilità di accedere al mercato unico è il grande, indiscutibile fascino che ancora oggi esercita sul mondo delle imprese e su chi ha voglia di investire in Europa.

L’alternativa è un continente di nuovo diviso con tante dogane. Ne dava un’idea la divertente scena di Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere. “Chi siete? Dove andate? Un fiorino”. Forse anche gli inglesi stanno iniziando a capire di non aver fatto un grande affare.

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