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Laurearsi serve e come

Che il pezzo di carta non serva a nulla è un adagio che sentiamo ancora troppo spesso. Personalmente non ci ho mai creduto. Sì, è vero: i media riportano le gesta di personaggi di successo che non si sono mai laureati. Steve Jobs e Mark Zuckerberg sono i primi nomi della lista che viene sciorinata dai detrattori degli studi universitari. Ma, senza togliere meriti a nessuno, Jobs e Zuckerberg sono Jobs e Zuckerberg, ossia persone dotate di un particolare talento imprenditoriale. Per tutti gli altri comuni mortali gli studi universitari possono rivelarsi proficui. Ne abbiamo parlato con Gaetano Manfredi, rettore della storica università Federico II di Napoli e presidente della CRUI, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. Nella sua intervista per PRIMOPIANOSCALAc ci ha confermato che la laurea offre ai giovani maggiori possibilità di trovare un lavoro migliore e di guadagnare di più. Non è poco.

Quello che manca alle università italiane, secondo Manfredi, è una maggiore capacità di stabilire un rapporto con le imprese e di internazionalizzarsi. Insomma i nostri studenti sono bravi e preparati, ma sul piano teorico. Nel mio lavoro di piccola imprenditrice mi capita di fare colloqui con ragazzi e ragazze appena usciti dall’università e confermo le affermazioni di Manfredi. In media si tratta di giovani preparati, anche più dei loro colleghi europei, ma totalmente privi di un’idea di cosa sia il lavoro. Quello di cui sono carenti è la capacità di lavorare in maniera indipendente, prendendosi la responsabilità completa del loro compito, per poi inserire il proprio contributo in un progetto più grande gestito da un coordinatore. Ma anche la conoscenza approfondita dell’Italia e saperla leggere e raccontare… in un inglese decoroso. Bisogna dire, però, che sono cose che si possono imparare, a patto che si abbia una solida cultura di base che deriva da un corso di studi fatto come si deve.

Qualcuno potrà obiettare che il mondo imprenditoriale italiano non va tanto per il sottile e, quando si tratta di assumere, non fa differenza tra chi ha cultura e chi non ce l’ha, tenendo conto di altri fattori. Posso rispondere per me e non per gli altri. I collaboratori che hanno alle spalle studi robusti sono una grande risorsa: sono pronti a imparare cose nuove e ad affrontare la complessità. Diamo a Cesare quel che è di Cesare e ai secchioni quello che è dei secchioni.

Leggi l’intervista a Gaetano Manfredi 

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