Ci sarebbe, forse, lo zampino di una milizia autoctona e non solo il cambio di strategia dell’Italia, e dell’Europa, sulla forte riduzione del numero degli arrivi dalla Libia sulle coste italiane del luglio del 2017.
Questo quanto emerge in un reportage esclusivo condotto dalla Reuters, pubblicato il 21 agosto e ripreso da tutti i quotidiani italiani. Leggendo i rilanci italiani, si tratterebbe di una milizia probabilmente di ex-scafisti con istruzione militare “dedita” a frenare le partenze di migranti dalle coste di Sabratha, un tratto di costa ad ovest della capitale libica centrale, negli ultimi due anni, per la tratta dei migranti. A loro spetterebbe parte del merito per il dimezzamento degli arrivi di migranti sulle coste dell’Italia meridionale fra Giugno e Luglio.
La realtà e la confusione. Così sembrerebbe, eppure, leggendo la storia originale, la realtà documentata appare quantomeno confusa, se non diversa da quella descritta dai media italiani, ma andiamo per gradi.
Secondo le fonti contattate dalla Reuters, tale gruppo sarebbe composto da “diverse centinaia di civili, poliziotti ed ex-militari”, i quali, in manier indipendente, agirebbero sul territorio costiero di Sabratha allo scopo di “prevenire la partenza dei migranti verso l’Italia”.
Il gruppo, chiamato da alcune fonti “Brigata 48” (denominazione non confermata, ma ripresa dai media internazionali), sarebbe comandato, affermano altre fonti della Reuters, da un “ex-boss mafioso” locale, il quale sarebbe stato attivo precedentemente proprio nella tratta di immigrati, oltre che nel contrabbando con l’Italia.
I dubbi. Fin qui tutto bene, ma la notizia, sottolinea la stessa Reuters, manca di conferme dirette, in quanto i reporters non sono stati in grado di contattare la sedicente “Brigata”. Sabratha, infatti, è un territorio conteso fra il governo di Tripoli e quello di Tobruk, un’area dove, fra l’altro, si sono inseriti, appunto, molti capetti locali dediti alla tratta dei migranti.
Durante l’apice dell’emergenza “arrivi”, l’area di Sabratha, sostiene un portavoce dell’Organizzazione Internazionale per i Migranti (IOM), sarebbe stata in un relativo stato di “quiete”, rotto proprio recentemente dal riesplodere locale degli scontri armati. Questo sarebbe confermato dalle testimonianze dirette raccolte fra i migranti dallo IOM, secondo cui proprio a causa del conflitto in corso lungo la costa, i flussi di migranti si sarebbero spostati da Sabratha alle coste ad est di Tripoli, al momento più tranquille.
Analizzata in questo contesto, la “Brigata 48” non sarebbe una “milizia” anti-migranti, ma, più realisticamente, una delle tante fazioni coinvolte nel conflitto civile libico.
Le domande. Quale sarebbe, allora, il senso delle azioni di questa milizia? Ovvero, perchè dei probabili “ex-contrabbandieri” impegnati in un conflitto civile si promuoverebbero come “forza anti-migranti”? La risposta nasconderebbe dei retroscena inquietanti.
Il conflitto libico sta vivendo momenti fondamentali. Entrambe le due principali fazioni, Tripoli e Tobruk, stanno ricevendo aiuti e supporto internazionale allo scopo di accompagnarle più o meno forzatamente ad una “riunificazione”. Per le milizie locali “non allineate” questo significherebbe trovarsi presto di fronte ad un possibile “fronte comune”, interessato a ristabilire il controllo territoriale. Da qui, quindi, la necessità di accreditarsi con uno dei due referenti a livello nazionale per preservare una fetta del potere locale.
I retroscena. In questo scenario, le fonti della Reuters sottolineano come il gruppo attivo a Sabratha starebbe cercando di accreditarsi, tramite le proprie azioni “anti-migranti” presso il governo di Tripoli. Ma perché fare forza proprio sull’azione contro le partenze per l’Italia, se, a Tripoli basterebbe la riconquista di un territorio conteso?
La risposta si nasconde nei finanziamenti chel’Italia, secondo il piano varato dal Ministro degli Interni Marco Minniti, avrebbe destinato alla lotta alla tratta dei rifugiati nel paese nord-africano. L’obiettivo della sedicente “Brigata 48”, si legge infatti fra le linee del reportage, potrebbe essere quello di ottenere una parte di quei finanziamenti, soprattutto quelli dedicati al controllo delle spiagge ed alla creazione di “campi di identificazione” dei possibili rifugiati direttamente sul territorio libico.
Nella confusione che ancora aleggia sul conflitto civile in Libia, rimane una certezza: pecunia non olet.
Estratto dall’articolo pubblicato dall’autore su: il Caffè e l’Opinione